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Dalle polemiche all’analisi del sentiment: qualche riflessione sulla campagna PANDORA per Natale 2017

Campagna PANDORA per Natale 2017: un'analisi e qualche riflessione

La campagna PANDORA per Natale 2017 è stata accusata di sessismo: sono polemiche giustificate? E cosa insegnano a chi fa marketing?

«Un ferro da stiro, un pigiama, un grembiule, un bracciale PANDORA. Secondo te cosa la farebbe felice?» con questa frase inizia la polemica legata alla campagna PANDORA per Natale 2017. Il noto brand danese del jewellery, da anni affermato anche sul mercato italiano, ha optato infatti per una festive campaign integrata fatta di spot, affissioni, comunicazioni in store. Proprio il copy dell’affissione – vista e fotografata in una stazione metro di Milano – è subito diventato virale, generando non poche polemiche e facendo sì che risultasse travisato, almeno in parte, il messaggio dell’azienda.

campagna pandora natale 2017 affissione metro milano

Un problema di target: a chi si rivolge la campagna PANDORA per Natale 2017?

Evitare di trovare sotto l’albero il regalo sbagliato, quello che non si userà mai e di cui proprio non si ha bisogno: avrebbe dovuto essere questo, infatti, l’effetto desiderato della campagna PANDORA per Natale 2017. Davanti alla delusione provata da chiunque, almeno una volta nella vita, nello scartare un pacchetto e trovarsi davanti a un oggetto indesiderato, l’intenzione del brand era insomma quella di proporsi – in perfetto rispetto delle più classiche categorie narrative – come aiutante dell’eroe alla ricerca dell’oggetto del desiderio. 

Non è certo l’unica azienda, tra quelle che hanno pensato a spot di Natale 2017, che lo fa. Già questo pone, però, un problema di target : non è la donna che eventualmente indosserà un gioiello PANDORA il vero destinatario della campagna, ma l’uomo impegnato nella corsa a trovare il regalo perfetto. Scontati, privi di creatività e un po’ anche imbranati, mariti, compagni, amanti delle PANDORA Lovers (così il brand si rivolge alla sua fanbase, in parte a dimostrazione del fatto che indossare un gioiello delle sue collezioni è ormai un simbolo di appartenenza e di riconoscimento molto forte, ndr) questo Natale non avranno più come giustificare un regalo sbagliato, inopportuno, inutile, forse anche un po’ sessista e che ancora si lega alla figura della donna come angelo del focolare. Soprattutto se, nel frattempo, sarà intervenuto l’aiutino delle loro compagne: va bene, infatti, rivolgersi a un target di ritorno, ma nessun brand può permettersi certo di trascurare quello principale. Ecco che la campagna di PANDORA per Natale 2017 coinvolge anche le destinatarie del regalo: passato quasi inosservato, in parte proprio per il polverone alzato dal copy delle affissioni, c’è anche un pieghevole di poche pagine distribuito negli store del brand. Dentro ci sono dei bigliettini da usare per lasciare degli indizi sul regalo che si desidera, semplicemente compilandoli, staccandoli e lasciandoli dove il proprio partner possa trovarli facilmente.

E se gli stereotipi fossero soprattutto stereotipi maschili?

Una provocazione? Il tentativo di giocare con degli stereotipi o quello, un po’ maldestro, di inserirsi in un flusso di conversazioni piuttosto in voga al momento in Italia, come quello che riguarda la questioni di genere, nella loro accezione più ampia? Un semplice epic fail? Prima di catalogarla come insuccesso, andrebbe considerato che, come si accennava, la campagna PANDORA per Natale 2017 è una campagna integrata. Oltre al pieghevole e all’ormai nota affissione, esiste per esempio uno spot video che è stato pubblicato sul canale ufficiale YouTube di PANDORA UK  già a fine novembre (con il titolo “Do get what you wish for”, ndr) e che è in rotazione dai primi giorni di dicembre anche sulla TV italiana. Il video si apre con un uomo che, intento a fare il bucato, trova un bigliettino con un chiaro riferimento a un prodotto PANDORA. Qualche frame dopo, mentre il protagonista della sequenza è in garage, intento a riparare la propria moto, la protagonista suggerisce la misura del suo anello attraverso il calibro dei dadi presenti nella cassetta degli attrezzi. Lo spot, intervallato da altre vicende di coppia simili, si conclude con il fatidico regalo che è sì un PANDORA, ma contenuto all’interno di una pentola.

Pandora | “DO Get What You Wish For – UK Christmas TVC 2017“ | Upright Music
Pandora | “DO Get What You Wish For - UK Christmas TVC 2017“ | Upright Music

Il messaggio del brand, insomma, è molto più stratificato e complesso di quello che sembra. Anche le accuse di sessismo che sono piovute addosso all’affissione di PANDORA sembrano stemperate da una quotidianità, quella descritta nello spot video, in cui uomini e donne collaborano nella gestione della casa e delle incombenze domestiche, per esempio.  Tanto più che, se degli stereotipi ci sono nella campagna PANDORA per Natale 2017, sembrano essere declinati soprattutto al maschile, come lo possono essere conquistare una donna con un gioiello, usare un regalo per arrivare al lieto fine, essere letteralmente incapaci di mettersi nei panni della propria donna e capire cosa potrebbe volere come dono da trovare sotto l’albero.

Scegliere le parole da non dire: una riflessione su esposizione al messaggio, reputazione, gestione della crisi

Parafrasando Alda Merini, «scegliere con cura le parole da non dire» potrebbe essere la lezione che il caso PANDORA ha da lasciare a ogni buon copy. Scrivere testi, e più in generale pensare a campagne, che non rischino di essere fraintesi, mal interpretati o di modificare la percezione collettiva del proprio brand è essenziale, del resto, per chi abbia a cuore il posizionamento e la salvezza del suo stesso marchio .

Come si accennava, però, c’è anche una questione di target che non va trascurata in fase di progettazione dei propri messaggi. Degli insight interessanti vengono, proprio a proposito della campagna PANDORA per Natale 2017, da ‘Reputation Manager’ (istituto italiano che si occupa di analisi e gestione della reputazione online di brand e figure di rilievo pubblico, ndr). Innanzitutto, la reach del messaggio di PANDORA: dall’analisi delle conversazioni sui social è risultato che il contenuto ha raggiunto, almeno in potenza, quattordici milioni di utenti solo su Facebook e su Twitter. È difficile dire se, senza le polemiche da cui è stata investita, la campagna avrebbe raggiunto gli stessi risultati, tanto che a voler pensare male la scelta in qualche misura provocante di PANDORA potrebbe sembrare persino una tattica per aumentare il buzz, se non addirittura la tipologia di target esposto al messaggio. È innegabile, infatti, che, anche se per criticarla aspramente, la campagna abbia raggiunto utenti molto diversi da chi in genere compra e indossa gioielli del brand.

Verrebbe spontaneo chiedersi, allora, a che serva una maggiore esposizione, se l’impatto è comunque negativo. In questo senso c’è da considerare una fetta – sebbene piccola – di persone per cui la campagna del brand non ha un sentiment negativo (il 15%) e che, più in generale, chi si è duramente scagliato contro il presunto sessismo di PANDORA, come fanno notare da Studio Samo, fa parte per lo più di una sorta di élite di professionisti della comunicazione, decisamente fuori target rispetto all’offerta di prodotto del brand.

Uno. Il target “snob” alto spendente che regala altri marchi, ignora il messaggio e passa oltre.

Due. Quello che invece ha la compagna che apprezza (e usa) i suoi prodotti, ha un’illuminazione, si ricorda che lei colleziona i ciondoli e che potrebbe regalargliene altri. Se proprio vuole osare, può scegliere una nuova collana o un anello, sempre PANDORA.

Tre. Le donne che si indignano e si offendono a morte, non sono il target di questa campagna (e in generale di PANDORA). Si tratta di una fetta di mercato non profittevole, visto che non è in linea con i valori del brand.

Un’altra cosa è, comunque, provare a valutare come da PANDORA abbiano affrontato la crisi, sui social e non solo. Di fronte a una campagna di comunicazione sbagliata, la risposta da parte dei brand dovrebbe essere sempre ben pianificata. Pianificazione che, in questo caso specifico, sembra essere mancata e aver lasciato spazio a un po’ di improvvisazione. L’azienda infatti ha risposto sui social in due diversi momenti: prima cercando di fornire delucidazioni alle «PANDORA Lovers» che si sono sentite offese dopo aver frainteso un messaggio; poi con delle scuse da donna a donna. In nessuno dei due casi, però, il brand ha interagito realmente con i commenti degli utenti, ma ha semplicemente pubblicato una nota sulla pagina Facebook limitandosi a fornire la propria versione dei fatti.

Le due risposte di PANDORA alle polemiche per la sua campagna pubblicitaria.

 

Se parte dall’epic fail di un competitor è davvero real time marketing?

Com’era facile da prevedere, l’epic fail della campagna PANDORA per Natale 2017 ha provocato comunque la reazione di molti brand, anche di settori completamente diversi dal jewellery che ne hanno approfittato per fare real time marketing, se di real time marketing si può parlare in un’occasione come questa in cui non è direttamente interessata una notizia o un evento.

Interessanti sono stati soprattutto i tentativi dei competitor di giocare sull’errore di PANDORA per sottolineare la distanza a livello di messaggi trasmessi: Swarovski, per esempio, ha giocato con l’immagine – in parte non meno stereotipa – di una donna che non ha bisogno di un uomo per regalarsi un gioiello.

Alle donne non mancano mai idee brillanti #GiveBrilliant

Posted by SWAROVSKI on Monday, December 4, 2017

Pornhub ha colto al balzo l’occasione dell’apertura del suo nuovo temporary shop a Milano per giocare con ironia su un tabù come l’uso da parte delle donne dei sexy toys.

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Immancabili anche le iniziative di Ceres, che inverte completamente il messaggio di PANDORA fornendo una valida lista di alternative per un regalo per lui, e Taffo con un messaggio forse volutamente provocatorio che rimanda al dibattito su femminicidio e violenza di genere.

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Posted by Taffo Funeral Services on Monday, December 4, 2017

«Anche l’indignazione per lo stereotipo può divenire stereotipo a sua volta e svuotare di senso le battaglie giuste da combattere» è questo il commento alla campagna PANDORA di Annalisa Monfreda, la direttrice di Donna Moderna. «Occorre dosare le energie destinate alla ribellione, che non è un valore in sé ma in quanto inscindibilmente legata alla rilevanza di ciò a cui ci stiamo ribellando» continua, quasi a sottolineare come polemiche come queste nascondano un problema più grande e che va ben oltre gli errori di marketing, di targetizzazione: il politically correct, la necessità urlata ai quattro venti di un dibattito serio e oggettivo sulle questioni di genere rischiano di trasformarsi essi stessi in un cliché, tematico e non solo.

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