Home / Macroambiente / Contest e concorsi a premi online: normativa italiana e problema del “minimo valore”

Contest e concorsi a premi online: normativa italiana e problema del “minimo valore”

concorso a premi online

La disciplina dei concorsi a premi online e offline e la modifica della “soglia” delle esenzioni per minimo valore apportata dal MiSE.

Non c’è dubbio che l’avvento e la diffusione massiva della Rete abbia dato nuova linfa ad un fenomeno molto risalente e radicato, ovverosia quello dei concorsi e delle operazioni a premi. Internet, infatti, ha reso comune la nozione (oggi usata e abusata) di “contest“,  per indicare tutte quelle iniziative con le quali, a fronte di un determinato comportamento o di una certa attività, uno o più soggetti vengono ricompensati con una data attribuzione patrimoniale o non patrimoniale. Le modalità attraverso cui si svolgono i concorsi a premi online, poi, sono le più disparate, senza contare che molto spesso gli utenti partecipano ai concorsi in parola senza aver ben chiara la dimensione giuridica degli stessi, credendo si tratti poco più che di un gioco.

Per contro – e proprio in virtù dell’equivoco in questione – non è da escludere che gli stessi organizzatoriabusino” della loro posizione di supremazia, celando oneri o arrogandosi poteri e diritti non spettanti.

L’impressione che si può avere, allora, del fenomeno è quella di un gigantesco caos, nell’ambito del quale tutto è ammissibile.

Dal caos all’ordine: la disciplina normativa

Le cose, tuttavia, non stanno affatto così, giacché il nostro ordinamento detta in proposito una regolamentazione specifica, contenuta nel D.P.R. 26 ottobre 2001, n. 430, recante il “Regolamento concernente la revisione organica della disciplina dei concorsi e delle operazioni a premio, nonché delle manifestazioni di sorte locali“.

Occorre, quindi, precisare che la normativa in parola regola – per sua espressa previsione (art. 1) – «concorsi e le operazioni a premio di ogni specie», allorché  finalizzati «a favorire, nel territorio dello Stato, la conoscenza di prodotti, servizi, ditte, insegne o marchi o la vendita di determinati prodotti o la prestazione di servizi, aventi, comunque, fini anche in parte commerciali». 

Il tratto distintivo dei concorsi a premi soggetti alla normativa del 2001, quindi, è anzitutto individuato nel binomio promozionalitàcommercialità.

La promessa al pubblico e le previsioni del codice civile

In senso più ampio, comunque, va detto che le operazioni a premi costituiscono, secondo il diritto civile, delle promesse unilaterali interessate. In particolare, l’art. 1989 del codice civile prevede come «colui che, rivolgendosi al pubblico promette una determinata prestazione a favore di chi si trovi in una determinata situazione o compia una determinata azione, è vincolato dalla promessa non appena questa è resa pubblica». La promessa, poi, ai sensi del successivo art. 1990 c.c., può sì essere revocata dal promittente, ma solo per giusta causa e dando all’atto di ritiro una pubblicità analoga a quella dell’atto di promessa. In ogni caso, se l’evento cui è legata la vincita si è già verificato, la revoca non produce effetti.

Si dice poi che la promessa è interessata giacché, come si è visto, il promittente del concorso a premi mira a realizzare uno scopo commerciale di tipo promozionale (dunque uno scopo egoistico) e non già quindi a provocare un puro e semplice arricchimento del promissario.

Occorre poi distinguere tra concorsi a premi (contraddistinti dall’alea o legati a prove di abilità) e operazioni a premio (caratterizzate invece dall’attribuzione automatica del premio a fronte dell’acquisto di un certo quantitativo di beni o servizi, eventualmente documentato attraverso i classici “bollini” o “punti”, artt. 2-3 DPR 430/01).

premi, poi, possono consistere in «beni, servizi, sconti di prezzo e documenti di legittimazione» (cioè “biglietti” per fruire di beni o servizi), purché suscettibili di valutazione economica e soggetti all’IVA. Si può trattare, ancora, di giocate del lotto e biglietti delle lotterie nazionali (art. 4 DPR 430/01).

Cosa NON è un concorso o una operazione a premi

L’art. 6 del citato DPR, poi, individua taluni casi che non ricadono nella materia in esame. Si tratta, più specificamente:

1) dei concorsi relativi ad opere letterarie, artistiche o scientifiche, ovvero progetti o studi in ambito commerciale o industriale, laddove il premio abbia carattere di corrispettivo di prestazione d’opera o rappresenta «il riconoscimento del merito personale o un titolo d’incoraggiamento nell’interesse della collettività»;

2) di quelle manifestazioni in cui «l’assegnazione di premi da parte di emittenti radiotelevisive a spettatori presenti esclusivamente nei luoghi ove si svolgono le manifestazioni stesse, sempreché l’iniziativa non sia svolta per promozionare prodotti o servizi di altre imprese»;

3) di quelle operazioni in cui il premio consiste in uno sconto «sul prezzo dei prodotti e dei servizi dello stesso genere di quelli acquistati o da sconti su un prodotto o servizio di genere diverso rispetto a quello acquistato, a condizione che gli sconti non siano offerti al fine di promozionare quest’ultimo, o da quantità aggiuntive di prodotti dello stesso genere»;

4) di quelle manifestazioni nelle quali i premi sono costituiti da buoni da utilizzare su una spesa successiva presso il medesimo soggetto;

5) delle manifestazioni che prevedono l’attribuzione di premi di minimo valore, se quest’ultimo non è collegato all’ammontare delle vendite;

6) delle manifestazioni che prevedono premi destinati a enti od istituzioni di carattere pubblico o che perseguono fini sociali o benefici.

L’OSCURA NOZIONE DI MINIMO VALORE

Come abbiamo appena visto, una delle ipotesi di esenzione della disciplina normativa in esame è quella relativa all’ipotesi in cui la manifestazione a premi attribuisca ai beneficiari solo beni di “minimo valore”. Si tratta, per la verità, di un caso di esclusione particolarmente importante, soprattutto con riferimento ai contest online, che usualmente mettono in palio beni di valore piuttosto modesto. Eppure, in ordine alla esatta perimetrazione del concetto di minimo valore il Ministero dello Sviluppo Economico (MiSE) è risultato a più riprese alquanto in difficoltà. Infatti, pare opportuno sottolineare che il Ministero in passato aveva accolto l’interpretazione che di tale nozione aveva offerto l’Agenzia delle Entrate (si, badi, però, ai diversi fini dell’operatività delle ritenute fiscali), ritenendo che non fossero soggette alle formalità del DPR 430/01 le manifestazioni nelle quali il premio corrisposto non eccedesse i 25,82€, sempre che ovviamente il partecipante non avesse avuto la possibilità di accaparrarsi più di un premio, nel qual caso il valore soglia si sarebbe comunque ritenuto ecceduto. Questa soluzione, invece, è stata da ultimo sconfessata dalla stessa Agenzia delle Entrate. In particolare, sulla base di un parere-nota dell’organo dell’Amministrazione Finanziaria, si è concluso che il riferimento all’importo di 25,82€ rappresenta una scelta ad hoc compiuta dal Legislatore esclusivamente per le operazioni a premio e peraltro – si ripete – al fine di disciplinare l’obbligo di ritenuta alla fonte, dunque un profilo squisitamente fiscale. Di conseguenza, «risulterebbe ingiustificata qualsiasi interpretazione estensiva della norma in esame». Quel che ne deriva, allora, è un vero e proprio rebus giuridico-amministrativo, giacché in buona sostanza il MiSE afferma che la soglia dei 25,82€ dovrebbe allora valere solamente per le operazioni a premio. Non è del tutto comprensibile, però, se questa soglia, almeno per le operazioni a premio, mantenga rilievo anche ai fini dell’esenzione dalla disciplina qui d’interesse (ovverosia quella che regola le manifestazioni a premio) ovvero se ora risulti del tutto irrilevante a tale scopo (essendo “ritornata” nel suo alveo fisiologico, cioè quello fiscale). Verosimilmente conscio del vero e proprio caos che il criptico parere dell’Agenzia delle Entrate reca con sé e non ritenendo di impegnarsi in proprio nel fornire delle indicazioni chiarificatrici, il MiSE sceglie di compiere, sostanzialmente, un passo indietro: si ritorna, infatti, alla soluzione adottata in passato, ovverosia quella di ancorare, per ogni tipo di manifestazione a premio, il concetto di minimo valore al significato estremamente restrittivo che di tale nozione offriva l’abrogato art. 107 del Regio Decreto 1077 del 1940 (recante Regolamento sui Servizi del lotto e sul personale delle ricevitorie). In conclusione, quindi, ad oggi può dirsi che ad essere esclusi sono solo beni quali «lapis, bandierine, temperini, calendari e simili». Lo stesso Ministero, tuttavia, pare considerare temporanea la soluzione in questione, ritenendo la stessa valevole «in attesa che vengano definitivamente chiariti gli ambiti applicativi del concetto». Sul punto, quindi, occorrerà attendere le prossime evoluzioni amministrative o (preferibilmente) legislative.

Quando NON può indirsi una manifestazione a premi

L’ordinamento, in ogni caso, vieta lo svolgimento delle manifestazioni a premi in alcuni casi, disciplinati dall’art. 8 del Regolamento, vale a dire:

a) allorché esse abbiano carattere “fraudolento“, ovverosia non garantiscano la pubblica fede e la parità di trattamento e di opportunità per tutti i partecipanti;

b) nei casi in cui sussiste un monopolio statale;

c) se si realizza una violazione della concorrenza e del mercato in relazione ai principi comunitari;

d) se i prodotti promossi sono soggetti a divieti di legge;

e) se vi sono violazioni delle disposizioni del DPR 430/01 (salvo che per gli adempimenti procedurali di cui all’articolo 10, comma 1).

Più in generale, la violazione della normativa in questione costituisce illecito amministrativo punito ai sensi del Regio Decreto Legge 19 ottobre 1938, n. 1933 che, all’art. 124, prevede specifiche sanzioni per ciascuna tipologia di violazione.

Lo svolgimento delle manifestazioni a premi

Fatte le debite precisazioni in termini generali, è opportuno soffermarsi nel dettaglio su cosa prevede la normativa per lo svolgimento dei concorsi.

Organizzatori, anzitutto, possono essere solamente le imprese produttricifornitrici o distributrici dei premi, ovvero organizzazioni rappresentative dell’associazionismo economico tra imprese. È comunque consentito che le incombenze materiali vengano delegate ad appositi soggetti (agenzie di promozione e operatori professionali, art. 5).

I soggetti che intendono svolgere concorsi a premi, poi, sono chiamati a darne previa comunicazione (oggi in via informatica, attraverso il portale “Impresa in un giorno“) al Ministero dello Sviluppo Economico (che esercita l’attività di controllo ex art. 12), fornendo altresì il regolamento del concorso e la documentazione comprovante l’avvenuto versamento della cauzione prevista dall’art. 7 (art. 10 co. I).

Per le operazioni a premio, invece, la procedura è più semplice, prevedendosi la mera redazione di un regolamento autocertificato con dichiarazione sostitutiva di atto notorio e conservato presso la sede della società per tutta la durata della manifestazione e per i dodici mesi successivi alla sua conclusione (art. 10 co. III).

Come accennato, i soggetti che intendono svolgere una manifestazione a premio sono tenuti a prestare cauzione ai sensi dell’art. 7 del DPR 430/01. La cauzione dovrà avere un importo equivalente ai premi promessi in caso di concorso e pari al 20% dei premi promessi in caso di operazioni, eventualmente determinato anche per relationem rispetto a manifestazioni analoghe. La cauzione va poi depositata presso il Ministero dello Sviluppo Economico in denaro o in titoli di Stato o garantiti dallo Stato, al valore di borsa, presso la tesoreria provinciale ovvero mediante fidejussione bancaria o assicurativa. La cauzione, poi, rimane incamerata dal Ministero (assumendo quindi una funzione sanzionatoria, più che “cautelare”) nell’ipotesi in cui emergano (ex officio o su segnalazione degli interessati) irregolarità nella procedura di consegna dei premi ovvero la mancata corresponsione degli stessi.

Le manifestazioni, poi, non possono avere una durata superiore, rispettivamente, a uno e a cinque anni a seconda che si tratti di concorsi oppure operazioni a premi (art. 1 co. III).

Il regolamento delle operazioni e dei concorsi a premio, che va messo a disposizione del consumatore, deve contenere «l’indicazione del soggetto o dei soggetti promotori, della durata, dell’ambito territoriale, delle modalità di svolgimento della manifestazione, della natura e del valore indicativo dei singoli premi messi in palio, del termine della consegna degli stessi, nonché delle ONLUS alle quali devolvere i premi non richiesti o non assegnati, diversi da quelli rifiutati» (art. 11. co. I).

Il materiale promozionale o informativo della manifestazione, poi, deve riportare almeno le condizioni di partecipazione, la durata della manifestazione nonché, per i concorsi a premio, il valore complessivo dei premi messi in palio (art. 11 co. II).

Inoltre, i premi messi in palio devono essere consegnati agli aventi diritto entro i sei mesi dalla conclusione della manifestazione o dalla data di richiesta dei premi stessi, salva ovviamente la possibilità di prevedere termini più brevi (art. 1 co. IV).

È espressamente previsto che la partecipazione sia gratuita, salvo ovviamente i costi “tecnici” relativi alle ordinarie spese di spedizione o telefoniche. Inoltre, le attività relative all’operazione devono svolgersi sul territorio nazionale, salvo per quanto attiene alla realizzazione del premio (art. 1 co. V – VI).

Da ultimo, per quanto riguarda la fase dell’assegnazione dei premi, essa richiede l’intervento, che attesti la regolarità delle operazioni, di un notaio o del responsabile della tutela del consumatore e della fede pubblica, chiamati poi a redigere un apposito verbale.

E per i concorsi a premi online?

Rimangono da analizzare, poi, alcune criticità relative esclusivamente ai concorsi a premi online come, ad esempio, contest sui social (contest su Pinterest nello specifico) e blog contest.

In realtà, se in linea di principio nulla impedisce l’applicazione integrale della disciplina appena richiamata anche a questa particolare modalità di svolgimento dei concorsi e delle operazioni, è stato correttamente messo in evidenza come l’art. 1 co. VI preveda che le «attività relative allo svolgimento delle manifestazioni a premio sono effettuate nel territorio dello Stato ad eccezione delle attività connesse al confezionamento dei prodotti realizzate al di fuori del detto territorio»: ora, questa disposizione, se interpretata in maniera restrittiva e letterale, renderebbe automaticamente “fuori legge” i concorsi a premi online ospitati dai social network oppure da qualunque altro soggetto che abbia i propri server dislocati all’estero.

Senza dubbio, però, si tratta di una previsione oggi piuttosto anacronistica, in considerazione del fatto che la diffusione della Rete, l’appartenenza dell’Italia all’UE e, più in generale, la globalizzazione hanno reso veramente “trasparenti” i confini nazionali e, dunque, le correlate limitazioni.

Oltre al fatto che, paradossalmente, potrebbe risolversi in un boomerang in termini di protezione per l’utente: infatti, se la manifestazione si svolge completamente all’estero, è possibile affermare che essa sia soggetta integralmente alla normativa dello stato di appartenenza del promotore, con completa elusione delle previsioni di tutela per il soggetto destinatario della promessa.

Appare quindi opportuno procedere ad una interpretazione correttiva in senso restrittivo, ritenendo che il requisito della “nazionalità” possa valere al più per i soggetti “responsabili” dell’operazione, ma non necessariamente anche per coloro i quali offrono (solo) un supporto tecnico-logistico per i concorsi a premi online e che quindi anche in tali ipotesi possa trovare applicazione la normativa de qua.

Altre notizie su:

© RIPRODUZIONE RISERVATA È vietata la ripubblicazione integrale dei contenuti

Resta aggiornato!

Iscriviti gratuitamente per essere informato su notizie e offerte esclusive su corsi, eventi, libri e strumenti di marketing.

loading
MOSTRA ALTRI