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Cibo e lavoro: può un pasto incidere sulla fiducia?

Cibo e lavoro: può un pasto incidere sulla fiducia?

Può un pasto incidere sulla fiducia in ambiente di lavoro? Secondo alcuni studi sì: scegliere cibo uguale o simile migliorerebbe i rapporti.

Costruire rapporti basati sulla fiducia con clienti e dipendenti è una sfida che dipende da diversi fattori non sempre gestibili o facilmente controllabili. L’esperto di neuromarketing  Roger Dooley – quasi sulla scia dell’espressione di Feuerbach “siamo ciò che mangiamo” – spiega che l’ora del pasto può invece essere un buon punto di partenza per lo sviluppo di forti legami. Per questo motivo è necessario riflettere attentamente sul piatto da scegliere in base a chi ci si trova di fronte. Mangiare, infatti, non è semplicemente un bisogno fisiologico: le persone intorno a un pasto si radunano, scambiano idee, prospettive ed esperienze, realizzando così un momento di condivisione e di socializzazione. Non è un caso, poi, che la cultura e l’identità di un popolo vengano definiti anche in base a gastronomia comune, tradizioni culinarie e ingredienti più utilizzati, divenendo così naturale motivo di aggregazione.

Studi condotti dall’Università di Chicago dimostrano che gli individui sono più propensi a stabilire forti legami con chi manifesta preferenze di cibo simili: sembra, infatti, che ci si fidi maggiormente della persona con cui si condivide il momento del pasto, consumando lo stesso tipo di alimento. Secondo Roger Dooley, infatti, l’esistenza di un «menu singolo e fisso dovrebbe promuovere fiducia e cooperazione».

Diverse aziende hanno deciso di prendere in considerazione il corporate lunch, ritenendolo un investimento strategico per sviluppare rapporti di maggior cordialità tra lavoratori. Canva, azienda di graphic design, ha deciso di optare per un pranzo gratuito per tutti i suoi dipendenti alla stessa ora, per promuovere e stimolare la condivisione, anche al di fuori dell’orario di lavoro.

Gli studi di Chicago, a favore di questa tesi, dimostrano anche che, a differenza di altri aspetti come gusti musicali o ideologie politiche, l’impatto delle preferenze gastronomiche sulla fiducia avviene a livello incoscio. Se da un lato, infatti, gli individui esaminati dichiaravano di fidarsi di più di persone che votavano per lo stesso candidato presidenziale, dall’altro non si rendevano conto di fidarsi anche di più di individui che mangiavano lo stesso piatto. Laura Cavanagh, docente di Scienze comportamentali che ha contribuito alla ricerca, ha spiegato che «usiamo molte scorciatoie per decidere di chi dobbiamo fidarci o meno». Si tratta di una sorta di «istinto animale» spiegato dalla docente con l’espressione «so che è sicuro il cibo che stai mangiando, dunque so che anche tu sei sicuro». In effetti, si ritiene che la capacità umana di processare informazione in maniera veloce sia stata altamente funzionale alla sopravvivenza della specie, agevolandone l’adattamento al contesto.

Per giungere a queste conclusioni l’Università di Chicago ha realizzato diversi test. In uno di questi veniva chiesto a 96 persone di mangiare un Kit Kat guardando alcuni video che ritraevano prodotti diversi presentati da  testimonial che mangiavano Kit Kat o uva o niente. Ai partecipanti è stato chiesto di valutare il grado di onestà dell’informazione presentata in una scala da 0 a 6 (da per niente onesto a molto onesto). Il video che mostrava il testimonial che mangiava il Kit Kat ha ottenuto un punteggio medio di 3.21, quello in cui la persona mangiava uva ha ottenuto il 2.79, mentre infine il video in cui veniva mostrato il testimonial che non mangiava niente ha ottenuto soltanto il 2.28 nella scala di fiducia. Il punteggio, quindi, è stato più elevato quando all’interno del video veniva consumato lo stesso prodotto dei partecipanti al test, attestando quanto affermato in precedenza circa la fiducia instaurata a livello inconscio in base al cibo.

La scelta del cibo, comunque, può essere utilizzata anche in maniera strategica come un escamotage per coinvolgere determinate persone in un dialogo in momenti di maggiore relax, come ad esempio quando ci si concede una pausa dal lavoro. Nell’ambiente lavorativo, infatti, non sempre si presenta l’opportunità di parlare dei propri hobby, di cultura, di gusti musicali. Il momento del pasto, dunque, può diventare uno strumento utile a promuovere cooperazione e dialogo con clienti, dipendenti e colleghi. La scelta di un pasto uguale o simile può contribuire a costruire giudizi positivi nei confronti degli altri.

È doveroso precisare, però, che si tende a fidarsi non semplicemente di chi condivide la stessa pietanza, ma di chi esprime le nostre stesse preferenze anche in altri campi, così come di chi mostra di avere atteggiamenti e idee simili ai nostri. Questo perché ciò che è noto o familiare dovrebbe comportare un rischio minore o sembrare meno minaccioso. A tal proposito, l’University of Royal Holloway London, in seguito ad una ricerca, è giunta alla conclusione che siamo più propensi a fidarci di persone con caratteristiche fisiche simili alle nostre. Secondo il ricercatore Harry Farmer, nello specifico, siamo più propensi ritenere affidabili persone più simili a noi.

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