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Al Burning Innovation 2022 la visione degli (e sugli) imprenditori

Al Burning Innovation 2022 la visione degli imprenditori

Quali sono le caratteristiche principali che dovrebbe avere un imprenditore? Tra gli altri, ne hanno parlato al Burning Innovation 2022 Fabio Cannavale, Pietro Sella, Corrado Passera e Marina Salamon.

«All’imprenditore brucia dentro la voglia di fare le cose in maniera diversa, di fare le cose che non sono state mai fatte […] pensa e cerca di realizzare qualcosa che sia inimmaginabile»: con queste parole Fabio Cannavale (fondatore e CEO lastminute.com e ideatore B Heroes) ha aperto, come co-organizzatore, il Burning Innovation 2022, portando come esempi di veri imprenditori Cristoforo Colombo nella sua epoca o Elon Musk oggi.

Il suo è soltanto uno dei modi di intendere e vedere il ruolo degli imprenditori che sono stati raccontati dagli imprenditori stessi, perlopiù digitali, sul palco dell’evento; un palco che, tra l’altro, è stato ideato proprio con l’obiettivo di stimolare una crescita sempre maggiore in Italia – dove il tessuto imprenditoriale è composto soprattutto da MPMI (micro, piccole e medie imprese) – di grandi aziende, perché – citando ancora Fabio Cannavale – «le grandi aziende, dopo tanto tempo, possono cambiare le cose», facendo la vera differenza per l’assetto economico di un Paese.

Come si diventa imprenditori?

Per diventare imprenditori è chiaro che non possa esserci una sola “ricetta” uguale per tutti, ma chi nella mattinata ha calcato il palco dell’evento ha elargito diversi tip and trick a quanti desiderano o sognano di diventare imprenditore, a partire dalla propria esperienza personale e raccontando alcuni dei principali successi e fallimenti della propria vita professionale e imprenditoriale.

Le parole degli speaker che si sono succeduti hanno delineato visioni talvolta opposte, ma nella maggior parte dei casi hanno tratteggiato fil rouge essenziali per ottenere risultati di crescita ed economici positivi anche in settori molto diversi tra loro, come a sottolineare che, seppure le imprese siano tante, di diverse dimensioni e operino in campi decisamente vari, alla base hanno sempre – comprese le grandi aziende – almeno un ingrediente (nemmeno tanto) segreto in comune, come si vedrà in seguito.

Cosa studiare per diventare imprenditori? L’opinione di Marina Salamon di Doxa

Una delle prime domande che potrebbero porsi gli aspiranti imprenditori potrebbe essere relativa a cosa studiare. Il tema, discusso all’evento, sembrerebbe aver diviso in due importanti fazioni i relatori: da un lato chi ritiene essenziale studiare management e marketing seguendo corsi universitari specifici, dall’altro chi crede conti più un diverso tipo di conoscenza, una cultura da costruire attraverso percorsi meno lineari.

È di quest’ultimo avviso, per esempio, Marina Salamon, president e shareholder di Doxa, che nel raccontarsi con molta trasparenza sul palco ha affermato:

«non ho studiato management e sono sempre più perplessa su quello che insegnano nelle business school […] tendere alla carriera o al denaro come priorità è una fregatura perché è molto più importante essere liberi, liberi con disciplina […]»

Come lettura, poi, «più dei libri di marketing» Marina Salamon ha consigliato Il piccolo principe e ne ha raccontato un passaggio in particolare, quello in cui «il piccolo principe a un certo punto prende il volo approfittando di una migrazione di uccelli selvatici», perché, ha affermato, «il tema dello “stay hungry, stay foolish[nota frase di Steve Jobs pronunciata nel 2005 durante un discorso tenuto per la cerimonia di laurea alla Stanford University] secondo me si può declinare nel “mantenersi liberi e critici“, lavorare con tanta autodisciplina […] essere veri e seri ed etici in tutto quello che facciamo, a costo di essere scomodi».

I tre punti di Corrado Passera di illimity Bank che riassumono cosa fare per intraprendere la carriera di imprenditore

Oltre a opinioni e consigli riguardanti la formazione imprenditoriale, comunque, si è provato anche a darne di numerosi sugli step da seguire una volta terminato il percorso di studi universitario e quando si desidera mettersi alla prova con l’ideazione e la costruzione di un’impresa.

Michel Cohen, CEO e co-founder di DentalPro, ha consigliato di non aprire un’impresa subito dopo essersi laureati o non appena finito un master, bensì di iniziare a lavorare prima per della grandi aziende da cui imparare il più possibile. Come Fabio Cannavale, inoltre, ha manifestato la propria convinzione nel credere che una buona «education», teorica e pratica, rappresenti un notevole vantaggio competitivo.

Di tutt’altro avviso è sembrato essere Enrico Giacomelli, founder e chairman of the board di Namiral, che ai giovani aspiranti imprenditori ha consigliato di provare, come esperienza lavorativa, quella del cameriere, perché trovarsi a «servire qualcuno e non per spirito di volontariato» e avere, in un certo senso, «un pubblico davanti a sé» rappresenta secondo lui il modo migliore per rapportarsi e raffrontarsi agli altri: «siccome dietro ogni cosa c’è una persona, se impari a comprendere una persona – ha affermato – probabilmente riuscirai a fare impresa».

I vari consigli elargiti a chi voglia aprire un’azienda e si trovi proprio nel momento di farlo si possono invece riassumere tutti con i tre punti principali condivisi da Corrado Passera, founder e AD di illimity Bank:

«1) partire sempre da bisogni concreti, cioè è inutile avere una bella idea se non risponde a un bisogno insoddisfatto; 
2) [chiedersi se] c’è un modo brillante, innovativo, per soddisfare queste esigenze fatto sempre di tecnologie e di persone;
3) [chiedersi se] è una soluzione difendibile o è un qualcosa che può fare chiunque, perché nel secondo caso diventa subito una concorrenza sui prezzi e nessuno guadagna nulla. Quindi, verifica del bisogno vero, verifica della soluzione efficace, verifica della difendibilità».

L’importanza delle persone che lavorano con (e per) un imprenditore

Tanti – se non tutti – hanno poi sottolineato quanto in ogni impresa siano importanti le persone che vi lavoravano.

Dopo i tre consigli, per esempio, Corrado Passera ha chiosato che a rappresentare la difesa di un’azienda «alla fine è l’insieme delle persone che vi lavora […] le persone, non il brevetto, perché poi la tecnologia è superabile».

Imprescindibili per il successo dei progetti sono allora le «persone giuste», come le ha definite Michel Cohen, riferendosi in particolare a quelle che hanno una grande ambizione. Importanti sono anche – ed è Fabio Cannavale ad averlo sottolineato – persone che lavorino insieme avendo skill diverse tra loro.

Secondo Matteo De Brabant (founder e chairman di JAKALA) la ricetta vincente è, soprattutto per ruoli senior, «investire nelle persone che hanno già vissuto quella sfida» che sta affrontando la propria impresa, così da avvalersi delle competenze necessarie e che vanno, magari, anche oltre quelle strettamente necessarie nell’immediato, così da fare un investimento che si rivelerà ancor più utile nel lungo termine. D’accordo con questo Fabio Troiani (imprenditore digitale ed ex co-founder e CEO BIP), che ha evidenziato anche l’importanza di investire su giovani talentuosi e acquisire clienti che pongano molte sfide.

Condivisione e rispetto della cultura aziendale secondo Luca Foresti

Come si crea però armonia lavorativa e allineamento di visioni e progetti aziendali quando le imprese crescono in fretta e/o raggiungono grandi dimensioni? Su questo punto in particolare si è soffermato Luca Foresti (CEO del Centro Medico Santagostino), perché se è vero che scegliere le persone “giuste” per la propria attività è importante, lo è altrettanto fare in modo che tutti – e non soltanto chi è più vicino, per ruolo, all’AD o al board direttivo – siano allineati alla cultura aziendale.

Il suo consiglio, così, è stato quello di avere, anche nelle PMI, un codice culturale condiviso con tutte le persone che lavorano nell’impresa, pronto da essere consegnato anche a chi farà parte del team in futuro, che deve essere rispettato con precisione e trasparenza.

Raccontando la propria realtà imprenditoriale, Luca Foresti ha per esempio precisato quanto sia importante che un codice culturale aziendale preveda anche che ci siano dei momenti appropriati di confronto per manifestare il proprio malcontento e quanto altrettanto lo sia che ci sia una sola persona che, dopo aver ascoltato le opinioni di tutti, prenda delle decisioni; queste devono essere seguite anche da chi non si trovi d’accordo, altrimenti si potrebbe finire con il creare un ambiente lavorativo negativo di battibecchi continui e infruttuosi. «Le aziende non sono mai delle democrazie: sono delle dittature illuminate [poiché le decisioni non sono prese dal nulla, ma sono ben ponderate] locali» è la sintesi della sua visione.


Volendo individuare un filo conduttore per il successo di un’impresa, comunque, sembrerebbe che tutti i relatori che hanno preso parte alla mattinata di interventi del Burning Innovation 2022 siano stati concordi nel dire che a un imprenditore (o a chi aspira a diventarlo) non possono mancare alcune caratteristiche essenziali:

  • la capacità – per esprimere il concetto con le parole di Simone Brunozzi (VC investor, former entrepreneur, tech executive) – di «osservare sempre ciò che sta cambiando» e cosa invece resta invariato nel tempo;
  • pensare in grande, perché – come tra gli altri ha sottolineato Pietro Sella (CEO Sella Group) – gli imprenditori si sentono spesso dire quanto sia impossibile realizzare l’idea che hanno, anche perché spesso quell’idea neanche viene compresa, ma la paura, di non farcela o dell’assumersi dei rischi, è uno dei più grandi ostacoli per gli imprenditori; serve insomma prendersi dei rischi, avere curiosità, non fermarsi in una comfort zone che a lungo andare uccide la crescita;
  • circondarsi di persone capaci, competenti e ambiziose;
  • pensare in ottica strategica;
  • prestare attenzione alla cultura (quella formativa, quella aziendale; ecc.); a tal proposito Luca Foresti ha ricordato che «c’è un famoso detto secondo cui “la cultura mangia la strategia a colazione”»;
  • non focalizzarsi solo sul guadagnare e sul farlo in tempi brevi: «la componente della finanza e la componente della comunicazione dei nostri progetti – ha affermato Marina Salamon – sono certamente fondamentali e lo saranno sempre più, però guai a noi se ne restiamo schiavi perché altrimenti è come credere un po’ troppo nei voti o nel luogo da dove siamo usciti in termini di laurea e di master: quello che conta è la sostanza»;
  • smetterla di guardare al “modello Silicon Valley” come l’unico possibile o applicabile altrove, perché serve puntare sulla propria unicità e su quella del luogo in cui si sviluppa ed espandere l’impresa: a precisarlo è stato, tra altri, anche Riccardo Sabatini, (co-fondatore e membro del consiglio di Lio Factory S.R.L.).

Se diventare imprenditori non è semplice, talvolta potrebbe anche non esserlo mantenere lo spirito imprenditoriale, specie quando ci si trova di fronte a grandi difficoltà; anche in questi casi non c’è una ricetta unica, ma per Alessandro Fracassi (CEO di MutuiOnline) è assolutamente essenziale come imprenditore «essere innamorato dei problemi del cliente».

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