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Quali sono i brand più resilienti all'impatto del coronavirus? Ecco la classifica dei retailer, dall'abbigliamento al fast food

brand più resilienti all'impatto del coronavirus

Il nuovo ranking "BrandZ Top 75 Retail Most Valuable Brands" analizza i brand più resilienti all'impatto del coronavirus e cosa li accomuna.

«L’emergenza relativa al COVID sottolinea il ruolo essenziale che gioca il retail sia nella nostra vita quotidiana che nell’economia globale» ha dichiarato David Roth, CEO di The Store WPP EMEA e Asia e chairman di BrandZ. Lo studio “BrandZ Top 75 Most Valuable Global Retail Brands“, condotto da Wpp e Kantar, ha cercato di individuare quali sono stati i brand più resilienti all’impatto del coronavirus all’interno del settore distributivo. È stato per questo analizzato il modo in cui essi si sono adeguati a quest’emergenza, per continuare a offrire i propri prodotti e servizi ai consumatori e cosa li rende più capaci di sopravvivere a un momento di emergenza globale, come quella che stiamo attraversando.

la classifica dei brand più resilienti all’impatto del coronavirus

Lo studio in questione si è soffermato su marche appartenenti a quattro sottocategorie: quella «pure retail» (che comprende supermercati, mini-market, department store e negozi di hardware), quella del fast food, quella dell’abbigliamento e quella del lusso.

Nell’identificazione dei brand più resilienti all’impatto del coronavirus, WPP e Kantar hanno studiato la situazione delle differenti marche prima dell’inizio della pandemia, avendo riscontrato, nell’ultimo anno, una crescita pari al 12% del valore complessivo dei 75 brand presi in analisi. L’indagine condotta per la realizzazione della classifica ha poi tenuto in considerazione anche i dati di performance azionaria relativi ad aprile 2020, per comprendere l’impatto della diffusione del COVID-19, offrendo indicazioni sui brand con maggiore probabilità di successo dopo la fine della pandemia.

Al primo posto della top 10 (nella quale rientrano i brand con una crescita media di brand value del 16,4%) c’è Amazon che da sola ha una crescita pari al 27% del valore totale delle 75 marche presenti in classifica, con un brand value pari a 415.9 miliardi di dollari. Per quanto riguarda le strategie di adattamento ai cambiamenti dettati dalla diffusione del coronavirus, il gigante dell’ ecommerce ha deciso per esempio di dare priorità alla vendita di prodotti di prima necessità per cercare di ridurre i tempi di consegna e di rispondere all’enorme domanda, a livello globale.

Fonte: Studio BrandZ Top 75 Most Valuable Global Retail Brands di WPP e Kantar.

Segue l’altro gigante dell’eCommerce, Alibaba (con un brand value di 152.5 miliardi di dollari) che ha scelto di dare il proprio contributo nella lotta al nuovo coronavirus tramite Ali Cloud, che sfrutta l’intelligenza artificiale per aiutare i medici a ridurre i tempi di diagnosi in Cina.

Non sono solo i retail “nativi digitali”, come quelli citati, a crescere in questo periodo di emergenza. Infatti, diversi brand che hanno costruito la propria reputazione puntando sui negozi brick and mortar  hanno rivelato una grande capacità di adeguamento e di risposta alle crisi: è il caso per esempio di Walmart e di Adidas, che attualmente riescono a gestire con successo differenti piattaforme, come menzionato nel report.

Fonte: Studio BrandZ Top 75 Most Valuable Global Retail Brands di WPP e Kantar.

Quest’ultimo ha messo inoltre in evidenza come i grandi player dei differenti settori mantengano la posizione dominante all’interno della propria categoria. Ciò è ben evidente, per esempio, nel mondo del fast food dove nella top 5 troviamo “leggende” del branding come McDonald’s (a una distanza importante dai competitor , in termini di brand value) e altri brand famosi come KFC, Starbucks, Subway e Domino’s.

Nel ranking della categoria «pure retail» rientrano catene di supermercati come Lidl e Carrefour ma anche il gigante dell’arredamento IKEA.

Con un valore di 50 miliardi di dollari, Nike è al primo posto tra i retailer dell’abbigliamento grazie all’eCommerce ma anche alle innovazioni apportate al settore del running, alla possibilità che offre ai clienti di personalizzare i propri prodotti e all’investimento nell’ottimizzazione della customer experience (si pensi per esempio al flagship store di New York). Inoltre, da quando è iniziata la pandemia, l’azienda ha deciso di lanciare una campagna volta a incentivare i consumatori a mantenere le abitudini di allenamento, anche a casa, offrendo degli strumenti di supporto in questo senso e cercando di portare valore in uno scenario di emergenza.

Con un brand value minore ma comunque presenti in questo ranking vi sono altri brand del settore dell’abbigliamento come Zara e H&M.

Passando al settore del lusso, al primo posto c’è Louis Vuitton, uno dei fashion brand che ha convertito le proprie linee produttive per la produzione di disinfettanti. Nel ranking di Wpp e Kantar rientrano anche Channel e Gucci (un’altra azienda attivamente coinvolta nella lotta al COVID-19).

Cosa accomuna questi brand e come le aziende devono reagire alla crisi del covid-19?

Da un lato, come fatto notare, più o meno sin dall’inizio della pandemia, diversi di questi brand hanno messo in atto delle strategie e delle iniziative volte a differenziarsi, a offrire qualche tipo di supporto alle comunità e/o a rafforzare il proprio posizionamento nella mente dei consumatori, anche in un momento difficile come quello che stiamo attualmente attraversando.

Diverse sono state le aziende, tra quelle presenti in classifica, che si sono impegnate per mantenere la visibilità e la brand awareness . Tuttavia, il report ha messo in evidenza come i retailer più agili e innovativi l’abbiano fatto cercando di offrire in qualche modo un aiuto ai consumatori che hanno visto le proprie abitudini totalmente stravolte negli ultimi mesi.

Rilevanza e sensibilità sono dunque le parole d’ordine secondo il report citato. Tra i consigli messi in evidenza nello studio c’è l’invito ad agire, a fare dei sacrifici e a canalizzare risorse per aiutare i cittadini e le comunità qualora necessario. A questo proposito, come ha dichiarato Federico Capeci, CEO Italy, Greece & Israel di Kantar, «il modo in cui i retailer si comportano oggi, in termini di supporto agli individui durante la crisi, così come il modo in cui si occupano dei loro dipendenti e in cui seguono le norme sanitarie previste dal governo per la sicurezza nel luogo di lavoro, saranno importanti per la loro sopravvivenza. I brand che hanno dimostrato la loro rilevanza e utilità e continuano a farlo in questo periodo di ritorno verso una nuova normalità, saranno quelli meglio posizionati per rafforzare la relazione sia nella fase di ripresa, appunto, sia nel lungo termine».

Come messo in evidenza dall’analisi effettuata, il risultato positivo che oggi emerge ha a che fare non solo con le azioni intraprese durante l’epidemia ma con tutto il lavoro svolto in ottica di branding nel corso degli anni. Infatti, l’indagine citata rivela come l’investimento fatto nella costruzione di marche forti abbia dato importanti frutti, nel lungo termine, portando a resistere maggiormente a un momento di crisi come quello di oggi. Secondo i dati di BrandZ e come riportato da David Roth, «le marche più forti contribuiscono alla resilienza delle proprie aziende nei momenti di turbolenza».

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