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Il case study Dove: l'evoluzione del brand (e del concetto di bellezza) dagli anni 50 a oggi

Il case study Dove può fornire diversi spunti interessanti sull'importanza del brand purpose per il successo del business.

Nel corso degli anni Dove ha mantenuto molto dell'identità storica, ma il brand di proprietà Unilever ha anche intrapreso diversi cambiamenti che hanno permesso di rispondere alle esigenze del target e consolidare il proprio posizionamento nel mondo del beauty.

A maggio 2021 Dove è entrato nella top 10 dei marchi di beni di largo consumo più scelti al mondo, come emerge dalla classifica Brand Footprint di Kantar, e nel 2020 la marca del settore beauty è stata inserita nell’elenco dei 50 brand più amati a livello globale, come emerge dalla classifica di Morning Consult. Guardando alle origini e all’evoluzione di questo storico brand , il case study Dove può offrire diversi spunti interessanti sul ruolo del brand purpose per il successo del business.

Case study Dove: com’è cambiata la strategia comunicativa della marca

È possibile sostenere che la storia del brand ha avuto inizio con il lancio della famosa Beauty Bar: creata nel 1957, l’iconica saponetta è ancora oggi uno dei prodotti più facilmente riconducibili al brand di proprietà di Unilever. Come è possibile leggere sul sito di Dove non si tratta di «una semplice saponetta». Negli anni ’50 questa è stata presentata come una novità che avrebbe reso la saponetta tradizionale un qualcosa di «antiquato», come riportato in una pubblicità cartacea ideata dall’agenzia pubblicitaria Ogilvy.

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Posted by Ogilvy on Thursday, April 18, 2019

In effetti, in un altro annuncio (risalente sempre agli anni ’50) Dove promuoveva il prodotto presentandolo come una «fantastica scoperta nel mondo della bellezza»: a differenza di altri saponi presenti all’epoca sul mercato, la Beauty Bar – che contiene ancora oggi un quarto di crema idratante – sarebbe stata in grado non solo di detergere ma anche di nutrire la pelle, riducendo la possibilità di secchezza. Per questa ragione «lo chiamiamo sapone di bellezza», spiega Dove sul sito.

Annuncio di Dove per promuovere la Beauty Bar. case study Dove

Fonte: Dove

Partendo dallo storico prodotto, fin dalla nascita del brand il termine “bellezza” (“beauty“) è stato dunque sempre al centro della comunicazione di Dove; negli ultimi anni, però, il concetto è stato riproposto dalla marca in maniera ben diversa, allo scopo di ribaltare i canoni estetici tradizionali” e gli stereotipi radicati in questo settore.

A questo proposito, come è possibile udire in uno spot lanciato nel 2017 in occasione del 60esimo anniversario della saponetta Dove, «negli ultimi 60 anni la formula della Beauty Bar di Dove è rimasta uguale, ma quando si parla di bellezza tutto è cambiato. Insieme abbiamo ridefinito il concetto di bellezza, abbiamo detto no agli stereotipi e sì a tutti i tipi [di bellezza]».

Dalla funzionalità al brand purpose: la “vera bellezza” secondo Dove

Per molti anni la comunicazione di Dove è stata incentrata sull’aspetto funzionale dei prodotti: si pensi per esempio allo spot lanciato negli anni ’80, dove diverse donne raccontano la propria esperienza di utilizzo della Beauty Bar, elencando i benefici per la propria pelle, e a tanti altri annunci in cui la “superiorità” della formula Dove viene messa in risalto rispetto a quella dei competitor .

1980 Dove Soap “7-Day Test” TV Commercial
1980 Dove Soap

Nel corso degli anni Unilever ha riconosciuto l’importanza del brand purpose per il coinvolgimento dei consumatori e per la crescita del business e questa sempre maggiore consapevolezza è diventata più evidente a partire dagli anni 2000. In particolare, il lancio della campagna Dove For Real Beauty” nel 2004 ha segnalato l’inizio di un cambiamento importante nella strategia comunicativa di Dove.

Evoluzione del logotipo di Dove. Case study di Dove

Uno dei pochi e sottili cambiamenti nell’identità visiva del brand si è registrato proprio nel corso di quell’anno, quando la nota colomba dorata (simbolo di eleganza e di tenerezza) e la storica font (presente dal 1969) sono state sostituite da un design più moderno, trasmettendo l’idea di apertura al cambiamento. Questa propensione è diventata da quel momento sempre più evidente, soprattutto grazie alla costruzione di una strategia comunicativa improntata su una mission specifica: «aiutare le donne di tutto il mondo a sviluppare una relazione positiva con il loro aspetto, aiutandole ad accrescere la loro autostima e a realizzare il loro potenziale».

La campagna si è basata sui risultati della ricerca globale ”The Real Truth About Beauty” condotta dal brand, che ha messo in evidenza la «difficoltà delle donne e delle ragazze nel riconoscere la loro vera bellezza». Il tutto è partito con una mostra fotografica a Toronto – “Beyond Compare: Women Photographers On Real Beauty” – che è stata seguita da una serie di billboard, spot televisivi e annunci online in cui figuravano donne con taglie, età, colore di pelle e capelli diversi in foto pubblicate senza i ritocchi digitali generalmente applicati alle immagini pubblicitarie.

Billboard della campagna

Fonte: Time Magazine

Partendo da questa campagna sono poi state lanciate varie iniziative di marketing di grande successo mediatico come lo spot “Evolution” Del 2006, che richiama l’attenzione sul problema degli standard di bellezza irrealistici promossi dai brand, o il video del 2013 “Real Beauty Sketches“, in cui viene chiesto a un artista forense di disegnare il volto di diverse donne partendo dalla descrizione di se stesse, rivelando la percezione distorta e spesso negativa che molte donne hanno del proprio aspetto fisico.

Dove Real Beauty Sketches | Sei più bella di quello che pensi – Sottotitoli
Dove Real Beauty Sketches | Sei più bella di quello che pensi - Sottotitoli

Insieme al lancio della campagna “For Real Beauty” è nato nel 2004 il progetto Autostima Dove, ideato per «far sì che la bellezza sia una fonte di sicurezza e non di ansia», aiutando le nuove generazioni a «crescere con un rapporto positivo nei confronti del proprio aspetto». Per questo negli ultimi anni Dove ha creato dei programmi di formazione e delle risorse scaricabili gratuitamente per genitori, insegnanti ed educatori, ma anche varie iniziative mirate ad aumentare l’autostima delle ragazze: si pensi alla campagna “Reverse Selfie“, lanciata a giugno 2021, che mette in guardia dai pericoli della manipolazione digitale delle fotografie, sottolineando l’impatto che essa può avere sulle giovani donne e sulla percezione di sé.

Inoltre, con il progetto #ShowUs, avviato nel 2019, l’azienda ha puntato a promuovere la diffusione, attraverso i media e nel mondo pubblicitario, di immagini che si facciano portatrici di una visione più inclusiva di bellezza. E se negli anni ‘80 Dove chiedeva alle donne di raccontare la propria esperienza di utilizzo del prodotto, oggi il focus si è spostato sui consumatori. Per questo per iniziative come quella appena citata l’azienda ha chiesto a diverse donne di condividere la propria storia di vita e di parlare del rapporto che hanno con il proprio corpo: l’obiettivo è istaurare un rapporto con il proprio target , ma anche migliorare l’immagine del brand in quanto promotore di cambiamento.

Foto di donna che racconta propria esperienza come vittima di bullismo

Fonte: Dove

Far sì che ogni donna possa vivere un’esperienza positiva quando si parla di bellezza: è questo il brand purpose di Dove, come ha ammesso Sophie Van Ettinger in un’intervista a The Wall Street Journal.

Come ha spiegato la global brand vice president di Dove, per affrontare i diversi problemi della nostra società «possiamo rivolgerci ai governi, ai politici, ma credo che nel lungo termine ci rivolgeremo sempre di più ai brand per spingere il cambiamento». Consapevole dell’importanza dei valori e del brand purpose, «specialmente per le nuove generazioni», l’azienda parte da quest’idea per portare avanti la propria strategia comunicativa e per consolidare il proprio posizionamento nel settore beauty.

Sophie Van Ettinger shares how Unilever’s Dove delivers on brand purpose
Sophie Van Ettinger shares how Unilever’s Dove delivers on brand purpose

Dove, un brand di proprietà Unilever: l’impatto sulle altre marche della multinazionale

Dal case study Dove c’è un’altra interessante lezione che è possibile apprendere. Nonostante il grande successo di Dove “For Real Beauty, non sono mancate le voci più critiche che, guardando alla strategia di altri brand di proprietà Unilever (come Axe per esempio), hanno notato un netto contrasto con il cuore della nota campagna di Dove.

Anche se Unilever ha progressivamente apportato diversi cambiamenti al linguaggio e alla vision delle differenti marche, la forte polemica sollevata sembra essere un chiaro segnale di come la strategia comunicativa di una marca non dovrebbe mai essere sviluppata in maniera indipendente rispetto a quella delle marche che in qualche modo sono collegate (come Axe nel caso di Unilever e Dove).

Non è un caso che Unilever abbia deciso di rimuovere l’aggettivo “normale” dai prodotti appartenenti a tutti i suoi brand del settore beauty (non solo Dove e Axe, quindi, ma anche altri come Rexona e SunSilk): è stata una mossa pensata per promuovere un’idea di bellezza più inclusiva, evitando l’uso di un aggettivo che potrebbe risultare discriminante per qualcuno e cercando di uniformare il linguaggio utilizzato dalle proprie marche.

Dagli errori si impara? L’impegno di Dove verso la diversità e l’inclusione

Come è accaduto a tanti brand storici, anche Dove ha avuto diversi “incidenti di percorso” quando ha dovuto rispondere, più di una volta, alle accuse di razzismo.

Nel 2011 una pubblicità presentava l’utilizzo di un prodotto per la pelle, focalizzandosi sul prima e il dopo; una donna nera era però posizionata nella zona corrispondente al prima, mentre una donna bianca era collocata nella zona corrispondente al dopo.

Nel 2015, invece, la descrizione di una crema Dove – ritenuta da molti offensiva – presentava la seguente dicitura: «nutriente per pelli normali o scure».

Nel 2017 Dove è stata nuovamente oggetto di dure critiche in seguito al lancio di un video promozionale di Dove Body Lotion, in cui una donna nera, togliendo la propria maglia, si trasformava in una donna bianca. 

Il mea culpa pubblicato su Twitter, la recente rimozione dell’aggettivo “normale” dai prodotti beauty di Unilever e il lancio di diverse iniziative volte a promuovere un’industria più inclusiva sembrano essere frutto di un processo di apprendimento (forse un po’ troppo lento?, ndr) da parte della multinazionale. Considerando però l’attuale posizionamento del brand, che anche dopo questi incidenti continua a figurare nelle classifiche delle marche più amate a livello globale, sembra che l’impegno di Dove per correggere gli errori del passato e per promuovere il cambiamento abbia avuto degli effetti molto positivi.

Infatti, sulla scia della campagna “For Real Beauty” sono state sviluppate tante azioni di marketing pensate per contrastare il razzismo, per migliorare il rapporto delle persone con il proprio corpo e per spingere lo sviluppo di un’industria pubblicitaria più rappresentativa delle diversità delle donne e di individui non binari, anche priva di stereotipi e di standard di bellezza irrealistici e rappresentativa delle persone «così come sono realmente», senza ritocchi né filtri.

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