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Telefonate mute: quali prospettive per il direct marketing?

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In che modo le telefonate mute possono integrarsi con un piano di direct marketing e lead generation efficace?

Sarà capitato a tutti di ricevere una telefonata da un call center con una comunicazione preregistrata e senza alcuna possibilità di interazione con un interlocutore: si tratta delle cosiddette telefonate mute, utilizzate per ottimizzare i tempi morti e assicurare un numero di telefonate maggiore rispetto agli operatori disponibili.

In che modo questa pratica si integra con un piano di direct marketing e quali sono le best practice da adottare per assicurarsi performance efficaci? E, soprattutto, quali risultati si possono attendere da un sistema che va ben oltre la cosiddetta chiamata a freddo, poiché viene preclusa qualsiasi forma di dialogo e interazione?

Un primo riferimento viene fornito dal contesto legislativo in materia che rappresenta non solo una guida essenziale per call center e operatori del settore, ma anche un valido strumento per le aziende che abbiano intenzione di mettere a punto un piano di direct marketing includendo il ricorso a telefonate mute.

L’Autorità Garante per la protezione dei dati personali ha predisposto un preciso piano di regolamentazione, con l’obiettivo di tutelare gli interessi e la privacy dei cittadini. Tra i provvedimenti previsti, viene stabilito che i call center non possono effettuare più di tre telefonate mute su ogni cento andate a buon fine; queste ultime, inoltre, devono interrompersi dopo tre secondi dalla risposta degli utenti, che a loro volta non possono essere ricontattati dalla stessa utenza per almeno cinque giorni dopo la telefonata intercorsa. Viene, inoltre, proibita qualsiasi forma di attesa silenziosa e, per rassicurare la persona contattata e ridurre ansie e frustrazioni, è richiesta l’attivazione di un sistema di comfort noise, vale a dire un rumore ambientale come il brusio di voci di sottofondo per chiarire in maniera inequivocabile che l’utente sia stato contattato da un call center, escludendo qualsiasi fraintendimento sulle intenzioni e gli obiettivi della telefonata. Non ultimo, ad ulteriore tutela degli utenti che possano sentirsi perseguitati dalle telefonate mute, è stato predisposto un sistema di segnalazione disponibile sul sito web dell’Autorità Garante, oltre ad una serie di approfondimenti destinati a chiunque voglia saperne di più.

Se da un lato il quadro legislativo fa chiarezza su una condivisibile esigenza di informazione, regolamentazione e tutela in ottica consumer, dall’altro le aziende che vogliano avvalersi dello strumento delle telefonate mute dovrebbero focalizzarsi su un piano strategico integrato di direct marketing, a partire dal database: è risaputo che in media solo l’1% dei contatti presenti in un database di direct marketing si trasforma in lead . Per questo motivo è opportuno non solo prendere in considerazione le segmentazioni geografiche e socio-demografiche, ma anche essere in grado di sviluppare il medesimo database in un’ottica futura di lead nurturing .

Inoltre, va prestata particolare attenzione agli orari di chiamata, generalmente studiati sulla base delle abitudini delle personas a cui ci si rivolge e – proprio come per le chiamate a freddo – allo script della telefonata. Quest’ultimo deve essere semplice e immediato, consentendo ai prospect di comprendere agevolmente gli obiettivi della telefonata, il tipo di offerta o l’azione attesa.

In ultima analisi, è necessario comprendere che un piano integrato di direct marketing non può basarsi esclusivamente sulle telefonate, siano esse a freddo o mute. Le attività di telemarketing vanno integrate in un più vasto piano di lead generation che include sito web, landing page dedicate con specifiche call-to-action, gated-content per facilitare il rilascio di dati: in altre parole, sono i contenuti il vero punto di forza di una strategia efficace di direct marketing.

Il ricorso alle telefonate mute può essere uno strumento valido, ma solo se integrato in forme più avanzate e customizzate di comunicazione diretta – dai follow-up telefonici all’invio di comunicazioni via email personalizzate – che diano agli utenti la percezione di una comunicazione diretta costruita sulla base degli input forniti e delle esigenze manifestate.

In una simile prospettiva si evidenzia un problema strutturale legato alle telefonate mute – dunque non una questione di opportunità e di brand reputation – che non può essere ignorato: l’utilizzo dell’automazione fine a se stessa, con un’ottica di mera ottimizzazione dei tempi di contatto, può rivelarsi un elemento fortemente anacronistico in uno scenario in cui l’automazione ha saputo evolversi in uno strumento avanzato di customizzazione della comunicazione e di gestione delle opportunità di contatto e di business per brand e aziende.

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