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Ad blocking e il futuro della pubblicità: prospettive e opportunità

Ad blocking e il futuro della pubblicità: prospettive e opportunità

Il ricorso sempre più frequente a software di ad blocking viene percepito come una minaccia. In realtà può tramutarsi in nuove opportunità

Secondo il Report 2017 “The State of the blocked web” realizzato da PageFair, la crescita dei software per il blocco dei contenuti sponsorizzati è in grande aumento. In particolare, si registra un incremento della diffusione sui dispositivi mobile soprattutto in Asia, con un aumento del 40% nel 2016. Si pensi che nel dicembre 2016 si contavano circa 600 milioni di device su cui sono stati implementati software di ad blocking, il 62% dei quali era costituito da dispositivi mobile. Non solo: l’11% della popolazione mondiale utilizza oggi questi software, con una crescita globale dal 2015 pari al 30%. In che modo, quindi, la diffusione dell’ad blocking può contribuire a mutare lo scenario pubblicitario attuale?

Ad block e il dilemma dei webmarketer

La crescente diffusione dei software di ad blocking ha rivoluzionato in maniera significativa negli ultimi anni il mercato pubblicitario tradizionale. In sostanza, l’interrogativo che funesta i webmarketer alle prese con i propri piani media è il seguente: continuare sulla strada dell’ interruption marketing con banner e formati sponsorizzati invasivi o puntare sulle più avanzate tecniche di targeting constestuale e native advertising? La risposta è scontata, certo, ma è bene fare il punto della situazione su alcuni dei più interessanti studi di settore per avere un quadro esaustivo sull’argomento.

Il Report “Native Advertising in Western Europe: Paid Content Placements Gain Fans Throughout the Region pubblicato da ‘eMarketer’ evidenzia lo shift verso formati pubblicitari focalizzati sul coinvolgimento e la pertinenza di interessi e abitudini di navigazione degli utenti, rispetto ai formati tradizionali considerati invasivi e ormai inefficaci. Non è solo una questione di rilevanza ma anche di affidabilità e reputazione di brand ed aziende. A conferma di tali risultati vi è la ricerca condotta da ‘Enders Analysis’ che sottolinea, invece, la crescita degli investimenti in native advertising che raggiungeranno oltre i 13 miliardi di euro nel 2020.

Uno spunto di dibattito interessante è fornito da uno studio condotto da ‘AdBlock Plus’ e ‘HubSpot’ secondo cui l’83% degli utenti è contrario alla pubblicità invasiva; il 77% di essi preferirebbe installare un filtro di blocco assoluto; il 63% degli utenti, inoltre, ritiene che l’ad blocking abbia un impatto positivo sulla web experience.

Fonte: AdBlock Plus e HubSpot

Lo studio si rivela interessante soprattutto perché focalizzato a sviscerare le ragioni per cui gli utenti preferiscono installare dei software di ad blocking e perché concentrato sulla risoluzione del dilemma dei webmarketer che hanno l’esigenza di monetizzare i propri contenuti pubblicitari.

La ricerca è stata condotta su oltre mille intervistati tra Stati Uniti, Regno Unito, Germania e Francia e mette in evidenzia che ben il 51% degli intervistati intende detenere il controllo sulla propria esperienza di navigazione; il 77% preferisce filtrare i contenuti pubblicitari anziché bloccarli del tutto; il 57% considera utili e di valore gli annunci pubblicitari sui motori di ricerca. Il dato più interessante dello studio è che gli utenti sono stanchi degli annunci pubblicitari, ma solo se non sono d’impatto o se non arricchiscono la propria esperienza web.

Fonte: AdBlockPlus e HubSpot

Solo attraverso una scelta che prediliga la qualità e la rilevanza il contenuto pubblicitario può configurarsi, paradossalmente, come uno strumento efficace di inbound marketing , in barba a qualsiasi futile dilemma.

Ad blocking: prospettive future e opportunità

Al di là degli scenari e delle previsioni, è indubbio che il fenomeno dell’ad block abbia avviato un sostanziale cambiamento delle modalità in cui aziende e brand comunicano con i propri consumatori, semplicemente perché il contenuto pubblicitario va totalmente ripensato, soprattutto su mobile. Gli annunci online sono invasivi e aumentano i tempi di caricamento delle pagine, talvolta inoltre costituiscono un ostacolo alla completa fruizione del contenuto pubblicato su un sito e per questo generano un’esperienza di navigazione non soddisfacente dal punto di vista dell’utente.

Per il publisher, invece, sono proprio i contenuti pubblicitari a garantire entrate sufficienti per dare la possibilità di offrire contenuti accattivanti e di qualità e, per questo motivo, la diffusione dei software di ad blocking viene percepita come una seria minaccia.

In una simile prospettiva gli scenari possibili sono sostanzialmente due: da un lato la diffusione di un modello di revenue per i publisher non fondato esclusivamente sulla pubblicità ma su forme di sottoscrizione di abbondamenti a pagamento, dall’altro il ricorso a forme di pubblicità native.

Gli esempi più convincenti sono quelli di Facebook e Twitter che hanno adottato già da tempo un modello pubblicitario basato essenzialmente sulla pubblicazione di contenuti sponsorizzati sul newsfeed, perfettamente integrati nel flusso di conversazioni degli utenti, largamente scalabili e customizzabili. Non solo: la diffusione di sponsored stories o advertorial rappresenta un altro chiaro esempio delle evoluzioni del mercato pubblicitario.

Si fanno strada, dunque, svariati strumenti per i publisher e nuove opportunità per gli advertiser per erogare contenuti pubblicitari di qualità, altamente customizzabili – sia dal punto di vista geografico sia da quello socio-demografico – perfettamente integrati e per questo in grado di offrire un’esperienza di valore superiore alla mera invasiva interruzione.

Ad blocking e inbound marketing

È indubbio che lo scenario dell’advertising online si trovi in un momento cruciale di cambiamento; le imprese, per questo, devono comprendere che è necessario abbracciare il cambiamento se vogliono continuare a fare business in un mondo in cui il consumatore-utente abbia l’ultima parola rispetto ai contenuti pubblicitari. Il modello basato sull’interruption marketing risulta ormai obsoleto: è in questa prospettiva che le strategie di inbound marketing si rivelano un percorso inevitabile per brand e aziende che vedono nell’ad blocking una minaccia per il raggiungimento di nuovi clienti e per il consolidamento del proprio mercato.

Implementare una strategia di inbound marketing significa in primo luogo abbandonare il modello di business fondato su messaggi pubblicitari irrilevanti e invasivi e focalizzarsi sulla produzione di contenuti pertinenti, in grado di attirare l’attenzione dei clienti potenziali e customizzati in base a specifici interessi e comportamenti di navigazione.

La questione, vale la pena chiarirlo, non è la pubblicità in sé: è la cattiva pubblicità. Un annuncio pubblicitario non deve essere fastidioso, non deve creare disturbo né alterare il contenuto di una pagina: deve essere trasparente e dunque riconoscibile e al tempo stesso adeguato al sito e soprattutto deve conservare la propria efficacia senza gridare all’utente.

Sono questi alcuni dei principi base dell’Acceptable Ads Manifesto, il cui obiettivo è rendere Internet un posto migliore per tutti e per questo punta il dito contro la pubblicità invasiva e aggressiva che imperversa in Rete. Questi principi sposano decisamente il modello di inbound marketing: un modello di business il cui focus è la creazione di contenuti in grado di coinvolgere gli utenti, convertirli in lead e trasformarli in clienti acquisiti puntando tutto sui contenuti e utilizzando seo lead managementmarketing automation come leve principali. In altri termini, il modello di inbound marketing è incentrato sul presidio di tutti quei canali in cui sono gli utenti a cercare informazioni specifiche inerenti alle proprie decisioni di acquisto e sono i brand a lasciarsi trovare proponendo contenuti di qualità, pertinenti e in grado di soddisfare i bisogni dei potenziali clienti in maniera contestuale. Non solo: il contenuto pubblicitario ha sempre più una connotazione nativa ed è calibrata su una audience finemente segmentata in base a criteri socio-demografici, interessi e molteplici modalità di targeting. In questa prospettiva, il contributo delle piattaforme pubblicitarie social – da Facebook a Twitter, fino a LinkedIn – così come il contributo della search advertising è stato determinante. L’introduzione di quality score è un ulteriore elemento che consente agli advertiser di monitorare costantemente il match tra utenti e contenuti pubblicitari ed eventualmente implementare le proprie campagne improntandole su un principio di rilevanza che ora più che mai è imprescindibile.

Al di là degli scenari catastrofici, è indubbio che il mercato pubblicitario nei prossimi anni sarà completamente rivoluzionato: all’advertising tradizionale si affiancheranno e consolideranno strumenti inbound che promuoveranno la visibilità di brand e aziende con una logica differente, completamente focalizzata sulla produzione di contenuti di qualità che raggiungeranno un pubblico altamente segmentato di utenti. La chiave è raggiungere i clienti prospect ovunque si trovino, con modalità completamente differenti – blogging , social media , contenuti premium, customer journey , email customizzate, implementazioni SEO –, e instaurare una relazione di fiducia attraverso contenuti che creino valore. Le aziende devono comprendere che un buon piano media non può essere incentrato sulla pubblicità invasiva ma che è opportuno investire quote sempre più significative in iniziative di content marketing capaci di generare traffico di qualità, acquisire lead e generare conversioni online.

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