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Così con le Barbie ungendered Mattel dice, finalmente, la sua sui giocattoli per bambine e per bambini

Arrivano le Barbie ungendered per bambine e bambini

L'ultima novità di casa Mattel sono le Barbie ungendered, bambole senza tratti marcatamente "di genere" e pensate per far giocare tutti.

«Le bambole non devono avere limiti, proprio come i bambini che ci giocano»: è così che Mattel ha deciso di presentare la sua prima collezione di Barbie ungendered. Barbie senza genere, che non ricordano per niente (o quasi) la classica bambola bionda divenuta in questi sessant’anni stereotipo di femminilità e bellezza e che, invece, colgono lo spirito del tempo, puntando all’inclusione e provando a fare a meno di sorpassate etichette.

le nuove Barbie ungendered sono frutto di impegno aziendale (ma con un pizzico di strategia di mercato)

Creatable World (questo il nome ufficiale della collezione di Barbie ungendered), insomma invita tutti, ma proprio tutti, a giocare – tanto che l’ hashtag con cui condividere sui social i propri momenti ludici è #AllWelcome (#TuttiBenvenuti) – e lo fa attraverso un kit con cui ogni bambino può dar vita a una bambola a sua immagine e somiglianza e in cui possa riconoscersi più facilmente. Le bambole gender fluid di Mattel hanno, infatti, le sembianze di un preadolescente ma nessun tratto sessualmente marcato: le labbra sono sottili e poco pronunciate, non c’è accenno di seno e le spalle non sono muscolose e strutturate come quelle di Ken per esempio. Il kit comprende poi due parrucche, una maschile e una femminile, e sei outfit diversi tra cui molti unisex. Così non solo ogni bambino può scegliere che connotazione di genere dare alla sua bambola – e se farlo – ma questa stessa connotazione può cambiare di volta in volta.

In commercio da fine settembre a un prezzo di circa trenta dollari, le Barbie ungendered proseguono la strada già intrapresa da Mattel con le Barbie Careers per esempio, bambole che svolgono lavori da maschi come il pilota d’aereo o la rockstar e insegnano alle bambine che, sì, si può colmare il gender gap che esiste anche nei sogni per la propria carriera. Non molto tempo fa la stessa casa produttrice ha messo in commercio anche Barbie curvy e dai diversi tratti somatici e colori della pelle in cui bambine di tutte le etnie potessero identificarsi (qualcuno sostiene in un tentativo di greenwashing rispetto a stereotipi di genere che per decenni la stessa azienda ha contribuito ad alimentare, ndr).

Le nuove bambole non binarie però, come spiega il Time in un lungo approfondimento su perché Mattel ha pensato alla linea Creatable World, sembrano rispondere a un’esigenza nuova del mercato che si traduce in un problema altrettanto concreto per l’azienda: secondo delle ricerche oggi, in America soprattutto, più di un adolescente su quattro si definisce come «gender-noncomforming»; questa percentuale è destinata a crescere tra i giovanissimi della generazione alpha e, con una percezione che cambia della propria e dell’altrui sessualità, è inevitabile che anche gusti e consumi cambino. Non è difficile capire allora come per Mattel, il cui business principale rimane ancora quello delle bambole e che da sola assorbirebbe quasi un quinto dell’intero mercato, gli interessi in gioco siano tanti. Una brand extension nella nicchia di giocattoli unisex (quelle che subito sono state ribattezzate come Barbie ungendered fanno parte, infatti, a rigore di una collezione a sé e che poco ha a che vedere con il prodotto di punta dell’azienda), insomma, è innanzitutto una strategia che serve a non perdere – e, anzi, ad aggredire il – mercato.

La sfida di Mattel (e le altre) al mondo dei giocattoli per bambino e per bambina

Prevedibilmente non sono mancate le polemiche e chi ha accusato l’azienda di aver preso con Creatable World una posizione chiaramente politicamente orientata. Non sarebbe certo la prima volta che ciò succede: dalle iniziative dei brand a supporto della community LGTBQ+ nel mese dei Pride alle giacche di Gucci pro-aborto, sono tempi in cui attivismo di brand e corporate diplomacy appaiono irrinunciabili. Da qualche tempo, del resto, c’è chi sostiene che siano sempre stati i grandi – e, va da sé, aziende e brand che operano nel settore – a decidere quali giocattoli siano da femmine e quali da maschi. Durante uno studio citato ancora dal Time, per esempio, bambini e bambine avrebbero scelto di giocare indistintamente e con la stessa frequenza con macchinine e altri giocattoli a ruote, tradizionalmente considerati appunto da maschi, se questi erano di colore neutro e privi di altri segnali gendered. Più difficile che genitori e adulti in generale non provino a indirizzare verso scelte conformi gli acquisti e i giochi dei bambini: solo poco più del 60% dei genitori sarebbe disposto ad accettare, per esempio, che i figli maschi giochino con le bambole o altri giocattoli da femmine.

Le Barbie ungendered di Mattel, così, provano a rovesciare il paradigma e, come si accennava, dimostrano che proprio tutti possono giocare con le bambole: i giocattoli sono solo giocattoli, così come i bambini sono solo bambini e dovrebbero essere lasciati liberi di indossare un giubbino rosa, amare trattori e camion dei pompieri e intrecciare i capelli alle bambole indipendentemente dal sesso.

Ancora una volta non si tratta di una novità in assoluto: già qualche tempo fa, infatti, Disney per esempio aveva cancellato le indicazioni per bambino/per bambina dalle confezioni dei suoi abiti da travestimento, quasi a sottolineare che tutti hanno il diritto di sognare di essere un cowboy o una fata madrina. Più difficile capire se il mondo del retail , specie nel settore ludico, sia davvero pronto a questo cambiamento ungendered o se le bambole di Mattel senza genere e altri prodotti simili lo metteranno in crisi già quando si porrà il problema di dove collocarli nello spazio fisico di negozi per giocattoli che ancora vivono di reparti nettamente separati per bambino e per bambina.

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