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Abuso di posizione dominante di Amazon: l'Antitrust avvia un'istruttoria

Abuso di posizione dominante di Amazon: l'Antitrust avvia un'istruttoria

La politica relativa alla logistica per i venditori terzi rappresenta un abuso di posizione dominante di Amazon? L'AGCM vuole accertarlo.

L’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato ha reso noto di aver avviato il 10 aprile 2019 un’istruttoria nei confronti di diverse società della “galassia” Amazon (più specificamente, Amazon Services Europe S.à r.l., Amazon EU S.à r.l., Amazon Europe Core S.à r.l., Amazon Italia Services S.r.l. e Amazon Italia logistica S.r.l.) per verificare gli estremi di una condotta di abuso di posizione dominante di Amazon in relazione al trattamento privilegiato riservato dal colosso dell’ ecommerce a quei venditori che commercializzano i loro prodotti sulla piattaforma servendosi dei servizi di logistica di Amazon, a scapito di quelli che non si avvalgono di tale servizio.

Amazon: eCommerce, marketplace o ecosistema autonomo?

Per comprendere i termini della questione e le ragioni che hanno indotto l’Autorità Garante ad avviare l’istruttoria per l’accertamento dell’eventuale abuso di posizione dominante di Amazon, occorre anzitutto comprendere come l’assetto della creatura di Jeff Bezos sia, negli ultimi due decenni, mutato significativamente. Amazon, infatti, nasce come piattaforma di eCommerce, cioè come sito web sul quale erano posti in vendita prodotti (e servizi) esclusivamente di sua proprietà. Tuttavia, a partire dal 2000, Amazon si è trasformato in un  marketplace , una vetrina web nella quale sono collocati prodotti anche posti in vendita da soggetti terzi (seller). Nel corso del tempo, la presenza di prodotti venduti da terzi attraverso Amazon ha assunto connotazioni sempre più significative, tant’è che, ad oggi, praticamente la metà del beni in vendita sul sito sono offerti da venditori indipendenti.

L’evoluzione di Amazon però non si è arrestata, avendo la piattaforma iniziato a offrire ai venditori anche ulteriori servizi “accessori” (pagamentoadvertising cloud) in grado di migliorare sensibilmente l’esperienza di acquisto per l’utente finale e, correlativamente, massimizzare le vendite anche dei venditori autonomi che scelgono di avvalersi del marketplace.

Tra questi servizi sicuramente un ruolo di primissimo piano assume “fulfillment by Amazon” (FBA), ovverosia essenzialmente la logistica Amazon. In sostanza il venditore che intende avvalersi di tale servizio è chiamato a depositare (a sue cura e spese) i prodotti presso uno stabilimento Amazon e, una volta che gli stessi risultano acquistati sul marketplace, è Amazon medesima a curare – applicando i suoi peculiari sistemi di catalogazione, imballaggio e inoltro dell’ordine – la consegna all’utente.
Ne risulta, quindi, che allorquando l’utente individua un prodotto di suo interesse su Amazon, possono concretizzarsi tre alternative:

  1. prodotto venduto e spedito da Amazon;
  2. prodotto venduto da un soggetto terzo e spedito da Amazon (FBA);
  3. prodotto venduto da un soggetto terzo e spedito dal medesimo venditore (non-FBA).

Per comprendere i vantaggi che al venditore derivano dall’adesione al servizio FBA occorre far riferimento a due ulteriori servizi che Amazon offre agli acquirenti: “Amazon Prime“e “BuyBox“.
Il primo servizio, com’è noto, a fronte di canone annuale consente di ottenere spedizioni gratuite e rapide su un ampio novero di prodotti. Il secondo, invece, consente di acquistare con un solo click il prodotto di proprio interesse, senza procedere al confronto tra le varie “fonti” del prodotto sul marketplace, ma accettando la scelta effettuata direttamente dalla piattaforma (che dovrebbe risultare quella più “efficiente” e  “sicura” per l’acquirente, ancorché non necessariamente la più economica).
Ebbene, oltre ovviamente ai prodotti venduti e spediti da Amazon, esclusivamente i prodotti venduti da seller che si avvalgono di FBA sono idonei a essere ricompresi nel programma Prime e possono concorrere per essere selezionati dall’algoritmo Amazon per risultare acquistabili con “1-click” (cioè “accaparrarsi” la BuyBox).

Inoltre, osserva l’AGCM, Amazon stessa «sottolinea come l’adesione al proprio servizio di logistica costituisca un’efficace soluzione in caso il venditore non mostri buone performance di vendita su Amazon.com. In alcune presentazioni disponibili sul proprio sito web relative al servizio “Vendere su Amazon”, ad esempio, tra le raccomandazioni per aumentare le vendite c’è quella di rimuovere i feedback negativi dei consumatori utilizzando il servizio Logistica di Amazon, che consente la “cancellazione di recensioni negative su consegna/servizio clienti”. Parimenti, nel presentare come “Aumentare il proprio rating con Logistica di Amazon”, Amazon evidenzia come FBA consenta di ottenere “Vantaggi di Prezzo”, la “Protezione dai feedback negativi” e una “Indicizzazione migliorata”».

Abuso di posizione dominante di Amazon: i seller non-fba svantaggiati

È indubbio, quindi, che l’adesione al servizio FBA garantisca significativi vantaggi ai seller. Il punctum dolens, tuttavia, è quello di capire se questi vantaggi siano rispettosi o meno di una leale concorrenza tra gli operatori economici o nascondano, invece, un’alterazione delle normali dinamiche di mercato, garantendo a chi si avvale del servizio un vantaggio competitivo ingiustificato.

Il punto di partenza da cui muovere per verificare questa ipotesi di lavoro è il dato per cui Amazon (o, meglio, la galassia di società che, attraverso i diversi servizi offerti, costituisce quell’ecosistema tendenzialmente autosufficiente di cui si è poco sopra detto) si trova senza dubbio in una posizione dominante sul mercato (italiano, ma non solo).
Come abbiamo già visto per un caso per certi versi analogo, cioè quello dell’abuso di posizione dominante da parte di Google con il servizio Shopping, tale situazione si verifica quando un’impresa è in grado di condizionare in maniera significativa il comportamento degli altri soggetti economici e ciò avviene senza dubbio con riferimento ad Amazon, come emerge dagli elementi addotti dall’Antitrust.

In particolare, secondo dati Euromonitor elaborati dalla Commissione Europea, le due principali piattaforme elettroniche in Europa sono Amazon ed eBay, con una quota di mercato, nel 2015, pari al 90,2%, in crescita rispetto all’88,5% del 2006. Ciò che rileva, inoltre, è che la posizione dei due marketplace è cambiata radicalmente negli ultimi anni. Mentre nel 2006 eBay possedeva il 78% del mercato e Amazon solamente il 10,5%, nel 2015 la quota di eBay è diminuita al 34,9% a fronte della crescita di Amazon, la cui quota ha raggiunto il 55,3%.
La posizione di Amazon sul mercato italiano, poi, appare in linea con quella degli altri mercati dell’Europa continentale e meridionale. In termini più ampi, «oggi Amazon.com è – senza dubbio – la più importante piattaforma “orizzontale” di eCommerce al mondo, sulla quale è possibile acquistare milioni di prodotti, fisici e digitali, tra i quali libri, musica, film, TV, videogame, elettronica, prodotti per la casa, giochi, abbigliamento, scarpe, sport, nonché beni di largo consumo, quali alimentari, bellezza, salute e cura della persona», come precisa l’AGCM.

Altri elementi poi sono considerati dall’Authority particolarmente significativi per evidenziare l’esistenza di una posizione dominante e, in particolare,

  • più della metà degli utenti italiani, al momento di realizzare un acquisto online, effettua la relativa ricerca direttamente sul portale Amazon;
  • il “tasso di conversione“, vale a dire il numero di ricerche che si tramuta in acquisto, risulta particolarmente elevato;
  • «secondo recenti ricerche, Amazon è il brand più noto e “influente” per i consumatori italiani, parte integrante delle abitudini quotidiane. Amazon gode, inoltre, di una reputazione universalmente riconosciuta di completezza dell’offerta e garanzia ed affidabilità del servizio reso», scrive l’AGCM;
  • data la grandissima varietà di prodotti offerti, Amazon riesce a realizzare un’attività di profilazione estremamente efficace, così da massimizzare il soddisfacimento delle esigenze dell’utente del portale.

Soprattutto, mette in rilievo l’Antitrust, la peculiarità che conferma la posizione di predominanza di Amazon deriva dalla circostanza, già prima analizzata, che esso oggi ha oramai completato la costruzione di un «ecosistema completo», caratterizzato dal fatto che Amazon svolge più ruoli:

«in primis, Amazon è il gestore del marketplace e fissa le regole e le commissioni per i rivenditori terzi (seller) che intendano offrire e vendere i loro prodotti sulla piattaforma; in secondo luogo, Amazon è un seller egli stesso, impegnato direttamente nell’attività di acquisto all’ingrosso da fornitori (vendor) e nella successiva vendita retail e spedizione dei beni ai consumatori finali; da ultimo, Amazon fornisce una serie di servizi accessori ai venditori sul marketplace, come il servizio di fulfillment».

Il risultato di ciò è evidente e di primaria importanza: Amazon è, contemporaneamente, un player (estremamente specializzato) e il regolatore del mercato (cioè del luogo di incontro tra domanda e offerta) che esso stesso ha creato attraverso il marketplace.

Orbene, l’esistenza di una posizione dominante non è, di per sé, un elemento illecito. Quel che invece l’art. 102 TFUE, il Regolamento CE 1/2003 e la L. 287/1990 sanzionano è l’abuso di posizione dominante di Amazon, cioè l’approfittarsi della posizione esistente per alterare il funzionamento del libero mercato, essenzialmente avvantaggiando se stessi (o taluni soggetti) a scapito di altri. Nel caso di specie, per individuare i contorni dell’abuso di posizione dominante di Amazon occorre tener conto che, come osserva l’AGCM, l’articolo 102 del TFUE proibisce non solo le condotte di un’impresa in posizione dominante volte a rafforzare tale posizione nello stesso mercato, ma «anche le condotte di tale impresa che abbiano l’effetto di estendere la posizione dominante in un mercato collegato, benché separato, da quello in cui l’impresa detiene la posizione dominante. Tale risulta, nel caso di specie, il mercato dei servizi di logistica eCommerce rispetto a quello dei servizi di intermediazione sui marketplace».
In sostanza, nonostante Amazon vanti una posizione dominante non nell’ambito della logistica bensì in quello dell’intermediazione di beni e servizi online, il particolare nesso di derivazione del primo mercato rispetto al secondo comporta che l’abuso di posizione dominante si possa realizzare (anche) su quest’ultimo.

Ciò posto, allora, occorre comprendere in che cosa si sostanzierebbe, in ipotesi, l’abuso di posizione dominante di Amazon rispetto al servizio FBA. Ciò che l’Authority mette in rilievo, a ben vedere e come anticipato, è che i seller iscritti al programma in predicato otterrebbero un vantaggio competitivo indebito, in quanto non basato su effettivi meriti imprenditoriali, ma su una posizioneprivilegiata” che a essi viene attribuita dal soggetto regolatore del marketplace in questione (il quale, ovviamente, ottiene un ritorno economico dalla adesione dei seller al programma FBA), a discapito degli altri venditori, ovverosia coloro che gestiscono gli ordini in proprio (personalmente o avvalendosi di terzi direttamente scelti). In particolare, prima facie, secondo l’AGCM tali vantaggi consisterebbero in

  • una diversa e più “permissiva” interpretazione delle metriche di performance, con riguardo ai disservizi e ai reclami dei consumatori legati tanto alla qualità del prodotto e al servizio reso dal seller quanto alla logistica gestita da Amazon;
  • una migliore posizione e una maggiore visibilità nella pagina dei risultati di una ricerca;
  • una maggiore velocità e un’elevata facilità nell’acquisto del prodotto, attraverso la scelta dello stesso per la BuyBox (il servizio di acquisti con “1-click”).

E infatti, più specificamente, nel valutare la performance dei venditori terzi, taluni parametri (percentuale di ordini difettosi, calcolata come il rapporto tra numero di ordini con feedback negativi, richieste di “Garanzia dalla A alla Z” o chargeback e il totale delle vendite del venditore nei tre mesi precedenti) vengono valutati solo con riferimento ai prodotti venduti e spediti dal seller indipendente, mentre quindi tali “malus” non assumono rilievo allorché il bene sia venduto dal seller ma spedito da Amazon.

Per quel che concerne la visibilità dell’offerta del venditore, un aspetto di primario rilievo è rappresentato dal fatto che solamente i prodotti dei seller iscritti al servizio FBA possono essere idonei al servizio Prime e ciò, com’è facile immaginare, ha un’incidenza determinante sulla possibilità che l’inserzione sia selezionata dall’utente, sia in quanto Amazon offre dei filtri che consentono all’utente stesso di visualizzare solamente prodotti idonei per il servizio Prime, sia pure perché – comprensibilmente – posto che Prime è un servizio a pagamento, i relativi sottoscrittori normalmente prediligono i relativi prodotti. Tuttavia, e in ciò risiederebbe la condotta di abuso di posizione dominante di Amazon, «l’accesso al programma Prime non dipende dalle caratteristiche della consegna in termini di tempi, condizioni e prezzo, in quanto unicamente gli articoli gestiti direttamente da Amazon attraverso il servizio FBA possono beneficiarne». In sostanza, quindi, il servizio offerto dal seller non iscritto a FBA potrebbe essere equivalente (o, in ipotesi, addirittura superiore) a quello garantito attraverso gli standard Prime ma, cionondimeno, la posizione dell’inserzione risulterebbe deteriore in termini di visibilità rispetto ai competitor che si avvalgono della logistica Amazon.
In sostanza: «utilizzando il servizio FBA, il venditore ottiene un posizionamento della sua offerta migliore rispetto a quello ottenibile attraverso una gestione della logistica autonoma o di un operatore terzo. Sotto certe condizioni, ciò può verificarsi anche qualora il prezzo del prodotto seller-cliente FBA sia superiore a quello del seller-non cliente FBA».

Un ulteriore profilo di potenziale abuso di posizione dominante di Amazon identificato dall’Autorità indipendente, poi, come detto, è da riscontrarsi nella già menzionata “BuyBox: e infatti, anche qui, indipendentemente dalle caratteristiche complessive dell’inserzione ( prezzo , tempi di consegna, ecc.), «l’adesione al servizio di logistica di Amazon aumenta significativamente le chance di un venditore di essere scelto da Amazon come il prodotto nella BuyBox, vincendo così la concorrenza degli altri venditori per un dato prodotto in tutti quei casi in cui il consumatore non scelga tra le diverse offerte e si affidi alla scelta operata da Amazon».

In conclusione, quindi, l’AGCM, in via preliminare, rileva come sia possibile che un venditore non-FBA possa essere penalizzato nel ranking dei risultati e nella scelta della sua inserzione da parte degli acquirenti del marketplace esclusivamente per via della sua politica in ordine alla logistica, indipendentemente dal fatto che la sua offerta sia competitiva e vantaggiosa. Ciò, a giudizio dell’Antitrust, produce degli effetti distorsivi sensibili, in quanto risulta che «il 70% dei consumatori controlli unicamente le offerte mostrate nella prima pagina dei risultati e che i prodotti nella prima pagina contano per l’81% delle vendite di un data ricerca», con la conseguenza che un posizionamento deteriore comprime senza dubbio il risultato economico del venditore.

L’abuso di posizione dominante di Amazon, quindi, si sostanzia nell’alterazione della libera competizione tra gli operatori economici, con condotte che possono determinare un ostacolo alla crescita o una limitazione all’accesso al mercato di competitor (cioè i seller non-FBA) e, in ultima analisi, compromette le possibilità di un confronto competitivo basato sui meriti. Inoltre, le condotte in predicato «appaiono idonee a consentire ad Amazon di ottenere significativi vantaggi competitivi nel mercato della logistica, a svantaggio in particolare di operatori specializzati nella logistica per eCommerce», precisa l’AGCM.

L’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, di conseguenza, ha deliberato l’avvio dell’istruttoria finalizzata all’eventuale accertamento della violazione alle norme sulla concorrenza, attribuendo 60 giorni di tempo alle società della galassia Amazon per intervenire e stabilendo che il procedimento dovrà concludersi entro un anno, cioè entro il 15 aprile 2020.

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