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Dalle stazioni di carica ai parchi social free: così gli smartphone hanno cambiato le città

gli smartphone hanno cambiato le città

Gli smartphone hanno cambiato le città e continueranno a farlo, forse in maniera persino più sostanziale, anche in futuro. Come? E perché?

Il futuro, imminente, è delle smart city: città connesse, in cui la mole di grandi e piccoli dati su abitanti, imprese, trasporti, eccetera dovrebbe, per esempio, rendere la vita davvero intelligente e di certo più pratica. Già adesso, però, è tempo di chiedersi come gli smartphone hanno cambiato le città e, meglio, come la nostra dipendenza da tecnologie e servizi digitali sta dando una nuova forma agli ambienti fisici, collettivi, in cui viviamo.

Se gli smartphone hanno cambiato le città è perché creano bolle private in spazi pubblici

L’ipotesi teorica, quella fornita dal Laboratorio di Design Urbano Contemporaneo dell’Università di Tel Aviv, è che, anche quando si considera la dimensione prettamente spaziale, il limite, il confine tra pubblico e privato è ormai sempre meno netto e definito. Chi usa uno smartphone, più di quanto avvenisse qualche anno fa per chi possedeva un semplice telefono cellulare, è oggi convinto di poter mantenere la propria privacy anche quando cammina per strada, per questo non si sottrae per esempio dal fare pubblicamente delle telefonate, indipendentemente dalla loro natura privata o lavorativa.
Impegnati a interagire con i nostri dispositivi mobili e con cose, persone, spazi — anche distanti — a cui ci danno accesso, saremmo sempre meno presenti negli spazi fisici e tangibili in cui pure ci muoviamo.

Anche a non voler ammettere che gli smartphone hanno cambiato le città, insomma, non si può non ammettere come questi, e tutta la tecnologia portatile di cui sono civetta, abbiano già cambiato il nostro modo di vivere gli spazi pubblici della città. Il cittadino che si aggira con gli auricolari nelle orecchie e lo smartphone alla mano, da cui grazie ad assistenti vocali e domotica può controllare per esempio gli elettrodomestici di casa, è l’immagine perfetta di quella «bolla privata», tanto decantata in letteratura, in cui continueremmo a muoverci anche quando siamo fuori da spazi tradizionalmente privati come il salotto di casa.

Il corollario di tutto questo sarebbe, ancora secondo il gruppo di studio, una maggiore propensione da parte del cittadino–utente a infrangere norme sociali e di comportamento uniformemente accettate e persino, in qualche caso, a mostrarsi, se non irrispettoso, incurante almeno degli stessi spazi urbani.

Piste per chi usa lo smartphone anche in strada e paracolpi sui lampioni: così le città si adattano alla penetrazione tecnologica

A metà tra provocazione e campagne di sensibilizzazione, così, nel tempo numerose iniziative hanno modificato, fisicamente, gli spazi delle nostre città per renderli più adatti, persino più sicuri, in considerazione della nostra dipendenza da smartphone.
Nell’estate del 2014, per esempio, il National Geographic aveva fatto disegnare una particolare pista sulla Diciottesima Strada di Washington a prova di chi chattasse o giocasse col telefono mentre camminava: era chiaramente una provocazione in risposta a dati secondo cui il numero di pedoni feriti a causa della loro stessa distrazione era aumentata nel tempo e a contingenze che avevano costretto lo stato dello Utah, per esempio, a introdurre una multa proprio per questo tipo di incidenti.
Qualche mese più tardi a Chongqing, in Cina, le cosiddette cellphone lane – come delle piste ciclabili, appunto, ma appositamente pensate per chi non riesce a staccare nemmeno per strada gli occhi dallo schermo dello smartphone – erano diventate realtà e rappresentavano il primo segno evidente di come anche l’architettura delle città sarebbe stata soggetta, in un futuro tutt’altro che remoto, a una trasformazione orientata dalle tecnologie digitali, anche di largo consumo, e dalla loro forte penetrazione a livello sociale.

gli smartphone hanno cambiato le città cellphone lane in Cina

Le cellphone lane di Chongqing, in Cina, evitano incidenti per i pedoni distratti dallo schermo degli smartphone.

Più di recente anche le città europee hanno dovuto fare i conti con un uso pervasivo di smartphone e co. che, se anche non dovesse avere gli effetti catastrofici su psiche, capacità relazionali o umore spesso paventati, di certo abbassa le soglie d’attenzione. Quando si è fuori casa questo minus di attenzione si può tradurre in incidenti e infortuni più o meno gravi, tra le altre cose. È per questo per esempio che ad Augusta, in Baviera, sono in fase di test degli speciali semafori a terra, pensati appositamente per evitare che chi abbia la testa china sullo smartphone attraversi la strada incurante del rosso o senza aver prima controllato che non arrivino veicoli e mezzi pubblici. La cronaca, del resto, non è immune da casi di incidenti che hanno avuto come vittime o feriti proprio pedoni distratti dallo smartphone.

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Ad Augusta, in Baviera, degli speciali semafori vengono posizionati a terra negli attraversamenti pedonali, per evitare incidenti causati da chi ha la testa china sullo smartphone.

Più di recente, sui lampioni di Bolzano sono comparsi degli speciali paracolpi, pensati appositamente per chi, troppo impegnato e con la testa china sullo schermo, non sia in grado nemmeno di schivare un ostacolo evidente come un palo della luce. L’iniziativa di ambient marketing fa parte di #staysmart, una campagna di comunicazione pubblica che invita a un uso consapevole della tecnologia, fuori e dentro casa.

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A Bolzano, sui pali della luce, sono comparsi degli speciali paracolpi: sono dedicati a chi ha una dipendenza da smartphone e co. e non stacca mai lo sguardo dai loro schermi, rischiando di prendere in pieno anche i lampioni.

Se nel tempo tanto è stato detto, infatti, sui rischi che si corrono per esempio quando si messaggia mentre si guida o su come smartphone e altre tecnologie digitali rischino di farci diventare degli smombies (cioè letteralmente degli zombie con lo smartphone), non sempre si è prestata abbastanza attenzione ai rischi sociali e ambientali che derivano da uno scorretto utilizzo della tecnologia: chi sapeva per esempio che l’utilizzo dei dati mobili, in certe circostanze, può gravare sull’inquinamento elettromagnetico e che, per questo, sarebbe sempre meglio lasciare acceso il WiFi in modo da permettere lo switch automatico quando viene trovata una Rete accessibile o già nota?

Un parco in città che ci ricorda l’importanza di disconnetterci

Se gli smartphone hanno cambiato le città, e continueranno a farlo in futuro in maniera persino più consistente, sembra essere insomma prima di tutto per non trasformare gli stessi spazi comuni in luoghi pericolosi per chi li abita. Va da sé, del resto, che una città davvero intelligente è una città che provvede ai bisogni dei suoi cittadini e, in qualche caso, addirittura li prevede.
È così che a Balestrate, un paese della provincia di Palermo, sta per nascere il primo parco «Facebook-free» – così ama chiamarlo il gruppo di genitori che lo ha ideato – di tutta Italia. Al suo interno? Si potrà passeggiare, prendere il sole, chiacchierare e i più piccoli – il parco sorgerà, infatti, all’interno di una scuola – potranno approfittare di un’area giochi attrezzata e accessibile anche ai disabili. Banditi invece i selfie da postare su Facebook e co. e, più in generale, il tempo da passare connessi. L’idea infatti non è solo quella di approfittare dell’aria aperta e di riscoprire il bello delle relazioni faccia a faccia, ma anche e soprattutto di concedersi una pausa detox da tecnologie e ambienti digitali. Per l’ultima ragione ci saranno degli appositi armadietti all’entrata del parco in cui riporre smartphone e altri dispositivi mobili e uno speciale timer che conterà, per ogni avventore, i minuti di astinenza dai social.

Mentre per anni abbiamo preteso, insomma, stazioni di carica predisposte e WiFi gratuiti come simboli di inclusione e diritti – rispettati – di cittadinanza, con la quantità di tempo che passiamo su Facebook e co. in aumento costante e con una certa pressione sociale che sentiamo venire proprio dagli ambienti digitali, non sorprende che tocchi ora alle nostre città, al contrario, ricordarci di staccare la spina.

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Un rendering del primo parco “Facebook-free”: sorgerà in provincia di Palermo.

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