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Dalla Profilazione alla Price Discrimination: i rischi dei Big Data

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I Big Data consentono di stilare profili sempre più dettagliati fino a determinare prezzi diversi per differenti pubblici. Qual è l'effetto sull'economia?

Come per ogni innovazione che si rispetti, anche i big data hanno un rovescio della medaglia: se da un lato numerosi sono effetti positivi che possono generare sul profitto delle imprese, dall’altro, forte è l’impatto che hanno sulla privacy delle persone e sull’economia più in generale.

Uno dei vantaggi principali riconosciuto ai Big Data è quello di consentire alle aziende di acquisire informazioni sempre più precise sulle preferenze dei clienti. L’accuratezza di queste informazioni permette di profilare l’utente in modo da offrirgli prodotti e servizi “su misura”, tanto da arrivare ad una personalizzazione dei prezzi. È quella che in economia si definisce “Price discrimination”, una pratica che consiste nel proporre differenti prezzi per diversi segmenti di pubblico, in modo da generare un aumento della domanda e quindi dei profitti. Un sistema che può giocare senza dubbio un ruolo positivo nell’economia, ma che secondo molti, invece, pone le sue basi su pesanti violazioni della privacy degli utenti e che può causare forti disparità nel mercato.

È questo il pensiero di Andrew Odlyzko, professore della School of Mathematics della University di Minnesota, secondo cui la pratica di price discrimination, accentuata dal fenomeno dei Big Data, rappresenta addirittura una forte minaccia per il capitalismo e per il libero mercato. I dati, infatti, hanno assunto il ruolo di nuova potente barriera di ingresso al mercato, una discriminante che può arrivare a determinare il monopolio per chi è in grado di raccogliere e analizzare i dati, e azzerare il potere competitivo per chi non lo è.

Solo un’attenta regolamentazione in materia di privacy e concorrenza può attenuare il rischio che da leva positiva per l’innovazione, i Big Data si trasformino in un ostacolo alla concorrenza. Una regolamentazione senza confini, che coinvolga tutte le autorità a livello europeo, non solo italiano, come ha affermato il Presidente dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato Giovanni Pitruzzella. Un’idea sostenuta anche da Roberto Lattanzi, dirigente del servizio studi e documentazione del Garante per la protezione dei dati personali, il quale si fa promotore di una carta internazionale dei diritti di Internet: “Non ci si può basare sulle singole entità nazionali, occorre una carta dei diritti sovranazionale, e questo è un tema di cui dovrà occuparsi in prima istanza la politica”.

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