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Campagne di prevenzione: la lotta all'AIDS fra comunicazione sociale e comunicazione d’impresa

Una rassegna delle principali campagne di prevenzione del Ministero della Salute e di Durex, contro l'AIDS, analizzate per target e formati.

In occasione della Giornata Mondiale della lotta all’AIDS, un tema come quello della prevenzione può essere affrontato a più livelli e da diversi attori: se da un lato vi sono i brand che, sfruttando ottime strategie di marketing e un tono di voce informale, gestiscono un argomento delicato come quello del sesso puntando sulle allusioni e i doppi sensi, dall’altro vi sono le istituzioni che attraverso un’attenta comunicazione di avvenimenti e riflessioni culturali hanno il compito di fornire al cittadino gli strumenti necessari per conoscere e prevenire. Sia brand che istituzioni, dunque, per l’occasione hanno pensato a campagne di prevenzione ad hoc.

Campagne di prevenzione: il caso Durex

Ciò che accomuna le campagne di prevenzione Durex è la presenza di un messaggio che arriva chiaramente anche se non è mai esplicito né volgare e persegue l’obiettivo della sicurezza nei rapporti sessuali. Campagne social e ricerche di settore evidenziano quanto ancora sia difficile per i giovani oggi parlare di sesso, ma Durex lo fa utilizzando il loro linguaggio e format alternativi a loro vicini.

Durex Condom Emoji

La campagna pubblicitaria del 2015 vedeva lo schermo di un telefono su cui si susseguivano messaggi che Durex invia all’Unicode Consortium. La richiesta fatta attraverso il “Caro Unicode”? L’introduzione di un’emoji che rappresentava un preservativo, proprio per facilitare le discussioni in tema di sesso sicuro. Lo scopo era quello di presidiare uno strumento come i social network per arrivare a diversi target attraverso un linguaggio semplice, in questo caso quello delle emoji. L’obiettivo più ‘superficiale’ di questa campagna di prevenzione – e cioè l’aggiunta dell’emoji – non è stato raggiunto, ma il video “Durex #CondomEmoji – Support an official Safe Sex Emoji!” ha superato su YouTube un milione e ottocentomila visualizzazioni.

Screen dal video:

Durex ‘salta la quaglia’

Nello stesso periodo in cui si diffondeva l’ hashtag #CondomEmoji, in Italia Durex lanciava una campagna di influencer marketing attraverso l’hashtag #SalvaLaQuaglia che – riferendosi al famoso modo di dire del ‘salto della quaglia’, ovvero il fare ricorso al coito interrotto come metodo contraccettivo – invita a utilizzare metodi più sicuri. Protagonista della campagna il peluche della quaglia distribuito a blogger e influencer.

Durex ‘Obbligo o Verità’

Ancora, poi, la campagna social “Obbligo o Verità” in cui gruppi di giovani provenienti da tutta Europa si confrontavano liberamente su temi importanti relativi alla prevenzione dalle malattie sessualmente trasmissibili e lo facevano sulla falsa riga del gioco che ha accompagnato l’adolescenza dei Millennial. L’idea di un format video che prevedeva sette episodi pubblicati nei primi mesi del 2017 all’interno di una playlist su YouTube, ha avuto origine dall’analisi dei dati di una ricerca Durex condotta su un campione di 1.000 giovani con un’età compresa tra i 16 e i 25 anni. La ricerca ha fatto emergere nuovi atteggiamenti, come l’emancipazione delle ragazze dimostrata dal proporre l’uso del preservativo e la reazione positiva degli uomini a questo comportamento delle partner, come sottolineano questi spot.

 

#Lottaconifiocchi

In occasione della Giornata Mondiale della lotta all’AIDS del 2017, Durex ha lanciato una promozione: acquistando una confezione da dodici di preservativi, in omaggio ci sarebbe stata una tazza. Il sentiment sulle pagine sociale dell’azienda, però, non è stato positivo. Sorge spontaneo allora chiedersi quante siano state le farmacie realmente coinvolte in questa iniziativa.

Le campagne di prevenzione ministeriali: un breve excursus

La prima campagna di prevenzione ministeriale, “AIDS. Se lo conosci non ti uccide”, era costituita da due spot, commissionati all’agenzia Armando Testa e trasmessi a partire dal 1988. Per l’occasione è stato investito un budget di circa 12 miliardi di lire, il target era l’intera popolazione italiana con un’età superiore ai 14 anni e i media coinvolti erano stampa e televisione.

Gli spot trasmessi a reti unificate hanno in comune l’intento di accrescere la conoscenza sul problema ed eliminare le paure infondate sulle possibilità di trasmissione. Le sagome di un uomo e di una donna nudi si muovevano su uno sfondo luminoso, i colori che prevalevano erano cupi, fatta eccezione del rosso delle didascalie che richiamava il sangue infetto (il riferimento è allo scambio di siringhe cui però non si fa accenno all’interno di questo spot poiché il focus è una vita sessuale attenta, ndr) e un messaggio che da un punto di vista connotativo evidenziava tutti i comportamenti che possono favorire la trasmissione della malattia. La voce narrante segnalava che non esisteva una cura per l’AIDS ma che la possibilità di contrarre il virus dipendeva esclusivamente dai comportamenti a rischio. Il secondo spot era ancora in bianco e nero ma a sostituire il rosso c’era un alone viola che circondava le persone sieropositive e le rendeva riconoscibili nei loro comportamenti a rischio quali un rapporto sessuale non protetto o uno scambio di siringa infetta. Anche qui, da un punto di vista connotativo, veniva posta l’attenzione sulla trasmissione della malattia e il tutto era reso dal ruolo giocato dall’osservatore esterno, l’unico capace di vedere l’alone e di far tesoro dell’insegnamento: «L’AIDS non si vede ma sta crescendo. […] L’AIDS è più vicino di quanto pensi».

Dal linguaggio della paura si è passato ad un linguaggio della consapevolezza e dell’inclusione nei confronti delle persone malate. Si è iniziato, infatti, a prestare attenzione alle specificità dei singoli target, dando il via ad una vera e propria segmentazione: sono del 1990 campagne come “I Giovani e l’AIDS” dedicata ai ragazzi delle scuole medie in cui il virus dell’AIDS veniva rappresentato come un personaggio dei fumetti e campagne come “Servizio Militare e AIDS” che aveva come target i militari di leva che riprendeva il personaggio a fumetti che questa volta indossava un mantello che richiamava l’immagine di un vampiro.

A testimonianza del cambiamento in atto anche la scelta del format: dallo spot alla miniserie in cui il Ministero della Salute ha deciso di utilizzare dei testimonial per brevi spot di 20 secondi. Licia Colò, Gianluca Grignani, Serena Dandini, Maria De Filippi, Kim Rossi Stuart e Fiorello hanno messo a disposizione la loro esperienza e sono diventati testimonial per diverse fasce di popolazione. Ognuno di loro ha avuto la missione di scatenare i processi di imitazione e influenzare i comportamenti.

Dopo qualche anno, testata l’efficacia del format miniserie, sono arrivati “Gli amici di Sara”, campagna di prevenzione ideata e prodotta dalla Saatchi&Saatchi con la regia di un ancor giovane Gabriele Muccino.

01 The day after
01 The day after

In questi anni anche da un punto di vista delle campagne stampa ci sono stati particolari novità: sulla falsariga del cultural jumming (decostruzione di testi e immagini dell’industria dei media attraverso la tecnica dello straniamento e del détournement) la campagna di prevenzione “Perchè l’AIDS non guarda in faccia a nessuno. Fermare l’AIDS. Umanamente possibile” in cui il preservativo prendeva la forma sinuosa di una bottiglia Coca-Cola ed era accompagnato dalla scritta “Enjoy Condom”. Uno stravolgimento connotativo che legava l’uso del preservativo al divertimento, associandolo alla felicità trasmessa dal marchio Coca-Cola.

Avvicinandoci ai giorni nostri, troviamo “Uniti contro l’AIDS” in cui vi sono uomini e donne nudi coperti da un drappo rosso con regia e interpretazione di Raoul Bova. Una campagna di comunicazione integrata che con strategia multicanale che fa leva sulla consapevolezza dell’esistenza della malattia, sulla responsabilità nel comportamento a tutela della propria salute e di quella altrui e la maturità nel modificare il proprio. Il tono e il linguaggio della campagna sono privi di giri di parole e il messaggio, servendosi dell’empatia, elimina stigmatizzazioni delle preferenze sessuali.

Infine, si arriva all’1 dicembre 2017. Dario Vergassola e Giulia Michelini sono stati i testimonial della nuova campagna per la prevenzione dell’HIV e delle altre malattie sessualmente trasmissibili, realizzata dal Ministero della Salute in occasione della Giornata mondiale per lotta all’AIDS. Gli spot tv pubblicati anche sulla pagina Facebook del Ministero hanno invitato a non scherzare con l’HIV.

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