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Dai Millennial alla Generazione Z: i consumatori del futuro

Dai Millennial alla Generazione Z: i consumatori del futuro

Quali sono le caratteristiche della Generazione Z? Cosa la differenzia dai Millennial? Quali le strategie dei brand per conquistarla?

I Millennial costituiscono la generazione più ampia della storia con ben 2.3 miliardi di appartenenti alla categoria. Tuttavia, sebbene essi attraggano le attenzioni di brand e agenzie di marketing, molti esperti guardano già oltre alla cosiddetta generazione z , ovvero i nati tra la metà degli anni ’90 e i primi anni 2000. I brand si troveranno presto a dover fronteggiare questa nuova categoria di consumatori, ma prima di chiedersi come coinvolgere la Gen Z e creare delle strategie di marketing funzionali è necessario conoscere a fondo i membri che la costituiscono, individuandone i principali bisogni.

Interessati ai beni materiali, preoccupati dal futuro e sfiduciati dalle multinazionali: un ritratto della Gen Z

I teenager di questa generazione sono i primi a essere cresciuti con il pieno accesso alla Rete e alle nuove tecnologie: sono, quindi, nativi digitali provenienti da un’era di crisi economica, precariato, terrorismo e mancanza di ottimismo finanziario.

Non sorprende, perciò, che ci siano studi secondo cui la Gen Z è la generazione più sola al mondo. L’UCLA per esempio ha messo a punto una Loneliness Scale che tiene conto dell’isolamento sociale e del senso di solitudine percepito dagli individui: su un range che va dai 20 agli 80 punti, a partire dai 43 punti la condizione di isolamento è da considerarsi preoccupante. È proprio la Generazione Z che ha fatto registrare il risultato peggiore (48.3 punti) rivelandosi la più sola, al contrario di ogni previsione più ancora di quanto non lo sia quella di consumatori senior e Baby Boomer (fermi a soli 42.4 punti). Risultati non molto diversi da questi hanno altri studi come quello con cui Cigna e Ipsos hanno provato a misurare la solitudine della popolazione americana, giovani soprattutto. Quasi la metà del campione (rispettivamente il 46% e il 47%) ha ammesso, infatti, di sentirsi da solo o dimenticato in qualche occasione; per il 56% degli intervistati anche quando ci si trova in compagnia le persone che si hanno attorno “non sono realmente con noi”; solo il 53% pensa di avere ogni giorno delle relazioni personali faccia a faccia “significative” e il 40% si sente semplicemente isolato dagli altri. Ciò non significa, comunque, che i ventenni di oggi non reputino importante e non sentano il bisogno del supporto della comunità locale: ad agosto 2020 McDonald’s e Annalect hanno intervistato un campione rappresentativo di genZer italiani (nell’ambito della ricerca “La voce dei vent’anni“) e ne è venuto fuori come sia questa una “priorità” per almeno il 65% del campione.

È il Guardian a fare notare come, oltre a essere impaurito da eventuali attacchi terroristici (è una paura diffusa e che riguarderebbe almeno il 70% degli adolescenti di oggi: nonostante non abbiano vissuto personalmente l’11 settembre, infatti, le immagini di guerre e attacchi terroristici sono presenti quotidianamente sugli smartphone degli appartenenti alla Generazione Z), il 72% dei teenager è preoccupato rispetto al proprio futuro lavorativo. Non a caso il binomio giovani e lavoro sembra essere un filo rosso di tutte le indagini in materia. Per tornare ai genZer italiani intervistati da McDonald’s, per esempio, desiderano trovare un impiego che dia loro la possibilità di crescere (così ha risposto l’83% del campione) e di esprimere se stessi e la propria identità (75%), ma sia soprattutto in grado di garantire abbastanza tempo libero per dedicarsi ad altro (80%). Anche la possibilità di conoscere persone nuove e interessanti (65%), di fare amicizia (62%) e – perché no – viaggiare (64%) rappresenterebbe un elemento d’appeal quando si tratta di giovani e mondo del lavoro.

Quanto ai consumi, uno studio portato avanti dall’economista e docente Noreena Hertz rivela che solo il 6% di loro ha fiducia nelle grandi multinazionali, a differenza del 12% dei Millennial e del 60% di individui adulti. Lo studio ha coinvolto un campione di duemila teenager residenti negli Stati Uniti e nel Regno Unito e il risultato sembra interessante, soprattutto se si considera che determinate percezioni restano invariate nel corso della vita. Nonostante la giovane età, comunque, la Gen Z ha in famiglia una forte influenza sulle decisioni di acquisto; guarda al denaro come simbolo di successo (lo farebbe almeno il 60% di giovanissimi e teenager, contro il 44% dei Millennial coinvolti nello studio di Hertz e, del resto, anche il 75% dei ragazzi italiani interpellati nello studio di McDonald’s reputerebbe importante trovare un lavoro “che dia molti soldi” ) e mira all’ottenimento di beni materiali tradizionali, come auto e immobili (vero per il 68% del campione). I brand non possono non tenerne conto, come non possono non tenere conto che i driver di scelta nell’acquisto di un prodotto sono, per questi giovanissimi della generazione Z, soprattutto l’essere in promozione (41%) o semplicemente economico (34%) e l’alta qualità (39%), spesso intesa tra l’altro come italianità. Buone notizie anche per la fiducia nei confronti dei brand che hanno ancora un ruolo importante nell’indirizzare le scelte dei ventenni, anche se spesso sono capaci di farlo più le marche nuove e appena nate che quelle storiche e consolidate: è vero, cioè, che il 30% dei genZer preferisce prodotti di marche di cui si fida, e il 21% prodotti di marche italiane addirittura, ma solo per il 9% del campione McDonald’s/Annalect sarebbe importante che siano prodotti di marche famose. Impossibile non tenere conto anche della sensibilità eco di questa fetta di giovani consumatori: per quasi un ventenne italiano su quattro, infatti, è importante che nei prodotti che acquista ci siano solo o per lo più ingredienti e materiali naturali e per uno su cinque che i prodotti siano eco-friendly.

La Generazione Z, che costituisce già una fetta di mercato importante, sembra del resto piuttosto interessata – o sarebbe meglio dire preoccupata del futuro, sia personale e sia soprattutto collettivo. Quello che hanno in comune molte ricerche sulla cosiddetta selfie-generation è, non a caso, tracciarne un ritratto in base al quale la stessa appare più altruista, caritatevole e volenterosa di cambiare rispetto alle precedenti generazioni: lo si nota anche da piccoli gesti quotidiani, come trasformare l’attenzione verso le tematiche ambientali nell’abitudine a fare la raccolta differenziata (propria dell’83% del campione) o ad acquistare prodotti riciclati (51%), evitare la plastica monouso (per 1 ventenne su 2) e persino scendere in piazza per difendere l’ambiente (26%).

Perché (e come) i brand dovrebbero corteggiare la generazione Z

Quella dei ventenni di oggi sembrerebbe essere, infine, una generazione di futuri imprenditori (il 62% di loro afferma di voler creare una propria azienda, piuttosto che lavorare come dipendente) e di creatori che amano partecipare al cambiamento e che, inaspettatamente, hanno una propensione per le attività offline che richiedono collaborazione e interazione con altre persone, in antitesi a un’intera vita trascorsa online. Basti pensare al successo ottenuto dal secret menu di Starbucks che consente ai teenager di creare una bevanda personalizzata – ovviamente analcolica – e di richiederla presso uno dei punti vendita: mossa intelligente del colosso del caffè americano che ha così conquistato anche i teenager, che il caffè non lo bevono.

Per questi futuri consumatori, inoltre, la privacy è importante: sono preoccupati delle conseguenze derivanti dal cedere i propri dati a terzi e apprezzano le aziende con politiche trasparenti. Il 70%, ad esempio, fornisce dati ed indirizzi e-mail falsi quando si iscrive a servizi online e sta migrando da piattaforme aperte ad ambienti in cui si sente più sicuro, come WhatsApp e Snapchat.

I brand devono, quindi, iniziare a mirare alla trasparenza e non alla perfezione per conquistare la Generazione Z e, quelli che seguono sono piccoli step da cui poter partire.

  1. Social, social e ancora social: la Generazione Z è la più digitale mai esistita finora.
    Uno studio del GlobalWebIndex mostra, per esempio, che il 97% degli appartenenti alla Generazione Z possiede uno smartphone e che per 7 utenti su 10 questo, insieme agli altri device mobile, rappresenta il mezzo prediletto per collegarsi a Internet. Da mobile i giovanissimi passano connessi quasi 3 ore e 40 minuti, 50 minuti in più della media globale.

    Tra le pratiche che li distinguono dagli utenti più grandi c’è una maggiore propensione a guardare la TV online e a utilizzare servizi per lo streaming di contenuti audiovisivi come Netflix (lo fa un adolescente americano su quattro) o Spotify (il 17% lo utilizza ogni mese). Non a sorpresa, la Gen Z risulta anche la generazione più affezionata ai social: spendono su queste piattaforme mediamente 2 ore e 43 minuti al giorno, con Youtube che è il social media più popolare, seguito da Facebook, Instagram e Twitter e con Snapchat che ha guadagnato mercato negli anni. 

    Con la sempre maggiore centralità del mobile, i brand dovrebbero puntare a creare forme di contenuto più immediate, come immagini e video. I nuovi teenager del resto pensano ed esprimono se stessi tramite contenuti visivi; oltre la metà si dice interessata al graphic design, alla produzione, all’editing di video e alla creazione di app. L’attenzione di questa generazione, poi, passa velocemente da un oggetto all’altro, quindi è necessario riuscire a catturarla nei primi istanti.
  2. Co-creazione: chi appartiene alla Generazione Z è cresciuto in un clima critico in cui si vede costretto a utilizzare le proprie risorse e una forte motivazione per raggiungere i propri obiettivi. Si tratta di persone che sognano una propria attività e per questo motivo i brand dovrebbero consentire loro di esprimersi, partecipare, collaborare, essere parte del cambiamento, fornendo gli strumenti necessari per apprendere e fare autonomamente (ad esempio how-to e video educativi, community online, gamification, partnership ).
    Potrebbe essere utile considerare, in questo senso, che quattro utenti su dieci dicono di seguire sui social i brand che amano. Secondo lo stesso studio, tra i driver più forti per la brand advocacy, c’è per quanto riguarda i più giovani la capacità di un brand di trasmettere saperi e conoscenze e, più in generale, quella di creare valore per il consumatore in considerazione dei suoi interessi, dei suoi gusti, delle cause a cui è devoto.

  3. Approccio multipiattaforma: la Generazione Z ha un approccio che vede coinvolti i diversi media oggi presenti sul mercato, quindi i brand devono adattare la strategia al tipo di canale scelto. Trasparenza e semplicità rimangono le parole chiave per conquistare i consumatori del futuro.

I Millennial – assieme ai Baby Boomer – costituiscono ancora la fetta di consumatori più vasta, tuttavia, con un occhio al futuro, appare fondamentale conoscere la nuova Generazione Z, mettendosi nei suoi panni, studiandone bisogni ed abitudini. In questo modo sarà possibile creare strategie ad hoc in grado di generare engagement e conversioni nonché di aumentare il livello di fiducia e loyalty di questa nuova categoria di consumatori nei confronti del proprio brand.

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