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La serie è finita e gli attori di Game of Thrones sfruttano il personal branding per sopravvivere ai propri personaggi

Come si "sopravvive" a un personaggio molto amato dai fan? Per gli attori di Game of Thrones personal branding e rebranding sono essenziali.
Non è difficile immaginare come ruoli come quelli di Jon Snow o Daenerys Targaryen rischino di attaccarsi addosso a chi li interpreta. Ed è per questo che, soprattutto ora che il seguitissimo show di HBO è giunto al termine, per gli attori di Game of Thrones personal branding e rebranding – anche digitale – sembrano inevitabili contro il rischio che la propria carriera rimanga legata al personaggio che li ha resi noti e amati dal grande pubblico.
I più attenti non potranno non aver notato, del resto, che proprio per tutta la durata dell’ottava stagione e dopo l’ultimo, attesissimo, episodio di GoT hanno continuato a rincorrersi notizie su notizie riguardanti i singoli attori, le loro vite private, impegni professionali imminenti, progetti futuri e che non riguardavano esclusivamente la carriera. Una delle tante strategie di promozione della serie?
Con ogni probabilità, il lavoro sapiente di pr e ufficio stampa ha puntato a cavalcare la notizia e un argomento rimasto caldo per settimane anche e soprattutto guardando proprio a quanto necessari fossero per gli attori di Game of Thrones personal branding e nuove occasioni per promuovere un’altra immagine di sé.
Attori di Game of Thrones: personal branding e rebranding che parlano di sociale
Un’immagine che, non di rado, fosse rivelatrice per esempio dell’impegno personale o la devozione verso alcune cause. Se da più voci è stato sottolineato, infatti, che per le aziende è ormai tempo di corporate diplomacy, va da sé che a questo diritto-dovere di prendere posizione sente di non potersi sottrarre neanche chi stia cercando di fare di sé un brand . Tanto più che esprimersi su un tema, un argomento di pubblico interesse è un (ottimo) modo per coinvolgere attivamente la propria community e – nel caso degli attori di una serie TV molto amata come GoT è proprio il caso di dirlo – assicurarsi l’affetto dei propri fan.
Sembra saperlo bene Sophie Turner, in arte Sansa Stark, che non senza una certa eco mediatica, proprio pochi giorni dopo la fine della messa in onda di Game of Thrones, ha annunciato di non voler più lavorare in paesi che non assicurino diritti e assistenza sanitaria alle donne alle prese con una gravidanza indesiderata (il riferimento è chiaramente a provvedimenti come quello che di fatto vieta l’aborto nel Paese e che hanno già spinto realtà come Netflix e Disney a boicottare la Georgia). Chi la segue da più tempo sui social, del resto, non può non aver notato un progressivo cambiamento anche nel tipo di contenuti postati e nel modo di stare online. Un cambiamento che sembra aver avuto come filo conduttore la ricerca di una spontaneità più controllata e consapevole, adatta a un’attrice che non è più l’adolescente ai primi ruoli a cui si perdona anche il selfie provocatorio e un po’ allusivo con la compagna di avventure (Maisie Williams, nella serie Arya Stark) ma una giovane donna da cui ci si aspetta il post di endorsement della campagna di Michelle Obama a favore dell’educazione femminile.
Anche se, grazie ad altri ruoli in film campioni d’incasso come Aquaman, si è in parte già affrancato dal suo Khal Drogo, anche Jason Momoa è tra gli attori di Game of Thrones che sembrano sapere bene come fare personal branding e in che occasioni. Non molto tempo fa una vecchia battuta su stupri e violenze sessuali così frequenti nella serie, riportata a galla dalla memoria elefantiaca della Rete, aveva rischiato per esempio di sporcare la sua immagine: strategico era risultato in quell’occasione sfilare sul red carpet degli Oscar con un completo rosa, con tanto di elastico per capelli e pochette in coordinato che – da solo, a dimostrazione che anche con le scelte di vestiario si può fare personal branding e che fosse voluto o meno – sembrava urlare contro qualsiasi cliché di genere. Non meno dell’immortalare le immagini di quella notte con un post su Instagram appassionato e dedicato alla moglie.
E, a proposito del prendere posizione, più di recente è diventato virale il video in cui l’attore taglia la barba, nel frattempo diventata una delle sue doti da sex symbol internazionale, per la prima volta dal 2012: «è ora di cambiare», afferma Momoa nel video, ancora disponibile sul suo canale YouTube ufficiale, e il riferimento non è solo al cambiamento di look ma, anche e soprattutto, ad abitudini e stili di vita più sostenibili che aiutino a pulire gli oceani e la terra e di cui, da beniamino di molti, può farsi portavoce.

Decisamente più giocata su vicende personali e su note emotive è stata la ricostruzione del brand Emilia Clarke. La stessa attrice, infatti, durante la messa in onda dell’ultima stagione di Game of Thrones ha rivelato al New Yorker di aver affrontato, mentre si stavano ancora svolgendo le riprese della serie, due aneurismi cerebrali e le conseguenti cure, senza mai parlarne con nessuno. Ora che tutto è passato – la malattia e la buona riuscita della serie – la Madre dei Draghi sembra impegnata soprattutto a sensibilizzare su un problema che può colpire chiunque e inaspettatamente e su cui, purtroppo, esistono molti falsi miti ed è difficile trovare informazioni coerenti e corrette da un punto di vista medico. Lo ha fatto fondando un’associazione, SameYou, di cui è il volto principale e organizzando una campagna di crowdfunding che ha coinvolto attivamente anche molti altri membri del cast di GoT e che non avrebbe avuto il successo che ha avuto senza il buzz generato dalla stessa attrice sui social.
Impegno sociale a parte, anche la collaborazione con brand come Dolce & Gabbana, le prime pagine su magazine di fama internazionale, un cambio di look e hair style che la affranca definitivamente dal personaggio di Khaleesi fanno parte del rebranding di Emilia Clarke che, complici i ruoli già interpretati sul grande schermo, è stata, però, tra gli attori di Game of Thrones per cui il meccanismo di identificazione con il personaggio è stato forse meno pervasivo.
Come fare di un momento di arresto un buon punto di (ri)partenza per il proprio brand?
Che dire, infine, di Kit Harington? Le voci che si sono rincorse subito dopo la fine dello show di un ipotetico ricovero per dipendenze da alcol e stupefacenti, poi smentite dall’entourage secondo cui l’attore sarebbe semplicemente in rehab per la troppa pressione psicologica generata da una popolarità improvvisa e a un’età troppo giovane, sembrano solo all’apparenza foriere di una crisi reputazionale. Come dimostra la grande quantità di fondi raccolti in queste settimane da un’associazione a lui legata e di cui è stato per lungo tempo il volto, l’affetto dei fan di Jon Snow si è riversato sull’attore, riuscendo a trasformare una débâcle come questa in un momento proficuo per parlare adeguatamente e aumentare la consapevolezza del grande pubblico su un tema come la salute mentale.
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