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Cinema: le strategie del mercato nell’era della net economy

Cinema: le strategie del mercato nell’era della net economy

In che modo la produzione e la distribuzione cinematografica sono cambiate con la rivoluzione digitale del cinema?

L’industria dei media sta affrontando con non pochi contraccolpi il processo di trasformazione della convergenza mediale: non solo fusione tecnologica, ma creazione di contenuti transmediali. La rivoluzione digitale non è solo il passaggio dalla tecnologia analogica a quella digitale, ma la capacità di trasformare un’emozione in bit: suoni, testi, immagini digitali codificati e dotati della capacità di rendere unica un’esperienza e mantenere un elevato standard qualitativo.

Uniti da una volontà comune – cioè quella di attrarre l’attenzione di un telespettatore-ascoltatore-consumatore – tutti i media hanno intrapreso la strada della convergenza con l’intenzione di creare nuovi modelli economici. Come ha osservato, tra gli altri, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), «lo sviluppo della tecnologia digitale sta ridisegnando i confini tra i diversi servizi di telecomunicazione, le trasmissioni radiotelevisive ed i servizi informatici on line. Tradizionalmente, infatti, tali servizi erano forniti attraverso reti e piattaforme differenti; oggi, invece, la tecnologia digitale è in grado di fornire una codificazione comune e una maggiore capacità di banda così da poter veicolare più servizi di comunicazione sulle stesse reti. Paradigma del veloce progredire di tale fenomeno di convergenza è il rapido sviluppo di Internet, rete delle reti, oramai in grado di fornire una varietà completa di servizi di comunicazione, compresa la telefonia vocale e la televisione».

I colossi mediatici funzionano in base a due principi generali: ampliarsi sempre di più per dominare i mercati e impedire alla concorrenza di acquisire il controllo delle società (aziende come Disney e Time Warner sono triplicate per dimensioni nel corso degli anni Novanta, ndr); avere interessi in numerose industrie di media, produzione cinematografica, editoria, musica, canali televisivi, parchi di divertimento, riviste, quotidiani.

Negli ultimi decenni, le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) hanno assunto un’importanza crescente, risultando sempre più determinanti per le attività economiche, creando “new economy”, “net economy”, “società dell’informazione”, “economia della conoscenza” o “knowledge based economy”.

Nuovi orizzonti per il mercato del cinema

Come sta reagendo il mercato del cinema? Quali sono le prospettive che si stanno delineando? L’avvento di Internet ha avuto profonde influenze sui media tradizionali, ma non ne ha ancora determinato l’obsolescenza e la morte. Nonostante un innegabile cambiamento, tuttavia, il previsto abbandono dei vecchi media non è affatto avvenuto: «vecchi e nuovi media sono stati costretti a coesistere», profetizzava Jenkins, già nel 2007 nel suo “Cultura Convergente” (Apogeo, Milano). Ad essere rimpiazzati sono stati gli strumenti di accesso ai contenuti (tecnologie di delivery), non i media, che piuttosto evolvono. «Ecco perché – continua l’autore – la convergenza, piuttosto che il paradigma della rivoluzione digitale, sembra essere la spiegazione più plausibile del cambiamento mediatico degli ultimi anni. Lungi dall’essere sostituiti i vecchi media vedono trasformare la loro funzione e il loro status, per effetto dell’introduzione di nuove tecnologie». 

Il rapporto tra il cinema e la pubblicità è da sempre uno dei più interessanti, quanto tra i più proficui per gli inserzionisti. La crisi economica mondiale degli ultimi anni, l’avvento delle nuove tecnologie, il cambiamento nelle consuetudini causa social media non hanno ancora detronizzato il cinema come forma più apprezzata di intrattenimento. L’evasione dalla realtà come necessità colpisce senza differenza di età, sesso o etnia. Il bisogno di intrattenimento non ha cambiato la natura del cinema, ma ne ha cambiato le vesti, rispondendo all’esigenza di distinguersi come “intrattenimento di massa” dalla visione solitaria e casalinga dello streaming legale o meno. In particolare, è osservabile l’evoluzione dei luoghi di consumo d’intrattenimento: ad oggi, il maggior consumo cinematografico si riscontra in luoghi predisposti per l’acquisto come i centri commerciali o luoghi che ne replicano le modalità di offerta come i multisala.

Per tutti gli anni ’80 la domanda di film è aumentata a livello mondiale, con un tasso senza precedenti. L’assetto politico mondiale ed economico era in fermento a causa di diversi fattori tra cui la crescita economica dei paesi dell’Est europeo e dell’America Latina, la fine della guerra fredda, lo sviluppo di nuove tecnologie e, non ultimo, la privatizzazione dei broadcasting statali in moltissimi paesi. Negli Stati Uniti la crescita della domanda ha fatto aumentare la produzione di film destinati al mercato domestico da una media di 350 film all’anno nel 1983 a 600 nel 1988 grazie al contributo soprattutto delle cosiddette “mini-majors” – Orion Pictures, Cannon Films e Dino De Laurentiis Entertainment – e le case di produzione indipendenti come Atlantic Release, Carolco, New World, Hemdale, Troma Island Alive, Vestron e New Line.

Nel decennio successivo i ricavi ottenuti dal mercato dell’home video hanno registrato una crescita tale da dare un impulso incredibile a tutti i settori coinvolti nella produzione e distribuzione cinematografica, elemento trainante dell’industria del cinema: dal 1986 al 1991 la quota di ricavi derivanti dall’home video è passata dal 35,9% al 42,6% delle entrate totali delle società cinematografiche americane in tutto il mondo.

La distribuzione sul web

L’inizio della distribuzione via Internet di opere cinematografiche risale al 1999, anno di fondazione della società americana di distribuzione di video online CinemaNow. I titoli del catalogo home video venivano offerti a noleggio un mese dopo la loro prima commercializzazione sul mercato e le tariffe variavano a seconda della data di uscita e della popolarità dei diversi titoli, tutti distribuiti in modalità streaming o tramite download del file.

Questo modello di business ha subito una profonda evoluzione nel 2006 quando i sei maggiori studi cinematografici di Hollywood (Paramount, Universal, Sony, Warner Bros., Twentieth Century Fox e MGM) diedero inizio alla distribuzione simultanea delle nuove uscite home video sia in formato fisico (DVD, VHS), sia attraverso piattaforme online (quali CinemaNow e Movielink). Questa ridefinizione della finestra di distribuzione digitale ha permesso al consumatore di vedere il film desiderato dal proprio computer il giorno stesso dell’uscita in DVD, al prezzo di 20-30 dollari. Diversamente da quanto avveniva in precedenza, inoltre, il nuovo modello prevedeva un processo equivalente non più al noleggio, ma alla vendita effettiva del film. Tutto ciò ha prodotto una riformulazione della catena del valore delle merci filmiche, ma non ne ha scalfito il valore.

I film di maggiore successo commerciale (blockbuster) costituiscono un importante fattore strategico nelle nuove imprese multimediali; le pellicole, infatti, sono parte integrante di una complessa e accuratamente pianificata catena del valore, la cui struttura vede il succedersi di diverse strategie, oramai consolidate:

  • ricerca dei professionisti del mondo dello spettacolo (non solo cinematografico, ma anche musicale, sportivo, della moda, etc.) in grado di garantire la massima visibilità al prodotto, controllando i margini di incertezza commerciale;
  • progettazione coordinata del film e dei prodotti editoriali (fumetti, romanzi che ne sviluppano la storia), ludici (giocattoli e videogiochi) e discografici (pubblicazione della colonna sonora del film) connessi;
  • programmazione delle finestre di distribuzione al fine di massimizzare la redditività del prodotto cinematografico (servizi pay-per-view, sui canali pay-tv, televisioni in chiaro);
  • commercializzazione del merchandising del film.

Questo è il crossover che dà vita alla cultura cinematografica popolare, intesa come proprietà di chi la recepisce, appropria e reinventa in formule diverse per poi ridistribuirla.

Il mercato cinematografico, infine coglie la grande potenzialità dei social, luogo virtuale che però dà la possibilità di interagire con persone che coltivano gli stessi intere, creando una forma di scambio e confronto. Le grandi corporation dei media, infatti, hanno preso atto del valore che la partecipazione dei fan aggiunge alle loro produzioni. Produttori e pubblicitari parlano oggi di “capitale emozionale” o di “lovemarks” per riferirsi all’importanza dell’investimento e del coinvolgimento dei pubblici nei contenuti mediatici. Dunque, anche il cinema oggi è social.

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