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Censurarsi pur di esserci? Il possibile ritorno di Facebook in Cina

Censurarsi pur di esserci? Il possibile ritorno di Facebook in Cina

Secondo il New York Times, per tornare in Cina Facebook starebbe valutando l'introduzione di un tool capace di censurare news e post scomodi.

Secondo il New York Times, Facebook avrebbe sviluppato in gran segreto un tool in grado di sopprimere messaggi e notizie d’attualità scomodi in modo tale da non farle apparire sulle timeline di persone residenti in aree geografiche specifiche. L’indiscrezione arriva da tre dipendenti – alcuni licenziatisi in segno di protesta – che avrebbero chiesto al quotidiano di rispettare l’anonimato, poiché quello di cui si parla sarebbe un software ancora in fase di sviluppo e perché si tratterebbe, al momento, di un progetto segreto. Non c’è alcuna certezza sull’effettiva presenza di questo tool, ma le recenti visite in Cina di Zuckerberg lasciano intendere un certo interesse della compagnia a ritornare in quel territorio.

I NUMERI DELLA CINA

Le persone che dispongono di un accesso ad Internet sono circa 721 milioni (dato aggiornato al 2016), pari al 52% della popolazione. Osservando i dati degli anni precedenti emerge che il trend delle persone connesse è destinato a crescere soprattutto considerando il ruolo da big player del paese nel mondo dell’eCommerce.

Fonte: internetlivestats.com

Queste cifre fanno gola a tante aziende informatiche che però non sono mai riuscite a penetrare con successo nell’area di riferimento a causa della censura imposta dal governo. Un portavoce di Facebook ha dichiarato al portale Fortune, nel novembre del 2016, di essere da tempo interessati alla Cina, ma nonostante lunghe fasi di studio e comprensione del settore IT del paese non avrebbero ancora preso una decisione definitiva circa l’approdo della piattaforma social in territorio orientale. L’obiettivo principale al momento sarebbe quello di aiutare le imprese e gli sviluppatori locali a crescere ed espandersi su nuovi mercati, esterni al proprio paese, utilizzando la piattaforma di advertising del gruppo; la compagnia, infatti, è attiva da qualche tempo sul territorio con un ufficio a Hong Kong, dove è presente un team orientato alla vendita di spazi pubblicitari alle aziende locali che intendono raggiungere potenziali clienti all’estero.

IL POSSIBILE RITORNO DEL social network

Al momento se ci si trova in quella determinata area geografica è possibile accedere a Facebook esclusivamente attraverso VPN, poiché nel 2009 il governo cinese ha deciso di bandire il social network americano. Come altre numerose big company statunitensi, durante gli anni sono state valutate varie possibilità per ritornare in quel territorio, considerando soprattutto l’enorme potenziale di crescita che, con più di un miliardo di utenti, potrebbe offrire all’azienda. In molti hanno accettato di modificare i propri servizi pur di essere accessibili alla popolazione locale, ma con scarso successo. Ad esempio Google ha progettato una versione del proprio motore di ricerca rispettoso delle linee guida del paese, ma nel 2010, in seguito ad attacchi informatici che avevano probabilmente come mandante lo stesso regime, si è ritirato da quell’area.

Navigando sulla pagina riguardante i rapporti sulle richieste provenienti da enti governativi, è possibile verificare come il social network abbia già applicato la censura più volte quando a richiederlo sono stati paesi come la Turchia, il Pakistan e la Russia. In questo caso si tratta però di contenuti rimossi dopo essere stati pubblicati, mentre il tool consentirebbe a terze parti (quindi nel caso cinese un partner governativo) di controllare i post e le notizie pubblicate prima che finiscano nelle timeline degli utenti. L’operazione consentirebbe finalmente alla piattaforma social di tornare nel paese aggirando il Golden Shield Project, un sistema di censura e sorveglianza gestito dal Ministero della Pubblica Sicurezza cinese che blocca l’accesso a siti ritenuti poco sicuri dalle autorità.

UN CAMBIO D’IDENTITÀ

Cambiare radicalmente l’identità del proprio prodotto per entrare in un mercato potenzialmente ricco, ma soprattutto con pochi player occidentali, porrebbe la compagnia in una posizione decisamente ambigua, soprattutto in un momento storico in cui in Occidente tiene banco la lotta alle fake news. La domanda che molti si pongono, allora, è: se l’azienda è stata capace di sviluppare questo tool in grado di evitare la pubblicazione di notizie e post scomodi, perché non utilizza questo prodotto in altre aree geografiche per bloccare la diffusione di notizie false? È evidente come Facebook stia valutando attentamente ogni singolo movimento, cercando di evitare la creazione di un precedente e non incorrere nel prossimo futuro in richieste simili da parte di altri paesi dove il social network è attualmente presente.

Il ritorno della piattaforma in Cina, comunque, potrebbe essere considerato un eccellente traguardo per la compagnia, ma ad uscirne meglio sarebbe decisamente il Partito Comunista: oltre a far apparire la Cina come un paese aperto che consente a grandi aziende estere di operare nei propri territori, vedrebbe legittimato il proprio regime di censura. La vera vittoria per il paese ed il PCC potrebbe essere l’aver creato un precedente storico: se volete fare affari, lo si fa alle nostre condizioni. Condizioni che probabilmente avranno accettato anche a Mountain View, per essere presenti con Google Maps a Pechino nonostante il motore di ricerca sia attualmente bandito, oppure con LinkedIn che è presente ma con delle limitazioni.

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