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Bonus pubblicità, ecco il Decreto: chi può usufruirne e come

Bonus pubblicità, ecco il Decreto: chi può usufruirne e come

Pubblicato il Decreto che regolamenta il bonus pubblicità. Verifichiamo chi può beneficiare di questo vantaggioso credito d'imposta e come.

Nella Gazzetta Ufficiale del 24 luglio 2018 è stato pubblicato il DPCM n. 90 del 18 maggio 2018 relativo al credito d’imposta per gli investimenti pubblicitari su quotidiani, periodici, emittenti televisive e radiofoniche, meglio noto come bonus pubblicità. Si tratta di un provvedimento che mira ad attuare e completare quegli obiettivi di riforma del settore dell’editoria che si era già posta la L. 198/2016, in particolare con l’istituzione del Fondo per il pluralismo e l’ innovazione dell’informazione, tra i cui scopi v’era, tra l’altro, «l’incentivare l’innovazione dell’offerta informativa e dei processi di distribuzione e di vendita, la capacità delle imprese del settore di investire e di acquisire posizioni di mercato sostenibili nel tempo». Gli obiettivi richiamati, comunque, erano stati poi meglio specificati dal Decreto Legge 50/2017 (convertito dalla L. 96/2017) ove, all’art. 57-bis si è previsto che a decorrere dall’anno 2018 fosse accordato a taluni soggetti che effettuano investimenti incrementali in pubblicità sulla stampa quotidiana e periodica, ovvero sulle emettenti televisive e radiofoniche locali, analogiche e digitali, un ausilio pecuniario pubblico.

Proprio dal Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, peraltro, vengono attinte le risorse necessarie per finanziare il bonus pubblicità: in proposito, l’articolo 4 del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, ha definito lo stanziamento delle risorse finalizzate a questa misura, destinandovi per il 2018 62,5 milioni di euro di cui:

  • 50 milioni per gli investimenti sulla stampa (20 per gli investimenti effettuati nel secondo semestre del 2017, più 30 per quelli da effettuare nel 2018);
  • 12,5 milioni per gli investimenti da effettuare nel 2018 sulle emittenti radio-televisive.

Vediamo, quindi, i caratteri di questa importante misura, così da comprenderne presupposti, portata, beneficiari e modalità di ottenimento.

soggetti beneficiari e periodo di riferimento

Secondo quel che prevede l’art. 2 del DPCM 90/2018, possono beneficiare del bonus pubblicità, indipendentemente dalla natura giuridica assunta, dalle dimensioni aziendali e dal regime contabile adottato:

  • le imprese;
  • i lavoratori autonomi;
  • gli enti non commerciali.

Ciò è possibile a patto che i suddetti soggetti che abbiano effettuato investimenti in campagne pubblicitarie sulla stampa quotidiana e periodica, anche online, e sulle emittenti televisive e radiofoniche locali, analogiche o digitali, a partire dall’1 gennaio 2018, il cui valore superi di almeno l’1% gli analoghi investimenti effettuati sugli stessi mezzi di informazione nell’anno precedente (cd. investimento incrementale).

Posto poi che il bonus pubblicità era stato “formalmente” introdotto nel 2017 con effetto immediato, ma la sua operatività è stata in concreto impedita dalla mancanza del regolamento attuativo, il DPCM prevede che si possa usufruire della misura in predicato anche con riferimento agli investimenti effettuati dal 24 giugno 2017 al 31 dicembre 2017, sempre a patto che si tratti di investimenti incrementali.

I soggetti beneficiari, se ricadono nelle relative previsioni, devono comunque rispettare le norme in materia di informazione antimafia di cui agli artt. 91 e ss del D. Lgs. 159/2011 ovvero all’art. 1 co. 52 della L. 190/2012.

i presupposti del bonus pubblicità

La misura di sostegno indiretto all’editoria si sostanzia, come già accennato, nel riconoscimento di un credito d’imposta a vantaggio di quei soggetti che effettuino «investimenti in campagne pubblicitarie […] il cui valore superi almeno dell’1% gli analoghi investimenti effettuati su mezzi di informazioni analoghi nell’anno precedente». Più precisamente, l’art. 3 del DPCM 90/2018 precisa che il bonus ha ad oggetto l’acquisto di spazi pubblicitari e inserzioni commerciali, effettuati esclusivamente su giornali quotidiani e periodici, pubblicati in edizione cartacea ovvero editi in formato digitale con le caratteristiche indicate all’articolo 7, commi 1 e 4, del decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70 (che disciplina i contributi diretti alle imprese editrici di quotidiani e periodici), ovvero nell’ambito della programmazione di emittenti televisive e radiofoniche locali, analogiche o digitali, ovvero ancora su emittenti radiofoniche iscritte nell’apposito registro. Analogamente, i giornali devono essere iscritti presso il competente Tribunale (art. 5  L. 47/1948).

Sono escluse dal bonus pubblicità alcune tipologie di inserzioni, ritenute dal legislatore non meritorie, ovverosia quelle

  • finalizzate a pubblicizzare o promuovere televendite di beni e servizi di qualunque tipologia;
  • relative a servizi di pronostici, giochi o scommesse con vincite di denaro, di messaggeria vocale o chat-line con servizi a sovrapprezzo.

Gli investimenti effettuati, in ogni caso, sono ammessi al netto

  • delle spese accessorie;
  • dei costi di intermediazione;
  • di ogni altra spesa diversa dall’acquisto dello spazio pubblicitario, anche se ad esso funzionale o connessa (ad es. i costi di creazione della campagna pubblicitaria).

Secondo quel che prevede l’art. 4 co. II del DPCM 90/2018, poi, le spese effettuate devono risultare da attestazione rilasciata da un C.A.F. (D. Lgs. 241/1997), da un professionista (ad esempio commercialista) abilitato alla trasmissione telematica delle dichiarazioni in materia di imposte sui redditi e di IRAP (art. 3 co. III DPR 322/1998) ovvero da soggetti che esercitano la revisione legale dei conti (2409-bis c.c.)

la portata del bonus

Per quanto attiene alla sua portata, il bonus pubblicità ha un rilievo particolarmente apprezzabile, giacché esso corrisponde al 75% del valore incrementale dell’investimento effettuato, importo che viene elevato addirittura al 90% nel caso in cui l’investimento sia operato da microimprese, piccole e medie imprese startup innovative.

La definizione di tali soggetti è da ricercare nella Raccomandazione n. 2003/361/CE, a mente della quale

  • la categoria delle piccole imprese e delle medie imprese (PMI) è costituita da imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di euro;
  • nella categoria delle PMI si definisce piccola impresa un’impresa che occupa meno di 50 persone e realizza un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di euro;
  • nella categoria delle PMI si definisce microimpresa un’impresa che occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di euro.

La nozione di startup innovativa

Molto più articolato è invece il concetto di impresa startup innovativa, per inquadrare il quale occorre far riferimento alle previsioni dettate dal D.L. 179/2012 (convertito dalla L. 221/2012). Occorrerà allora che sussista una società di capitali (anche in forma cooperativa, di diritto italiano ovvero una Societas Europaea), residente in Italia, le cui azioni o quote rappresentative del capitale sociale non sono quotate su un mercato regolamentato e con i seguenti requisiti:

  1. la maggioranza delle quote o azioni rappresentative del capitale sociale e dei diritti di voto nell’Assemblea ordinaria dei soci sono detenute da persone fisiche;
  2. è costituita e svolge attività d’impresa da non più di quarantotto mesi;
  3. ha la sede principale dei propri affari e interessi in Italia;
  4. a partire dal secondo anno di attività, il totale del valore della produzione annua, così come risultante dall’ultimo bilancio approvato entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio, non è superiore a 5 milioni di euro;
  5. non distribuisce e non ha distribuito utili;
  6. ha quale oggetto sociale esclusivo lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico;
  7. non è stata costituita da una fusione, scissione societaria o a seguito di cessione di azienda o di ramo di azienda;
  8. ricorre almeno uno dei seguenti ulteriori elementi:
    1. le spese in ricerca e sviluppo sono uguali o superiori al 30 per cento del maggiore valore fra costo e valore totale della produzione della startup innovativa. Dal computo per le spese in ricerca e sviluppo sono escluse le spese per l’acquisto di beni immobili;
    2. impiego come dipendenti o collaboratori a qualsiasi titolo, in percentuale uguale o superiore al terzo della forza lavoro complessiva, di personale in possesso di titolo di dottorato di ricerca o che sta svolgendo un dottorato di ricerca presso un’università italiana o straniera, oppure in possesso di laurea e che abbia svolto, da almeno tre anni, attività di ricerca certificata presso istituti di ricerca pubblici o privati, in Italia o all’estero;
    3. sia titolare o licenziatario di almeno una privativa industriale relativa a una invenzione industriale, biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale direttamente afferenti all’oggetto sociale e all’attivita’ d’impresa.

Va sottolineato che, sostanziandosi la misura in predicato, per quanto attiene al trattamento differenziato e preferenziale accordato a PMI e startup innovative, in un aiuto di Stato, la maggiorazione fino al 90% è subordinata alla conclusione positiva della procedura di autorizzazione di competenza della Commissione Europea. In pendenza di tale scrutinio e, dunque, fin quando non interverrà l’autorizzazione, la misura è comunque accordata anche per tali soggetti al 75%.

In ogni caso, poi, l’agevolazione è concessa nei limiti delle risorse di bilancio annualmente stanziate e, dunque, soggiace ad un tetto di spesa. Per l’ipotesi di sforamento delle domande rispetto ai fondi disponibili, è previsto che si faccia luogo alla ripartizione delle somme in misura proporzionale al credito d’imposta astrattamente spettante, fermo restando che ciascun soggetto non potrà risultare attributario di più del 5% del totale delle risorse annue per i giornali e del 2% delle risorse per le emittenti radiofoniche e televisive.
Inoltre, il credito d’imposta è alternativo e non cumulabile, in relazione a medesime voci di spesa, con ogni altra agevolazione prevista da normativa statale, regionale o europea salvo che successive disposizioni di pari fonte normativa non prevedano espressamente la cumulabilità delle agevolazioni stesse e può esser fatto valere solamente in compensazione.

procedure di accesso all’agevolazione

L’art. 5 del DPCM 90/2018 regola poi nel dettaglio la procedura di ottenimento del bonus pubblicità. Allo scopo è sufficiente presentare, tra l’1 e il 31 marzo di ogni anno, una apposita comunicazione telematica, secondo modalità definite con provvedimento del Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri, adottato il 31 luglio 2018.

In ogni caso la comunicazione, resa dal legale rappresentante dell’impresa o dell’ente commerciale ovvero dal lavoratore autonomo, dovrà contenere alcuni requisiti:

  • gli elementi identificativi del beneficiario;
  • il costo complessivo degli investimenti pubblicitari effettuati o da effettuare, distinguendo tra investimenti per la stampa ed quelli per emittenti televisive o radiofoniche;
  • la misura percentuale e l’ammontare compressivo dell’incremento, anche qui distinguendo tra investimenti per la stampa e quelli per le emittenti radio-televisive;
  • l’ammontare del credito d’imposta richiesto.

Entro il 30 aprile di ogni anno, quindi, il Dipartimento provvederà a formare un elenco dei soggetti richiedenti il credito, con l’indicazione dell’eventuale percentuale provvisoria e dell’importo fruibile in caso di insufficienza delle risorse e, quindi, ad attribuire le somme disponibili con successivo provvedimento.

Per l’anno 2018 la comunicazione telematica, contenente l’indicazione degli investimenti effettuati o da effettuarsi, andrà presentata a decorrere dal sessantesimo giorno ed entro il novantesimo giorno successivo alla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale, ovvero dal 22 settembre 2018 al 22 ottobre, e l’adozione del provvedimento del Dipartimento per l’informazione l’editoria sarà effettuata entro centoventi giorni, dunque entro il 21 ottobre (art. 8).

Per gli investimenti incrementali effettuati dal 24 giugno al 31 dicembre 2017, la comunicazione andrà effettuata con le stesse modalità e tempistiche, ma in modo separato rispetto a quella per il 2018.

È poi prevista una Dichiarazione sostitutiva relativa agli investimenti effettuati che va resa per dichiarare, ai sensi dell’articolo 47 del DPR 28 dicembre 2000, n. 445, che gli investimenti indicati nella comunicazione per l’accesso al credito d’imposta, presentata in precedenza, siano stati effettivamente realizzati nell’anno agevolato e che gli stessi soddisfino i requisiti di cui all’articolo 3 del D.P.C.M. n. 90 del 2018. Ovviamente, per gli investimenti realizzati nell’anno 2017 va presentata esclusivamente la Dichiarazione sostitutiva relativa agli investimenti effettuati, trattandosi di lasso temporale già esaurito. La dichiarazione in parola va resa dall’1 al 31 gennaio dell’anno successivo.

Sulla base di controlli effettuati dalla Presidenza del Consiglio ovvero sulla base delle informazioni a questa fornite da Agenzia delle Entrate o Guardia di Finanza, il credito d’imposta sarà revocato nel caso che venga accertata l’insussistenza di uno dei requisiti previsti ovvero nel caso in cui la documentazione presentata contenga elementi non veritieri o risultino false le dichiarazioni rese (art. 6).

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