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Chi sono e cosa fanno i consumatori connessi? Un ritratto degli europei

Consumatori connessi: chi sono e cosa fanno? Un ritratto degli europei

L’Osborne Clarke ha studiato i consumatori europei che scelgono il digitale per il consumer journey. Cosa si aspettano dalla tecnologia?

Si fa presto a parlare di consumatori connessi, che scelgono il digitale per formare il proprio orientamento all’acquisto prima e compiere tutte le tappe del consumer journey, dalla chiusura del carrello ai pagamenti, poi. Quello che non si dice altrettanto spesso, invece, è che esistono profonde differenze tra i consumatori “digitali”, persino all’interno di uno stesso mercato. Sono differenze che dipendono dal livello di penetrazione tecnologica, da aspetti burocratici e legali ma, anche, da questioni culturali come la preoccupazione rispetto alla privacy e al corretto trattamento dei propri dati personali, per esempio. L’Osborne Clarke ha provato a evidenziare le principali tra queste differenze, studiando i comportamenti dei consumatori di paesi europei come il Belgio, la Francia, la Germania, l’Italia, i Paesi Bassi, etc.

Perché gli europei (non) acquistano online?

A partire dalle preferenze d’acquisto. I dati dello studio sembrano molto cauti a proposito: in barba alle statistiche che vogliono in aumento gli acquisti digitali, infatti, gli europei preferirebbero ancora di gran lunga (69%) gli acquisti in store rispetto a quelli online (31%). Il Belgio, in particolare, si rivela in questo senso il paese più conservatore, con l’80% degli acquisti che vengono conclusi ancora in negozio: una stretta regolamentazione del mercato e un divide politico e linguistico non trascurabile spiegano il gap rispetto al resto d’Europa. Gli aspetti che si tengono più in considerazione quando si sceglie di acquistare online? La sicurezza, top priority per più della metà (54%) degli intervistati, seguita dalla possibilità di scegliere il metodo di pagamento, la convenienza, la velocità e l’affidabilità degli online retailer.

Cresce l’attenzione ai dati personali
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Fonte: Osborne Clarke

Gli europei si mostrano sempre più sensibili anche alle sorti dei dati personali condivisi durante una sessione di shopping online. Solo il 53% si dice a suo agio e totalmente sicuro nel condividere informazioni come nome, data di nascita, numero di telefono, e-mail. I più confidenti sembrerebbero in questo senso gli italiani (66%), mentre tra i più reticenti ci sono i tedeschi (42%). Cosa ci si aspetta, comunque, in cambio della grande molte di dati che si “regalano” ai brand ? Soprattutto offerte personalizzate basate su ricerche e acquisti precedenti (82%) e prezzi quanto più customizzati possibile (78%). C’è chi si aspetta anche che, quando dall’online si passa all’esperienza in store, il personale sia in grado di raccomandare i prodotti che meglio si adattano ai propri gusti e alle precedenti ricerche effettuate in Rete (54%) o di rivolgersi al cliente chiamandolo per nome (24%), segno di una nuova sensibilità anche da parte di chi compra per un approccio omnichannel.

Fonte: Osborne Clarke

Fonte: Osborne Clarke

I consumatori europei e i pagamenti digitali

Cresce anche la fiducia verso forme di pagamento contactless, utilizzate oggi da almeno il 45% degli europei, con performance migliori soprattutto in Spagna e in Germania. Il metodo di pagamento più comune è rappresentato, in questo caso, dalle carte di credito contactless (scelte dal 74% dei consumatori), ma cresce anche il ricorso ad altre tecnologie per i pagamenti mobile (43%), soprattutto in Germania. Le preoccupazioni più frequenti sarebbero ancora legate a questioni di sicurezza (75%) e possibili frodi (70%). E mentre banche e altri soggetti business sembrano puntare sullo sviluppo di app per il mobile payment che taglino i costi legati ad altre forme di pagamento contactless e aiutino conservare dati rilevanti sui propri clienti, il rapporto della Osborne Clarke sembra mettere un freno all’entusiasmo per simili forme di pagamento digitale: il 53% degli europei (che diventano il 67% nel Regno Unito) non le ha mai utilizzate e solo il 3% dei consumatori le utilizza, a oggi, su base giornaliera.

 

Fonte: Osborne Clarke

Fonte: Osborne Clarke

Fonte: Osborne Clarke

Fonte: Osborne Clarke

Il futuro hi-tech degli acquisti…
Fonte: Osborne Clarke

Fonte: Osborne Clarke

Come già altri studi, quello della Osborne Clarke evidenzia comunque una fiducia generalizzata dei consumatori europei verso un futuro hi-tech, che non potrà non avere impatti anche sul fronte dei consumi, a partire dall’esperienza in store, per esempio. Una delle trovate più innovative? Se si considera il settore dell’abbigliamento, potrebbe essere quella di camerini virtuali” che, grazie a realtà aumentata e tecnologie 3D, permetterebbero per esempio di vedere possibili abbinamenti tra capi, provare colori o taglie diverse, etc. Per i retailer significherebbe soprattutto migliorare le operazioni di stock management e minimizzare i resi e almeno il 57% degli europei si è detto pronto a provare una simile esperienza (tra i più entusiasti spagnoli e italiani). Discorso diverso, invece, per quanto riguarda i sistemi di interazione macchina-umano che potrebbero sostituire lo staff anche nei negozi fisici, aiutando il cliente in ogni fase del processo d’acquisto, dalla scelta del prodotto al pagamento. Solo il 47% degli europei si dice favorevole ad una simile svolta nel retail .

…e delle consegne: tra droni e veicoli driveless

È impossibile per un’azienda, oggi, non preoccuparsi anche di aspetti “secondari” come le infrastrutture o la catena di distribuzione . In particolare, un ruolo fondamentale per quanto riguarda il delivery sembrano averlo i droni, con soggetti come Amazon che spingono sempre di più verso la concretizzazione di una modalità di consegna fino a qualche tempo fa considerata degna di sci-fi. Solo il 46% degli europei si dice, comunque, favorevole all’uso dei droni per le consegne e tra i più entusiasti ci sono, ancora una volta, italiani e spagnoli. A convincere sono soprattutto la velocità di consegna (41%), i costi ridotti (40%) e un impatto ambientale più sostenibile (13%). Tra le motivazioni sostenute dai detrattori (in particolare Paesi Bassi e Regno Unito), invece, la poca affidabilità percepita del servizio (24%), la paura che il proprio pacco sia danneggiato o perso durante la consegna (23%) e quella per gli effetti, in termini di perdita di posti lavoro, sulla filiera dei trasporti e delle consegne (20%). Più netta la sfiducia degli europei rispetto alla possibilità di utilizzare veicoli automatici e senza conducenti per consegne e spedizioni: il 60% si dice sfavorevole per motivazioni che vanno dalla sicurezza alla mancanza di privacy.

Fonte: Osborne Clarke

Fonte: Osborne Clarke

Fonte: Osborne Clarke

Fonte: Osborne Clarke

Uno sguardo all’Italia

Come anticipato, gli italiani sembrano tra i più tecno-entusiasti, soprattutto sul fronte dei consumi e dei pagamenti digitali. Mettendo insieme le principali evidenze dell’Osborne Clarke, viene fuori del resto che almeno il 37% degli italiani compra, già oggi, soprattutto online e lo fa senza grandi preoccupazioni rispetto alla condivisione dei dati personali (il 66% si dice “a suo agio” con le principali policy a riguardo) e affidandosi a metodi di pagamento contactless come le carte di credito (71%) o le mobile app (50%). Più in generale gli italiani sembrano fiduciosi per le opportunità offerte dalla tecnologia di consumo, al punto che più della metà di essi (il 55%) usa già abitualmente dispositivi per il monitoraggio della salute o assistenti per il fitness e il 58% si direbbe propenso addirittura a preferire una consultazione virtuale con un medico, piuttosto di una visita faccia a faccia. Dall’utilizzo dei droni per le consegne, a quella di veicoli dalla guida automatica, passando per i camerini virtuali e l’intelligenza artificiale utilizzata anche nel servizio in store, insomma, gli italiani sembrano avere molta più fiducia nella tecnologia del resto degli europei.

Fonte: Osborne Clarke

Fonte: Osborne Clarke

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