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App in realtà aumentata e racconti collettivi: le migliori iniziative digitali contro le mafie

Iniziative digitali contro le mafie: alcuni esempi e best practice

Non solo la criminalità organizzata ha sfruttato la tecnologia per penetrare nuove aree: tante sono anche le iniziative digitali contro le mafie.

Già nel 2015 un rapporto della Direzione Investigativa Antimafia sottolineava come le organizzazioni di stampo mafioso stessero sfruttando la stessa digitalizzazione con cui si confrontavano aziende e soggetti pubblici per penetrare mercati nuovi, nuove aree d’interesse: dalle scommesse online al trading, per fare alcuni esempi. Mentre le nuove tecnologie rischiano di diventare così un inedito campo d’azione per il malaffare, tante sono le iniziative digitali contro le mafie che in questi anni hanno provato a sensibilizzare l’opinione pubblica, combattere la disinformazione che esiste sull’argomento, generare coinvolgimento e partecipazione.

Se i social network rischiano di mitizzare i piccoli boss locali (e cosa si può fare per evitarlo)

Oltre che rendere, prima di tutto, gli stessi ambienti digitali più vivibili e meno appannaggio di organizzazioni mafiose e loro rappresentanti. Non di rado, del resto, la cronaca si è occupata di come piccoli boss locali stessero utilizzando i social network per ostentare una quotidianità fatta di lusso sfrenato, piccole e grandi infrazioni della legge, lassismo. Osservati speciali sembrano essere stati soprattutto i giovani padrini della camorra: i messaggi pubblicati sulle loro bacheche e dai loro profili social non inventavano solo uno slang e una prossemica che sarebbero diventati distintivi di certi ambienti, ma rischiavano di mitizzarne le gesta, lo stile di vita, un aspetto tanto più pericoloso se si considera il pubblico allargato e fatto in buona parte anche di minori che è facile raggiungere tramite strumenti come questi e il possibile effetto imitazione. Per la stessa ragione, ripetutamente e in alcuni casi con iniziative e campagne social ad hoc e a suon di hashtag , è stata chiesta la rimozione dei numerosi gruppi e pagine Facebook intitolati o che inneggiavano ai boss mafiosi: come per le pagine nazi-fasciste, il confine perché la loro creazione e/o gestione possa essere considerata reato è in Italia molto labile; più facile è immaginare perché e come le loro stessa esistenza offenda il ricordo delle vittime di mafia e lo sforzo presente della collettività contro fenomeni di questo tipo.

Un racconto polifonico e social dell’Italia dell’antimafia

Già così è facile capire, allora, qual è la vera anima della maggior parte delle iniziative digitali contro le mafie: la partecipazione e il racconto collettivo. È quello che succede da qualche anno a questa parte ogni 23 maggio. Anniversario della strage di Capaci (durante la quale persero la vita Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e parte della scorta, ndr), è il giorno in cui attracca a Palermo la Nave della Legalità e migliaia di giovanissimi studenti sono chiamati a commemorare le vittime della criminalità organizzata e a rinnovare gli sforzi della società civile contro nuove e vecchie forme del fenomeno. Post su Facebook, scatti della giornata pubblicati su Instagram, un reportage sotto forma di live tweeting permettono ogni anno anche a chi non si trova a Palermo di sentirsi parte attiva della manifestazione. Non è un caso che per l’edizione del 2017 c’era persino un hashtag ufficiale, #PalermoChiamaItalia, a provare a organizzare il flusso di contenuti a tema e a rendere coerente e completo il racconto, già di per sé polifonico, di quella giornata.

Iniziative digitali contro le mafie: un’enciclopedia libera e la mappa della criminalità organizzata

Se si parla di racconti partecipativi e nati all’interno degli ambienti digitali non si può non nominare, poi, WikiMafia. È un portale che sfrutta il meccanismo wiki – e, cioè, semplificando all’osso la possibilità di lavorare collettivamente alla costruzione e alla revisione degli stessi contenuti – per creare la più grande enciclopedia libera sulle Mafie. Non solo nomi e storie delle vittime, nel suo progetto originale WikiMafia avrebbe dovuto raccogliere anche sentenze, documenti e atti ufficiali per provare a costruire una vera e propria mappa della mafia e dell’antimafia in Italia, la prima che avesse un impianto scientifico e fosse in grado di rendere evidenti, anche a chi avesse meno familiarità con l’argomento, collegamenti e connessioni tra eventi, luoghi, persone. Non a caso, gli stessi ideatori condussero nella primavera del 2015 una campagna di crowdfunding dal titolo #mappiamolitutti che avrebbe dovuto avere come esito finale lo sviluppo di un’app che legasse al territorio la stessa enciclopedia sulle Mafie, tramite l’individuazione e la localizzazione di beni confiscati, luoghi della memoria, ecc.

Due app per raccontare Napoli e Palermo con gli occhi dell’antimafia

iniziative digitali contro le mafie app #noninvano

La schermata iniziale dell’app #NONINVANO.

L’idea e il meccanismo di fondo sono simili a quelli di altre due app, disponibili per iOS e per Android, #NONINVANO e Noma. La prima fa parte delle iniziative digitali contro le mafie promosse dalla Regione Campania e racconta, appunto, le storie di alcune vittime della camorra. Sono ufficiali, giudici e uomini dello Stato ma anche semplici cittadini, giovanissimi in qualche caso, che hanno perso la vita per mano della criminalità organizzata e a cui danno voce alcuni volti noti della cultura e dello spettacolo partenopeo, da Maurizio De Giovanni a Lucariello. Anche in questo caso, accanto alle loro storie, c’è una mappa della città fatta di luoghi significativi per la lotta alla mafia.

In città come Napoli o Palermo, del resto, sono tanti gli angoli che parlano di faide, lotte intestine tra famiglie e boss mafiosi, sacrifici di uomini di stato: uno storytelling onesto della città non potrebbe prescindere, così, dal racconto di queste storie, tanto più che esse hanno un valore strategico nel sensibilizzare i più giovani a una cultura della legalità.

In quest’ottica è facile comprendere anche la filosofia e il cuore di Noma, un’app ideata tra gli altri dal regista Pif e che racconta in realtà aumentata la Palermo dell’antimafia (il nome stesso non è che l’abbreviazione di No Mafia, ndr).

NoMa l’app che racconta la Palermo dell’antimafia in realtà aumentata

Noma, l’app per raccontare la Palermo dell’antimafia in realtà aumentata.

Una volta scaricata e installata, infatti, grazie alla geolocalizzazione è possibile scoprire i luoghi della memoria più vicini e lasciarsi raccontare le storie di chi in quei luoghi ha vissuto o è stato assassinato. Anche in questo caso i narratori d’eccezione sono attori siciliani ben noti al grande pubblico (da Leo Gullotta a Ficarra e Picone, passando per Giuseppe Tornatore). In più su Noma, grazie alla realtà aumentata appunto, si possono sovrapporre immagini in tempo reale e animazioni e ricostruzioni a 360° del luogo e del momento del delitto o immagini di repertorio. Il risultato? È un’esperienza completamente immersiva, in grado di assicurare agli utenti un engagement emotivo, oltre che fisico. Il tutto senza dimenticare la necessità di offrire contenuti inediti e quanto più originali possibili: per ognuno dei luoghi e delle storie di Noma, così, l’utente potrà consultare le note biografiche dei personaggi coinvolti, ascoltare interviste inedite ai familiari, sfogliare gallery di contenuti multimediali. L’idea era, del resto, creare un racconto nuovo nei contenuti e nelle forme, capace di sfuggire alla retorica dell’antimafia e, insieme, di parlare ai più giovani con il loro linguaggio, quello da nativi digitali. C’è di più, però: ancora sfruttando i benefici della geolocalizzazione, l’app permette ai suoi utenti che visitano Palermo e dintorni un itinerario personalizzato tra esercizi, strutture turistiche e attrattive “pizzo free” e a prova di consumo critico. Come a dire che dalle iniziative digitali contro le mafie a una città consapevole, sostenibile e impegnata per la legalità è solo questione di tap.

 

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