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Arriva l'agenzia svedese contro le fake news che si occuperà di «difesa psicologica» dei cittadini durante le elezioni (e non solo)

Arriva la prima agenzia svedese contro le fake news: che tipo di organo è, com'è composta e cosa farà la Swedish Psychological Defence Agency.

È un organo pubblico la Swedish Psychological Defence Agency e ha come compito combattere la disinformazione in vista delle elezioni di settembre 2022. Cosa vuol dire però che si occuperà di difesa psicologica dei cittadini?

La stampa l’ha subito etichettata come la prima agenzia fondata da una nazione con l’esplicito compito di «combattere»[1] le fake news , eppure il compito della Swedish Psychological Defence Agency andrà molto oltre la “semplice” lotta alle bufale. Parlando della propria missione, il nuovo organo svedese – attivo dal 1° gennaio 2022 ma dalla gestazione ben più lunga se si considera che, come ricorda tra gli altri The Washington Post, la sua ideazione risale almeno al 2018 – individua come propri obiettivi fondamentali la salvaguardia di una «società aperta e democratica» quale è quella svedese, ma anche «la libera formazione dell’opinione pubblica e la libertà e l’indipendenza della Svezia». Per statuto l’agenzia svedese contro le fake news avrà il compito, dunque, di incoraggiare una corretta informazione come pilastro della vita associata.

Perché c’è bisogno di un organo governativo che si occupi della difesa psicologica dei cittadini

La Swedish Psychological Defence Agency ha il compito di provare a definire in cosa consiste la «difesa psicologica» presente nel nome e perché è cruciale per la vita di una democrazia. È una forma di «resistenza collettiva alla disinformazione, alla propaganda e alla warfare anche psicologica», come scrivono gli esperti dell’agenzia svedese contro le fake news, e serve per «prevenire o rendere difficoltoso» ogni tentativo di interferenza terza con la corretta gestione della cosa pubblica.

Cosa farà la nuova agenzia svedese contro le fake news durante le elezioni (e non solo)

Tanti soggetti sono direttamente partecipi della difesa psicologica dei cittadini: dai media indipendenti a politici e istituzioni, passando per una serie di innumerevoli altri soggetti pubblici come agenzie governative e onlus, fino ai singoli individui chiamati a sviluppare nel tempo quanto più spirito critico e consapevolezza possibile riguardo a come funziona l’industria dell’informazione e chi può avere interesse a manipolarla e perché. Nel concreto la Swedish Psychological Defence Agency coordinerà le azioni di questi soggetti per garantire a tutti un’informazione quanto più corretta e imparziale possibile.

I quarantacinque membri dello staff che al momento fanno parte dell’agenzia svedese contro le fake news, divisi in tre diversi dipartimenti (uno amministrativo, uno operativo e uno di capacity building) con sedi distaccate a Solna e Karlstad, si occuperanno di fatto di condurre studi e ricerche tematiche, anche eventualmente collaborando con realtà simili di altri paesi. Tra le varie attività, dovranno anche sperimentare metodi ed esercizi utili allo scopo di garantire a ogni fetta di popolazione un’adeguata media literacy e, inevitabilmente, intervenire operativamente in caso ci siano soggetti o attività che minaccino l’integrità della democrazia svedese, specie in momenti critici della vita del paese come saranno le elezioni generali per eleggere il nuovo Riksdag (il parlamento svedese) in programma a settembre 2022.

È ancora The Washington Post a far notare, infatti, che la Swedish Psychological Defence Agency nasce giusto in tempo per garantire, da organo finanziato dal governo quale è, il corretto svolgimento delle elezioni e un clima elettorale che sia il più disteso possibile[2]. Sebbene l’agenzia svedese contro le fake news non sembri aver preso posizioni ufficiali riguardo a chi siano i “super-diffusori” di bufale che minacciano l’infosfera e la qualità dell’informazione nel paese, è probabile che la sua azione di controllo riguardi soprattutto eventuali soggetti esteri che provino a interferire con il risultato delle elezioni, come riporta la testata.

Almeno dai tempi dello scandalo Cambridge Analytica, governi nazionali e piattaforme digitali sempre più orientate alla via dell’attivismo anche politico sembrano preoccupati di garantire l’integrità del voto proprio tenendo conto di come la guerra dell’informazione giochi un ruolo critico in questo senso e di come quelle che sono a tutti gli effetti campagne di disinformazione architettate ad arte e portate avanti dai più disparati soggetti – si pensi a tal proposito a cosa è successo alle presidenziali americane 2020 con il voto via posta – possano influire sulla stessa.

La Swedish Psycological Defence Agency non è sola nella sua lotta alle fake news elettorali, ma servirà?

L’azione della Swedish Psycological Defence Agency si somma alle policy che all’interno delle big tech ormai regolano dettagliatamente l’accesso alle sponsorizzazioni da parte dei soggetti politici, alle linee guida che le stesse hanno su fact-checking, etichette per la segnalazione di informazioni e media manipolati e ban temporanei dei loro autori, ma anche all’attività di altri organi pubblici che si sono dati e si daranno come missione quella di vigilare sulla qualità dell’informazione, specie in momenti critici per la vita associata di un paese come sono appunto gli appuntamenti alle urne di qualunque natura.

L’agenzia svedese contro le fake news non è infatti unica nel suo genere: qualche mese fa si è diffusa la notizia della creazione di un osservatorio europeo sulla disinformazione, anche se il taglio di quell’organo è più teorico e accademico; in Italia più volte su impulso ministeriale sono nate task force di esperti contro bufale e cattiva informazione; in Francia Macron[3] si sarebbe attivato per la creazione di un’agenzia governativa per difendere, proprio come fa quella svedese, i risultati delle elezioni dai tentativi di manipolazione sistematica.

Il leitmotiv di queste iniziative e forse quello che potrebbe non renderle tanto efficaci quanto si spera? Un approccio quasi “paternalistico”, come sottolinea The Washington Post, che non fa i conti con l’evidenza che tra le migliori soluzioni contro le fake news c’è investire sulla cultura prima di tutto, come ha fatto chi insegna già ai bambini a scuola a riconoscere le bufale.  

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