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Nelle ultime campagne pubblicitarie di Zara e Gucci a scattare e improvvisarsi fotografi sono modelli e modelle

Un effetto del lockdown e del coronavirus o una nuova moda quella delle campagne pubblicitarie scattate da modelli?
Durante il lockdown diverse attività sono state sospese, altre invece sono state portate avanti con continuità (si pensi al settore della gdo ), attenendosi e adattandosi però a delle particolari regolamentazioni, e altre ancora sono state reinventate, mettendo in campo spirito di innovazione e creatività e ideando diversi modelli (o modi) lavorativi. Tra le attività che hanno mostrato reattività rispetto ai limiti imposti dal periodo rientrano, ad esempio, quelle comunicative dei brand , perché per realizzarne di nuove ci si è dovuti cimentare in creazioni particolari o alternative rispetto al solito, come nel caso degli spot televisivi realizzati grazie al contributo dei prosumer durante l’isolamento. Questo periodo, in effetti, ha fatto sì che si ricorresse ulteriormente agli UCG ( user generated content ), con una loro integrazione ancora più evidente e invadente nelle strategie di comunicazione aziendale, in molti casi grazie al coordinamento da remoto da parte di figure professionali specifiche. Delle particolari comunicazioni veicolate durante l’emergenza sanitaria da COVID-19, così, si ricorderanno sicuramente le campagne pubblicitarie scattate da modelli e modelle per alcuni brand di moda.
niente shooting e fotografi: le campagne pubblicitarie scattate da modelli ai tempi del coronavirus
Che sia stata spinta dall’esigenza del momento di non poter organizzare shooting fotografici o che sia stata una trovata alternativa per far rumore e far parlare di sé, la tattica di far realizzare le fotografie destinate alla comunicazione pubblicitaria di alcuni brand direttamente ai modelli e alle modelle è stata di certo originale.
Realizzate in due momenti differenti e con messaggi e toni diversi – in modo molto coerente alle rispettive identità di marca – le campagne pubblicitarie scattate da modelli per Zara e Gucci sono state entrambe di forte impatto ed entrambe inquadrabili in una estetica del “normale” nel marketing che da qualche tempo sembra essere stata abbracciata da sempre più brand.
il lockdown diventa per ZARA occasione per lanciare servizi fotografici fai da te dalle modelle
La campagna di Zara scattata dalle modelle è stata pensata per lanciare la collezione primavera-estate 2020.
Durante il lockdown, alcune delle modelle più strettamente legate al brand hanno ricevuto a casa i nuovi capi, adatti a un abbigliamento casual, perlopiù comodo, ma non per questo privo di un certo stile. A loro è stato chiesto di scegliere l’angolo della propria casa che potesse risultare più instagrammabile e realizzare un autoscatto (non è da escludere però che alcune delle fotografie siano state fatte con l’aiuto di chi era in casa con loro).
Il risultato ottenuto è quello di fotografie in pose semplici, naturali, senza trucco, senza acconciature particolari, con capelli legati o palesemente disordinati o, ancora, in un turbante, come a dare l’impressione di essere appena uscite dalla doccia, in veste molto casalinga.
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Oltre alle immagini, diffuse su diversi canali del brand, va notata anche la presenza di un piccolo video condiviso sul profilo Instagram di Zara e realizzato dalla modella Mica Argañaraz, che racconta ancor di più una situazione familiare a molti durante l’isolamento: quella di leggere stando stesi sul divano, prendendo di volta in volta posizioni diverse per stare il più comodi possibile.
se la nuova campagna Gucci è senza fotografo: i dubbi che suscita un risultato sorprendente
Altra campagna scattata dai modelli è quella di Gucci, lanciata però a lockdown terminato e non per spingere la collezione primaverile-estiva bensì quella autunno-inverno 2020-2021.
Anche questo brand ha inviato gli abiti a casa di modelle e modelli, che hanno realizzato, come per Zara, degli scatti senza truccatori, hair stylist e altre figure professionali solitamente presenti durante gli shooting fotografici.
Se le immagini di Zara però sembrano non lasciar dubbi all’utente nel trovarsi di fronte a scatti tutto sommato amatoriali, anche se ben architettati, per la campagna di Gucci, identificata con l’ hashtag #GucciTheRitual, è inevitabile chiedersi se davvero non ci sia il fotografo, anche se alcune immagini sembrano davvero molto semplici e specchio di una vita casalinga.
Guardando alle fotografie condivise sulla pagina Instagram del brand, in effetti, si legge in modo chiaro che ci sono un direttore artistico e un creative director, due nomi importanti che sono, rispettivamente, Alessandro Michele e Christopher Simmonds. Questa semplice specifica fa subito comprendere che anche nel caso in cui a scattare non fosse stato un fotografo, c’è stato di sicuro un coordinamento molto dettagliato a distanza, una direzione da remoto per quel che riguarda la composizione dell’immagine, la posa, la scenografia e così via.
Basta un rapido sguardo ad alcune delle fotografie per rendersi conto che, a differenza della campagna di Zara, qui c’è una forte coerenza non soltanto dal punto di vista stilistico tra tutte, ma anche tra gli elementi presenti in alcuni scatti, che si richiamano a vicenda, nonché con le campagne precedenti, specie in quelle dirette da Alessandro Michele, la cui firma ha una specificità e peculiarità tale da saltare sempre all’occhio ed essere immediatamente identificabile.
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Nelle didascalie dei vari post, comunque, sono sempre dichiarati i credits fotografici, indicati foto per foto al modello o alla modella protagonista, e in alcune si leggono chiare specifiche, riportate come dichiarazioni dello stesso direttore artistico, sul fatto che la campagna ruota attorno a un ribaltamento dei ruoli (nel post della fotografia con la modella Vaquel Tyies, ad esempio, leggiamo che «at the heart of #GucciTheRitual is an overturning of roles, where the models are the photographers, taking self-portraits dressed in the #GucciFW20 collection»).
A confermarlo anche un breve video con diversi spezzoni registrati da diversi modelli in cui ritorna una dichiarazione a firma di Alessandro Michele che esplicita di aver lasciato loro la libertà di costruire una immagine che fosse rappresentativa il più possibile di loro stessi.
Sempre in una sua dichiarazione si legge che i modelli scelti sono alcuni di quelli che hanno collaborato più a lungo con lui e che hanno «unicità […] intensa passione e animi delicati». E, anche se si professa una rappresentazione di scene quotidiane e di «hyper-naturalism», non si può non sottolineare come la composizione di alcuni scatti sia tanto attentamente studiata da richiamare quelle sottoculture, specie quella camp, che sono già state riferimento culturale di campagne precedenti.
In questo caso, insomma, è palese che non si tratti solo di un modo per far fronte all’emergenza sanitaria in corso, quanto piuttosto di un progetto più articolato e ben studiato, in linea con quell’andare fuori dagli schemi cui Alessandro Michele ci ha già abituati da quando è in Gucci.
È la crisi della figura del fotografo nella moda?
Le campagne pubblicitarie scattate da modelli e modelle per Zara e Gucci – e in maniera più evidente la prima delle due – potrebbero essere viste come una delle tante iniziative che il settore della moda ha dovuto mettere in campo per rispondere in modo reattivo al periodo di emergenza sanitaria in corso, come del resto sono state le decisioni dei brand della moda contro il coronavirus (si pensi alla riconversione dei propri stabilimenti per la produzione delle mascherine o di camici) o delle sfilate a porte chiuse per la Milano Fashion Week 2020 o, ancora, di comunicazioni incentrate sul dare consigli ai propri clienti come trascorrere il proprio tempo in casa.
Non si può però non riflettere su come le campagne pubblicitarie scattate da modelli siano anche altro, specchio ad esempio di quella vera e propria moda del momento – scatenatasi durante il lockdown e resa virale soprattutto da personaggi del mondo dello spettacolo – di pubblicare selfie senza trucco sui propri canali social, specie su Instagram.
Se diverse condizioni di questo periodo sono da considerarsi quali possibili presupposti per dare una spiegazione a queste iniziative, non si può non aprire una riflessione anche su quanto si accennava precedentemente, in merito ad una apertura dei brand del settore della moda verso una estetica del “normale”, di una immagine non patinata e priva di imperfezioni, che stanno avendo sempre più presa anche tra le condivisioni di utenti e brand di altri settori addirittura su un social che ha fatto della ricercatezza estetica il proprio must.
Indipendentemente da se queste campagne siano state motivate dalle necessità imposte dalla pandemia o meno, è da considerare quindi che in ogni caso hanno segnato un precedente significativo nel settore della moda.
Inoltre, in particolare Gucci, che si colloca nel mondo del luxury fashion, sta disegnando, con Alessandro Michele nel ruolo di direttore artistico, un sentiero alternativo che per certi versi richiama quello delineato nel campo della fotografia di moda da Oliviero Toscani in Benetton già a partire dagli anni ’80/’90 – e che, tra l’altro, si ritrova anche in campagne più recenti come “Nudi Come” – e nella posa delle modelle davanti ai riflettori da Kate Moss (si pensi a quando – come sottolineato anche da Alessandro Baricco in “Palladium Lectures”, una sua lectio magistralis – appena sedicenne posava in modi totalmente anticonvenzionali, con smorfie e capelli in disordine).
In ultima analisi, occorrerebbe anche chiedersi se iniziative del genere non incrinino ulteriormente la rilevanza professionale della figura del fotografo, già scalfita da quelle evoluzioni tecnologiche – specie degli smartphone, con fotocamere sempre di più alta definizione e con la possibilità di editare le immagini con un semplice tap – che hanno fatto sì che tutti possano improvvisarsi in qualche modo fotografi di se stessi e delle proprie esperienze. Nel porsi questo quesito, però, bisognerebbe anche tenere in considerazione, di contro, che le competenze e le capacità di un professionista portano comunque a risultati differenti, più accurati, e la campagna di Gucci, che è stata diretta da remoto da figure professionali rilevanti, dimostra che pure quando il fotografo non è colui che scatta direttamente resta pur sempre un importante riferimento. Insomma, l’improvvisarsi fotografi può portare a prodotti visivi particolari (un po’ come nella campagna Zara), ma quando c’è unione e armonia tra creatività, studio e competenza il risultato è decisamente accattivante e originale.
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