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Branded GIF: ovvero, se la clip animata è la pubblicità di un brand

Branded GIF: come fare pubblicità con le clip animate

Si può fare pubblicità utilizzando una clip animata? E perché conviene? Da PepsiCo a Converse, alcuni casi che hanno fatto scuola quanto a branded GIF.

Sono ormai letteralmente dappertutto, persino nelle Facebook Ads, e molti brand hanno nel frattempo imparato come – e perché – utilizzare le GIF per il content marketing . Quello di cui forse non tutti si rendono conto, però, è che quando si condivide una clip animata divertente o goliardica è probabile che si stia condividendo la pubblicità di un’azienda o un prodotto. Sempre più marchi, infatti, hanno provato in questi anni a svecchiare la propria immagine e la propria strategia di comunicazione investendo in branded GIF.

I vantaggi dell’utilizzare le GIF per fare pubblicità? Sono tanti e non così diversi da quelli che si hanno quando si sceglie di integrare un’immagine animata nelle proprie strategie di contenuto o nel proprio piano editoriale . Oltre a caratteristiche intrinseche che rendono le GIF naturalmente più condivisibili di altre tipologie di contenuto, del resto, ci sono ormai pratiche consolidate di utilizzo delle clip animate che le rendono una scelta quasi obbligata quando si mira a una comunicazione smart, veloce, mai uguale a se stessa, ad alto tasso di coinvolgimento.

Puntare tutto sulle emozioni: a questo serve fare pubblicità con le GIF

Sempre più spesso, per esempio, gli utenti le scelgono insieme a sticker ed emoji quando si tratta di vincere l’ambiguità semantica di un messaggio solo scritto, nell’affidarsi all’instant messaging e non solo. Cinque secondi in loop possono riuscire infatti, più e meglio di qualsiasi altro contenuto, a esprimere emozioni e sentimenti e poco sembra importare, in questo senso, che si tratti di GIF branded o meno. Lo dimostrano due casi di scuola di brand che hanno utilizzato, con successo, le GIF per fare pubblicità.

Quando un’operazione di brand extension ha portato PepsiCo a produrre la prima linea di acqua frizzante Bubly, parte consistente della strategia di comunicazione è stata affidata a una serie di clip animate, in molte delle quali appariva tra l’altro l’attore Neil Patrick Harris, che aiutavano gli utenti di esprimere una serie di sensazioni, dall’euforia alla noia e alla sorpresa, anche a prescindere dal consumo effettivo del prodotto.

Decisamente più tematiche e tarate su un target specifico – quello di utenti in età scolare – sono state, invece, le GIF rilasciate da Converse per celebrare l’inizio di un nuovo anno scolastico e l’intero catalogo di emozioni, in parte contrastanti, a esso collegate; anche in questo caso la scelta di un testimonial vip (Millie Bobby Brown, l’Eleven della serie “Stranger Things”, ndr) non ha fatto che aumentare la naturale shareability delle clip.

Fare pubblicità con successo senza il prodotto? Ci pensano le branded GIF

Entrambi gli esempi mostrano, comunque, un vantaggio non trascurabile delle branded GIF: sono un contenuto nativo che si inserisce in maniera quasi del tutto naturale nel flusso delle conversazioni che avvengono ogni giorno sui social e negli altri ambienti digitali e che, soprattutto, non interrompe né infastidisce l’utente. Non è assurda, del resto, l’ipotesi secondo cui l’unico rimedio a un affollamento di voci tutte uguali e tutte alla ricerca spasmodica dell’attenzione (limitata) dell’utente sia un contenuto di valore e che offra valore, in qualche caso anche a discapito del protagonismo del brand o del prodotto in questione. Non a caso una delle ragioni principali per cui, qualche volta, ci si ritrova a condividere una GIF senza rendersi conto che si tratta, in realtà, di un contenuto pubblicitario è per la quasi totale assenza di elementi di riconoscibilità del brand. Nei due casi già citati di PepsiCo/Bubbly e Converse la presenza del brand si limita per esempio a quella, assolutamente naturale, funzionale alla stessa narrazione e per niente in primo piano del prodotto (una lattina di acqua frizzante e aromatizzata, dei vestiti sportivi, ecc.). Niente di diverso da quello che ha fatto Subway quando ha rilasciato una serie di GIF, presto diventate virali su Twitter e Tumblr, a prova di golosi e affamati: anche in qual caso l’unico segno che non si trattava di semplici e divertenti clip animate ma di una vera e propria campagna di advertising era la presenza dell’iconico panino della catena.

In qualche altra occasione si può lasciare che a rappresentare il brand, l’azienda o il prodotto sia il logo , soprattutto se ben noto come quello di Amazon.

In alternativa, infine, si potrebbe optare per un watermark da applicare sulla GIF: in questo caso più che negli altri è possibile che qualcuno la condivida senza averlo completamente notato ma la ripetitività della clip provvederà a riparare.

Solo il watermark ricollega la GIF alla catena di pizzerie Domino’s.

GIF al posto dei video? Ecco perché

Parte del successo delle branded GIF, del resto, è proprio il loop continuo del messaggio che assicurano. A livello macroscopico e strettamente quantitativo il ripetersi sempre uguale del contenuto potrebbe trasformarsi in una maggiore esposizione del brand. È dal punto di vista dello storytelling, però, che il formato delle GIF assicura i risultati migliori: la ripetizione della componente visiva e dell’eventuale copy scelto assicura infatti una narrazione coerente, nonostante o forse in virtù della brevità. Le GIF, insomma, sono per i brand un utile sostituto ai famosi 15 secondi video, quelli di un pre-roll di YouTube solo per fare un esempio: se, a detta degli esperti di settore, è questa l’era dei video e, ancora meglio, dei video brevi, le branded GIF hanno dalla loro tutti i vantaggi dei contenuti audiovisivi, in termini di capacità di engagement soprattutto, ma hanno in più l’economicità.

Come sfruttare al meglio le branded GIF

Gli unici consigli da seguire quando si vogliono utilizzare le GIF per la pubblicità? Optare per semplicità, innanzitutto: non servono orpelli e il prodotto e il brand in questione devono risultare quanto più possibile protagonisti. Soprattutto se si è un brand grande, ben noto, di culto non ci si dovrebbe preoccupare poi di cercare, spasmodicamente, un elemento che renda più facilmente condivisibile la propria clip animata: con buona probabilità il legame con il brand o il prodotto e la sua stessa capacità di rappresentare uno status symbol porteranno gli utenti a farsene ambassador, fosse anche semplicemente condividendone le GIF senza altra ragione apparente (è quello che è successo con la serie di branded GIF di Starbucks).

Creare una GIF visivamente chiara ed esteticamente bella e in accordo con la storia, la filosofia e la missione del del brand è indispensabile, poi, per la buona riuscita di una simile campagna adv. Attenzione, infine, alla brand safety: oggi ci sono diversi servizi che permettono di creare GIF personalizzate — molto utili soprattutto se si è un brand piccolo e non si ha un reparto grafico apposito— ma non di rado questi stessi servizi – è successo con Giphy – sono stati nell’occhio del ciclone – e bannati dai social, nel caso di specie – per aver ospitato contenuti offensivi.

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