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Perché il crowdfunding fallisce? I principali errori da evitare

Perché il crowdfunding fallisce: cinque ragioni principali

Buona parte delle campagne di crowdfunding fallisce e la ragione non sono idee o progetti da finanziare poco interessanti: scopriamone di più.

Ci sono tanti fattori che chi ne vuole iniziare una dovrebbe prendere in considerazione preventivamente: uno di questi, quello a cui nessuno sembra pensare quasi mai, è che una buona fetta di campagne di crowdfunding fallisce. Quello che spesso non si dice dei progetti di fundraising partecipativo è, infatti, che le percentuali di successo sono relativamente basse: secondo una statistica di Krowdster si muovono da appena il 9% al 57% e, a sorpresa, anche su piattaforme rinomate e trafficate come Kickstarter i tassi di fallimento dei progetti sono di oltre il 63%.

crowdfunding fallisce differenze piattaforme

Piattaforme diverse hanno tassi di fallimento delle campagne di crowdfunding diversi, ma il “trait d’union” è che affidarsi a servizi specializzati, rinomati nel campo o piuttosto trafficati non sempre è garanzia di successo. Fonte: Krowdster

Perché il crowdfunding fallisce: cinque ragioni principali

Le ragioni per cui il crowdfunding fallisce sono tante, più di quelle che si possa immaginare. Qualche volta è l’idea, il progetto che si intende finanziare a non essere abbastanza originale, a non avere un vero vantaggio competitivo o a essere a dire il vero sui generis. C’è uno storico di campagne di finanziamento dal basso di progetti strampalati e per ogni insalata di patate che ha raccolto fondi per 35mila dollari ci sono centinaia di crowdfunding falliti perché incapaci di intercettare un reale bisogno del mercato.

campagne crowdfunding fallite

Qualche esempio di campagna di crowdfunding fallita per la natura, sui generis, dei progetti. Fonte: SSLs.com

In tanti altri casi, però, a un’idea, a un progetto interessante non è seguita la buona riuscita del crowdfunding perché non si è prestata abbastanza attenzione, per esempio, alla scelta della piattaforma tramite cui gestire la raccolta fondi. La maggior parte di queste hanno un algoritmo simile a quello dei social network e tendono cioè a mettere in evidenza le campagne con più traffico, che hanno già ricevuto più donazioni, più condivise: quando non finiscono nella sezione Esplora o In Evidenza, così, i progetti – e sono la maggior parte – rischiano di finire nella coda lunga delle campagne destinate a fallire, a meno che non sia chi li organizzi a occuparsi in maniera organica della loro promozione. Oggi più che mai, con utenti sempre più attenti e sensibili alle questioni privacy e trattamento dei dati personali, prima di organizzare una campagna di crowdfunding è imprescindibile assicurarsi anche di quanto la piattaforma prescelta sia sicura, anche da bug e attacchi di sistema.

Più comunemente, comunque, se una campagna di crowdfunding fallisce qualcosa è andato storto da un punto di vista di ideazione strategica della campagna, organizzativo o logistico.

NON SI STANNO CHIEDENDO SOLDI O SE NE STANNO CHIEDENDO TROPPI

Molte campagne di crowdfunding falliscono, per esempio, perché non hanno una call to action chiara. Spesso una sorta di pudore tiene lontani dal chiedere direttamente agli utenti di donare delle somme di denaro o ci si perde in perifrasi confuse che allontanano la community dalla scopo principale della campagna, quando quello che la maggior parte degli utenti vuole quando sta sul web è invece un compito preciso da svolgere. In qualche altro caso il crowdfunding fallisce perché il budget previsto è, o appare agli occhi degli utenti, sproporzionato rispetto alla natura del progetto che andrebbe a finanziare. Quando la campagna è di equity crowdfunding , d’altro canto, tra le possibili ragioni di fallimento c’è troppa burocrazia o un prospetto poco chiaro dei benefit ottenibili.

NON SONO STATE FISSATE DONAZIONI STANDARD

Anche il non aver previsto delle somme standard, tra cui chi partecipa al crowdfunding può scegliere il valore della propria donazione, è una criticità che potrebbe portare la campagna al fallimento. Vale ancora un principio di economia dell’attenzione: l’utente sul web è mediamente pigro e più propenso all’azione solo se e quando qualcuno gli suggerisce chiaramente cosa fare, quanto donare nello specifico di una campagna di crowdfunding. Prevedere solo donazioni volontarie rischia, quindi, di far fallire la raccolta, a meno che non si tratti di campagne sociali o umanitarie. Anche il valore delle donazioni effettuabili andrebbe comunque studiato attentamente, in considerazione del pubblico a cui ci si rivolge e della sua disponibilità di spesa per esempio: cifre piccole, infatti, possono convincere a prendere parte alla causa anche utenti che non siano profondi appassionati o non abbiano interesse diretto per il progetto e, d’altro canto, per raccogliere grandi somme è spesso più pratico puntare sul fundraising o su investitori e business angel nel caso di progetti di startup.

LE RICOMPENSE NON SONO ATTRAENTI (O SONO CONFUSE)

È inutile nasconderlo: spesso sono le ricompense che convincono, in ultima istanza, a partecipare a una campagna di crowdfunding. La possibilità di avere in anteprima un prodotto, nel caso in cui la raccolta serva a lanciare sul mercato un nuovo oggetto, o anche solo il proprio nome scritto sulla lista dei sostenitori della causa, com’è pratica molto comune nei crowdfunding editoriali, sono buoni incentivi per le donazioni. Che si tratti, insomma, di pensare a gadget o a post di ringraziamento sui propri canali social, la parola d’ordine è originalità ma anche chiarezza: la struttura delle ricompense deve essere quanto più lineare possibile; se si opta per una a livelli – che preveda, cioè, ricompense di diverso valore a seconda del valore della donazione – potrebbe essere più facile coinvolgere gli utenti in una sorta di gamification, ma comunque il numero dei livelli, dettano gli esperti, non dovrebbe essere mai più di 10.

NON SI È PARLATO ABBASTANZA DEL PROGETTO

Una campagna di comunicazione è indispensabile per la buona riuscita del crowdfunding: newsletter , mailing list, comunicati stampa, eventi e pr quando possibile servono a far conoscere lo scopo della raccolta fondi, quando non la raccolta fondi stessa. Potrebbe essere utile, per questo, rivolgersi a soggetti privilegiati come giornalisti o personaggi famosi che possano fare da testimonial della campagna di crowdfunding, come spesso avviene durante le già accennate campagne di raccolta fondi per beneficenza o durante le emergenze. Anche gli influencer , però, possono aiutare nelle promozione della campagna di crowdfunding, soprattutto quando hanno community verticali e coese o godono di una certa credibilità all’interno di una nicchia tematica.

Da non dimenticare, poi, l’importanza di una presenza sui social quanto più costante possibile e articolata in maniera da intercettare, sulle diverse piattaforme e con piani editoriali ad hoc, pubblici diversi e potenzialmente interessati al progetto.

NON È STATA COINVOLTA ABBASTANZA LA PROPRIA COMMUNITY

La dimensione della community è vitale, del resto, alla buona riuscita delle raccolte fondi dal basso. Chi ha scelto di partecipare con una donazione alla campagna di crowdfunding merita di sentirsi in qualche misura parte del progetto, anche al di là delle ricompense che riceverà a fine campagna. Sono essenziali per questo aggiornamenti sugli obiettivi raggiunti, sulle fasi a seguire della campagna, su cosa avverrà una volta terminato il crowdfunding. Più coinvolta è del resto la propria folla e più potrà farsi a sua volta portatrice di interessi rispetto al progetto e convincere eventualmente amici, familiari e contatti a partecipare al crowdfunding.

Crowdfunding: gli errori da evitare e i consigli degli esperti

Quando la domanda è “perché optare per il crowdfunding?” del resto «l’unico aspetto a cui tutti pensano è quello economico. Molti credono che sia un mezzo per fare soldi facilmente – ci ha spiegato Isabella Cultrera, crowdfunding expert & consultant e blogger per Italian Crowdfunding, nel corso di un’intervista – ma è un mito da sfatare. La verità è che una campagna di crowdfunding porta tanti altri benefici, come riuscire a minimizzare i costi di avvio di un progetto, testare il mercato, creare una base clienti, pubblicità e visibilità: sono tutti vantaggi che rimangono anche a prescindere da se la campagna di crowdfunding fallisce».

Se si pensa, poi, al crowdfunding come a uno strumento veloce per lanciare o rafforzare il proprio business, forse si dovrebbe tenere presente che una campagna di crowdfunding di successo può avere tempi anche molto lunghi e in generale variabili. «Le tempistiche, per esempio, variano molto a seconda della tipologia del progetto, dell’obiettivo economico – continua l’esperta – o in base a quanto si è già conosciuti o meno. Come principio generale, servono almeno 8 settimane di preparazione prima del lancio: l’avvio di una campagna non è facile, ci vuole tempo per attuare una strategia di marketing pre-lancio e un piano editoriale nonché un planning strategico a lungo termine prima del lancio ufficiale. Inoltre bisognerà preparare tutti i contenuti da caricare sulla piattaforma prescelta, in primis il video di presentazione, definire le ricompense, decidere il budget, i testi descrittivi, le immagini e così via».

Anche la scelta della piattaforma che ospiterà la campagna di crowdfunding è, come già si accennava, fondamentale per la sua buona riuscita. La più grande distinzione da fare è tra piattaforme generaliste, sul modello Kickstarter, che ospitano progetti di qualsiasi tipo, dall’intrattenimento alle cause sociali, e piattaforme specializzate invece su base settoriale (ce ne sono di dedicate alla musica, all’editoria, alla formazione, ecc.). «Anche in questo caso la scelta non è facile, dipende dal proprio progetto e da ciò che si sta cercando. Personalmente – ha spiegato ancora Isabella Cultrera – consiglio piattaforme specializzate nel caso si abbia un progetto il cui target sia molto di nicchia. Esistono infatti molte piattaforme, anche se meno famose rispetto alle big, che sono in grado di seguire e supportare i progettisti in modalità più concrete. Così, per esempio, se avete un progetto musicale potreste usare Musicraiser, Upspringer per la letteratura, WOOP Food per prodotti agroalimentari, ecc. Uno dei vantaggi delle piattaforme verticali è che hanno già loro stesse un pubblico affine con il vostro target, e non rischiate di finire tra un mucchio di vari progetti di diversa natura che rischiano di non essere mai notati».

Preparazione, pianificazione e passaparola sono, insomma, le tre “P” del crowdfunding. Preparazione sia in termini di consapevolezza di ciò a cui si va in contro – che, tradotto, significa studiare e capire bene cosa è il crowdfunding e come funziona – e sia in termini di risorse e strumenti da poter adoperare in ogni fase della campagna. Pianificazione significa fare un plan di ogni cosa in anticipo, capire come ci si muoverà e organizzarsi in tempo. Il passaparola aiuta soprattutto a non trascurare i propri contatti più vicini: sono coloro, meglio se figure conosciute o esperti del settore, a cui si potrà presentare l’idea e il progetto, ancora prima di essere online e di sperare nel buzz sui social, chiedendo di spargere la voce personalmente.

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