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Investimenti più consistenti, collaborazioni di lungo corso, trasparenza: cosa dicono i dati sull'influencer marketing 2020

Cosa dicono i dati sull'influencer marketing 2020

I dati sull'influencer marketing 2020 di ONIM offrono una panoramica su chi investe in Italia, per che tipo di campagne, con che influencer.

I dati sull’ influencer marketing 2020, almeno così come emergono dal report “Brand & Marketer” 2020 dell’Osservatorio Nazionale influencer Marketing-ONIM, sembrano confermare l’ipotesi che quello delle campagne con gli influencer sia ormai un mercato maturo, in cui aziende e marketer, indipendentemente dal settore di riferimento, investono in maniera costante e con buona soddisfazione rispetto ai risultati ottenuti.

Chi, quanto e come investe in Italia in campagne che coinvolgono content creator e influencer

Uno dei primi insight fornito dall’Osservatorio è infatti che, sebbene la maggior parte di aziende coinvolte nello studio (oltre seicento, perlopiù di medie dimensioni e operanti in campi come marketing, digital, comunicazione, pr ) abbia all’attivo fino a tre progetti con gli influencer, la percentuale di chi investe solo occasionalmente in campagne di influencer marketing è in diminuzione rispetto allo scorso anno e cresce invece, fino a quasi il 15% del totale, quella di chi ne ha all’attivo almeno dieci. I dati sull’influencer marketing 2020, per usare le parole dell’Osservatorio, sembrano suggerire insomma un «approccio sempre meno one shot» al marketing dell’influenza. Soprattutto, come già si accennava, quasi un investitore su due si dice «soddisfatto» (il 42,3%) o «ampiamente soddisfatto» (7,3%) dei progetti avviati con gli influencer e dei loro risultati, tanto che prevede di mantenere invariato (per almeno il 42% del campione ONIM) o persino di aumentare in futuro (per il 47%) il budget destinato agli stessi.

budget campagne influencer marketing 2020

Secondo i dati sull’influencer marketing 2020, cresce la percentuale di aziende e marketer che destinano alle campagne con gli influencer una porzione più consistente di budget digitale e, soprattutto, quella di chi prevede di aumentare quella stessa porzione di budget in un futuro prossimo. Fonte: ONIM

Invariati i settori che, almeno in Italia, sembrano catalizzare più investimenti in campagne di influencer marketing: moda, viaggi, beauty e tecnologia. Alcune new entry – o, meglio, alcuni settori che sono cresciuti quest’anno in maniera più consistente di altri – ci sono e sono settori come il gaming (che conta quasi il 9% delle campagne attive) e lo sport (circa l’8%), trainati dal successo crescente di questi mesi anche nel nostro Paese degli eSport.

Il food è campione di investimenti in campagne di influencer marketing in Italia

Il settore che continua a contare in assoluto più campagne e progetti attivi rimane comunque quello del food&beverage (quasi una campagna su cinque coinvolgerebbe, infatti, food influencer e simili). È un insight, questo, che viene fuori anche da altre ricerche e dati sull’influencer marketing 2020 come quella di Extreme, per esempio, che ha provato a stimare l’impatto dell’emergenza coronavirus sulle campagne di influencer marketing, focalizzandosi proprio su quelle che avevano protagonisti food influencer e travel influencer. Qualche segno negativo per i content creator del settore food c’è stato: rispetto allo scorso anno, infatti, sarebbe diminuito sia il numero di post medio (di un -14%) e sia il numero di collaborazioni chiuse da ciascun influencer (del -18,4%).

food influencer meno collaborazioni durante il covid

Un dato trasversale nelle ricerche sull’influencer marketing nel 2020 è quello secondo cui gli influencer hanno chiuso meno collaborazioni con brand e aziende a causa dell’emergenza sanitaria. Si tratta, tra l’altro, di un segno negativo che non ha risparmiato neanche travel influencer e food influencer. Fonte: Extreme

Rispetto a chi si occupa di viaggi, che con le restrizioni agli spostamenti per scopo turistico e di svago ha visto letteralmente crollare le performance dei propri account e dei propri contenuti, però, nei mesi scorsi i food influencer sembrano aver guadagnato in numero di follower (aumentati in media del +18,8%) e in engagement dei propri contenuti (del +22,7%).

impatto covid food influencer

Rispetto ai travel influencer, le cui attività hanno molto risentito delle restrizioni agli spostamenti durante il lockdown, i food influencer italiani anche durante l’emergenza coronavirus hanno guadagnato follower e registrato un buon engagement per i propri contenuti. Fonte: Extreme

food influencer più engagement durante il covid

Se cibo e cucina sono stati due grandi leitmotiv delle iniziative per #iorestoacasa, insomma, l’interesse degli utenti per nuove ricette da copiare o nuove preparazioni in cui diventare provetti ha fatto sì che appena il 5% dei food influencer fosse costretto a dedicare meno tempo o smettere del tutto di produrre contenuti a tema, percentuale che, sottolineano da Extreme, potrebbe parlare più che della crisi dell’influencer marketing legata alla pandemia di un calo fisiologico di interesse per «un’attività sempre più affollata e competitiva».

Per tornare comunque ai dati dell’Osservatorio Nazionale Influencer Marketing, la maggior parte delle aziende avvia campagne di influencer marketing per creare o migliorare la brand awareness (questo l’obiettivo di oltre il 23% dei progetti), semplicemente aumentare l’engagement sui canali social o agire sulla brand reputation (così ha risposto oltre il 16% del campione) e incentivare l’acquisto (quasi il 13%). Poche ancora, invece, le campagne con gli influencer che provano a convertire – a far aumentare le visite al sito, per esempio – forse perché considerate dai marketer più difficili da gestire.

perché investire in influencer marketing

A cosa sono finalizzate le campagne di influencer marketing? Fonte: ONIM

Sembra esserci una certa ridondanza anche riguardo a tipologie di campagna e attività richieste agli influencer. La maggior parte delle collaborazioni con gli influencer è una collaborazione per un numero limitato di post (fino a tre in oltre il 59% dei casi), ma crescono anche le collaborazioni a lungo termine (oggi circa l’11%) che dovrebbero aiutare le aziende a dar vita a progetti «credibili e autentici» con gli influencer.  Ancora, le aziende continuano a rivolgersi agli influencer soprattutto per il product placement (lo fa quasi il 22%), in occasione del lancio di nuovi prodotti (quasi il 19%) o per la promozione di contenuti (più del 16%) e di eventi (oltre il 15%, percentuale che potrebbe molto variare in futuro però in considerazione di cosa ne sarà degli eventi di settore nel post coronavirus). Qualche azienda, però, ha già cominciato a coinvolgere gli influencer per attività «più qualitative», facendoli diventare brand ambassador per esempio (oltre l’11%) o collaborando nella realizzazione di branded content (oltre l’8%).

Quanto alle piattaforme, i dati sull’influencer marketing 2020 continuano a individuare in Instagram lo strumento per eccellenza per questo tipo di campagne: la maggior parte dei marketer dice di utilizzarlo «molto spesso» (56%) o «spesso» (24%). Anche Facebook e YouTube rimangono ottimi strumenti per l’influencer marketing: il primo limitato, però, da un algoritmo che sembra penalizzare in qualche caso i content creator e i loro post e il secondo scelto perlopiù per progetti «più alti», con più budget a disposizione. Consideratone il successo anche in Italia e soprattutto tra un pubblico di giovani e giovanissimi, sempre più aziende cominciano a investire anche in campagne di influencer marketing su TikTok e su Twitch.

Dalla scelta dell’influencer giusto a quanto pagarlo: i dati sull’influencer marketing 2020 mostrano anche qualche ombra del settore

Se pochi dubbi sembrano esserci su quale – o quali, in una logica sempre più crosscanale – piattaforma scegliere, la scelta dell’influencer giusto continua a essere percepita, insieme a quella di metriche e kpi idonei a misurare l’efficacia della campagna, come la principale sfida da chi investe in influencer marketing. Rispetto allo scorso anno, quando sembrava che il futuro dell’influencer marketing dovesse essere soprattutto in mano ai nano influencer, c’è stato in questi mesi un ritorno a influencer dalle community piccole nelle dimensioni e coese, sì, ma capaci di creare comunque contenuti «professionali e qualitativi»: aziende e marketer sembrano cioè essere tornati a preferire micro influencer e content creator professionisti agli utenti qualunque. Anche macro influencer e A-list influencer sembrano vivere un nuovo momento d’oro, forse anche in virtù del fatto che in questi mesi gli influencer con più seguito stanno provando a trasformarsi in modelli d’ispirazione per i propri follower: il 18% di chi ha risposto all’Osservatorio Nazionale Influencer Marketing ha coinvolto nelle proprie campagne utenti con una fanbase tra i 50 e i 100mila utenti, percentuale che solo lo scorso anno era del 13%. La ricerca dell’influencer giusto si è fatta decisamente più data-driven di un tempo: rispetto al 2019, infatti, è aumentato quest’anno l’utilizzo di influencer marketing tool (dal 15.1% al 17.2%) e di tool per il social media listening (dal 18.4% al 20.8%). Anche i parametri tenuti in considerazione in fase di scelta dell’influencer si sono fatti nel tempo «più qualitativi»: il semplice numero dei follower è sempre meno importante per aziende e marketer che, sempre più spesso, analizzano invece la fanbase, la qualità dei contenuti e l’engagement ottenuto, ma anche la reputazione di cui gode l’influencer. Ciò si riflette, peraltro, in metriche e KPI per misurare i risultati delle campagne che sono sempre meno frequentemente sole vanity metrics e sempre più spesso indicatori più complessi come il sentiment online, il valore percepito del prodotto o l’impatto sulle vendite.

Tra le discriminanti fondamentali in base alle quali gli influencer decidono se accettare o meno le collaborazioni con le aziende (almeno secondo il 35% del campione ONIM), sono soprattutto i dati sull’influencer marketing 2020 che riguardano compensi e aspetti economici a suggerire che il settore sia giunto a una fase di maturità. Il 42.8% del campione ha detto infatti di retribuire sempre i content creator con cui collabora: segno che, appunto, quella degli influencer è ormai diffusamente considerata un’attività professionale e non più qualcosa di semplicemente amatoriale.

retribuzione influencer 2020

L’influencer marketing non è più un’attività considerata semplicemente amatoriale: oltre il 42% del campione, infatti, retribuisce sempre i content creator e lo fa con compensi in denaro e formule a contenuto o che tengono conto delle performance complessive delle campagne. Fonte: ONIM

Il pagamento avviene in genere a contenuto (nel 60% dei casi), ma qualcuno (il 32% del campione) prevede bonus e sovrappiù per gli influencer in considerazione delle performance delle campagne. Quanto guadagnano gli influencer varia sia in considerazione delle dimensioni delle loro community e sia a seconda della piattaforma in questione: la media va dai 300 ai 600 euro, ma su piattaforme come Instagram o YouTube si può arrivare anche a 1000 euro per singolo contenuto. Il compenso economico è comunque la forma di retribuzione oggi più utilizzata nell’influencer marketing, più del prodotto omaggio o delle esperienze gratuite che rimangono prerogative di settori come il lusso, soprattutto nel primo caso, e i viaggi, nel secondo, e ben accetti da parte degli influencer solo se si tratta di brand di un certo spessore.

Buone sono le notizie, infine, anche in materia di trasparenza: oltre il 62% del campione ONIM si dice «sempre più attento al rispetto della regolamentazione» – il riferimento è al codice di autoregolamentazione per i contenuti sponsorizzati, sottoscritto tra gli altri da IAP e AGCOM in Italia – e solo nell’1.2% dei casi aziende, marketer e influencer non fanno completamente utilizzo di hashtag come #adv o #sponsored per segnalare i contenuti frutto di collaborazioni commerciali.

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