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ZunZuneo, il Twitter cubano e la primavera anti-castrista

ZunZuneo, il Twitter cubano e la primavera anti-castrista

ZunZuneo, il "Twitter cubano", doveva combattere censura e uso ideologico dei media da parte del regime ma aveva lo zampino degli USA.

ZunZuneo” nello slang cubano è il verso del colibrì, ma è anche il nome di una piattaforma di microblogging che emula il più famoso social dei cinguettii e che avrebbe dovuto promuovere la rivolta anti-castrista.

Secondo quanto rivelato dall’Associated Press infatti ZunZuneo, lanciato nel luglio del 2010 e chiuso già nel 2012, era un progetto fortemente voluto dagli Stati Uniti o, meglio, dall’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo-USAid, per mettere in crisi il governo comunista di Cuba. Di lì a poco i fatti del Nord Africa e Medio Oriente avrebbero mostrato il ruolo abilitante giocato dai social network nell’organizzare le rivolte di piazza e rovesciare regimi autoritari o neopatrimonialisti, tanto da far passare alla storia la Primavera Araba anche come ” social media revolution”. Nel progetto a stelle e strisce di un Twitter cubano già si intravedevano chiaramente però la volontà di aggirare, attraverso gli strumenti del web 2.0, il controllo tradizionalmente esercitato dal regime castrista sui media e, di riflesso, sulla costruzione dell’opinione pubblica e, insieme, i primi tentativi da parte di una grande potenza di ingerire nella vita politica di un paese terzo e rivale tramite l’uso degli ambienti digitali.

Come funzionava e a cosa serviva ZunZuneo, il Twitter cubano anti-castrista

Il funzionamento di ZunZuneo? Era semplice e anticipava uno di quei sistemi che, dall’Egitto di Mubarak alla Turchia di Erdogan, hanno permesso agli utenti Twitter in zone critiche di aggirare gli shutdown imposti dai regimi autoritari: un sistema basato su sms e messaggistica istantanea garantiva, infatti, la possibilità di aggiornare la piattaforma anche in caso di spegnimenti temporanei di Internet.

Anche il piano editoriale americano sembrava perfetto. Nella fase iniziale, quella che puntava a far crescere il numero di utenti e fidelizzarli, il social doveva servire soprattutto a scambiarsi notizie non compromettenti sul calcio, lo showbitz, la musica o per ricevere informazioni in tempo reale su running news e disastri ambientali per esempio. Soltanto più tardi, una volta raggiunta la massa critica, ZunZuneo sarebbe stato usato anche per veicolare messaggi politici e fortemente connotati a livello ideologico, seminare il dubbio sul malgoverno di Fidel Castro e organizzare, attraverso la mobilitazione di massa, una vera e propria primavera Cubana, facilitando la «rinegoziazione del balance power tra Stato e società», come si leggerebbe nei documenti ufficiali.

La parabola (triste) di ZunZuneo

Il social riuscì in effetti a contare oltre 40mila utenti unici, convincendo addirittura gli USA a intavolare trattative di partnership con Jack Dorsey, CEO e co-fondatore di Twitter. Cosa non funzionò? Gli utenti si limitarono a usare la piattaforma per formare gruppi di discussione focalizzati su sport, musica, intrattenimento, senza di fatto mai addentrarsi in temi politici, dimostrando così per altro la perfetta telenomia degli ambienti social (ossia che le uniche regole che valgono negli ambienti digitali sono quelle dettate da chi li vive e li utilizza ogni giorno).

Chiuso, come già si accennava, prima del previsto, senza che fosse stato raggiunto lo scopo originale e lasciando un vuoto nella blogosfera cubana, ZunZuneo continua a far parlare di sé dopo anni soprattutto per i dubbi legati alla legittimità della piattaforma. Secondo la legge americana, infatti, ogni azione intrapresa da un’agenzia federale deve avere autorizzazione presidenziale ed essere notificata al Congresso, cosa che USAid non aveva mai fatto nel caso in questione. La necessità di mantenere una certa riservatezza per non compromettere la riuscita dell’intero progetto, può bastare? Difficile rispondere. Quel che è certo è che la storia dell’antenato cubano di Twitter sembra rientrare perfettamente nelle accuse, mosse a più riprese e da più fronti, all’USAid di tentare sistematicamente una destabilizzazione del governo cubano, con tutte le ricadute geopolitiche facilmente immaginabili.

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