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Democrazia online: nuove tecnologie e partecipazione al dibattito politico

Democrazia online: nuove tecnologie e partecipazione al dibattito politico

L’avvento di nuove tecnologie ha aperto le porte a vari scenari politici, tra cui la nascita della democrazia online.

È assodato che quelli che vengono definiti ‘nuovi’ media influenzano e catalizzano il potere comunicativo in nuove forme espressive e, ovviamente, ciò non può non riflettersi anche sugli scenari politici, in particolar modo nello stimolare la partecipazione attiva dei cittadini al dibattito politico, dando origine, in altri termini, al fenomeno della democrazia online. Effettivamente alcune caratteristiche della Rete – ad esempio l’essere uno ‘spazio delocalizzato’ in cui vengono abbattuti tutti i limiti fisici e reali oppure un ‘luogo’ in cui i cittadini possono aggregarsi e discutere – la rendono una perfetta ed esaustiva moderna incarnazione dello spirito democratico tanto agognato e millantato per secoli.

Alle origini della democrazia online: di cosa è fatta?

Per comprendere come lo scenario sociale possa influenzare anche i processi politici, è opportuno soffermarsi sull’evoluzione storica delle varie forme di democrazia:

  • dapprima vi era una forma di democrazia diretta in cui politici e popolo, posti sullo stesso piano, intervenivano in modo collaborativo grazie a strumenti come referendum abrogativo o confermativo;
  • poi è stata la volta della democrazia rappresentativa, fondata su un intervento indiretto del popolo che sceglieva coloro che potevano ricoprire le cariche degli organi supremi dello stato e li delegava per agire in sua rappresentanza;
  • infine si è giunti alla costituzione di una democrazia online nella quale la rapidità di circolazione delle informazioni ha determinato e stimolato una voglia maggiore dei cittadini di partecipare attivamente alle deliberazioni politiche.

In verità il contesto moderno, caratterizzato da un crescente desiderio di una politica che sia davvero più accessibile a tutti e una sempre più rilevante sfiducia dei cittadini circa l’operato dei politici, è stato determinante nella creazione di un nuovo bisogno, quello di trasformare una politica privata in una politica pubblica grazie ad un ruolo maggiormente partecipativo di tutti i cittadini e oggi questo è diventato realizzabile grazie ad Internet e all’apertura a nuove forme di gestione politica come, appunto, la democrazia online.

Per questo motivo è nata la speranza di poter istituire uno spazio pubblico in grado di attrarre e coinvolgere attivamente tutti i cittadini al mantenimento della “res publica”. Per spazio pubblico, comunque, si intende un luogo generico all’interno del quale gli uomini discutono alla pari di questioni di rilevanza pubblica, affermando in modo, appunto, pubblico il proprio intelletto e le proprie opinioni ed esprimendo un vero e proprio potere persuasivo, in virtù del quale possono convincere gli altri ad appoggiare le proprie opinioni o essere trascinati dal flusso dei pensieri altrui. In una simile prospettiva, le potenzialità di Internet possono dare un grande impulso alla creazione di un simile spazio pubblico, seppur virtuale. Difatti, l’ambizione di creare scenari di democrazia online si sviluppa proprio a partire da due caratteristiche principali della Rete:

  • la promozione e la diffusione di un continuo, costante e soprattutto aggiornato flusso informativo, mirando alla trasformazione di un cittadino passivo in un cittadino informato e consapevole, soddisfacendo un requisito fondamentale alla base di ogni forma di democrazia;
  • l’incoraggiamento verso una presa di decisione comunitaria e verso la libertà di poter esprimere le proprie riflessioni in merito.

L’eVote: uno strumento di democrazia online

Una delle pratiche più significative per la democrazia online sarebbe, del resto, quella dell’eVote. Non è un concetto sostanzialmente nuovo, dal momento che già negli anni Sessanta erano state implementate forme di voto elettronico tramite schede perforate. L’Internet voting vero e proprio, però, è una pratica decisamente più recente. Dalla sua ha la comodità – si può votare, infatti, da qualsiasi device connesso alla Rete – e il non richiedere all’elettore azioni ad “alto impatto” come lo è, invece, il recarsi fisicamente al seggio. Tra le ragioni che ne hanno rallentato la diffusione ci sarebbe, d’altro canto, la necessità di implementare sistemi di identificazione e riconoscimento ad hoc dei cittadini, insieme ai presunti rischi di manipolazione del voto e per la cybersecurity. I paesi come l’Estonia in cui l’eVote è già una pratica consolidata e per qualsiasi tipo di consultazione dimostrano, tuttavia, che le soluzioni per renderesicuro” anche il voto elettronico esistono e sono di facile implementazione: bastano delle credenziali personali e un chip applicato sul documento di riconoscimento, per esempio.

Tra i diversi studi in materia, quello condotto dalla World Bank sui risultati del voto elettronico a Rio Grande do Sul, in Brasile, offre degli insight interessanti rispetto agli effetti che strumenti per la eDemocracy come questi possono avere sulla partecipazione pubblica. In quell’occasione (era il 2012), i cittadini erano chiamati a esprimersi sull’allocazione di una certa somma di denaro pubblico e potevano farlo sia nella maniera tradizionale, recandosi al seggio, sia optando per l’eVote. Il risultato fu un’affluenza aumentata di più dell’8%: solo il 12% era rappresentato, in realtà, da voti da remoto; il 63% di chi aveva votato sul web aveva dichiarato esplicitamente, però, che altrimenti non si sarebbe recato alle urne. Questi «online-only voters» (così li chiama lo studio) erano per lo più soggetti giovani, colti, benestanti, utenti attivi dei social media . Proprio la possibilità di condividere sui propri account i link diretti alla piattaforma di voto, tra l’altro, sarebbe stato un fattore indispensabile per rendere “virale” la partecipazione. Al contrario handicap economico-sociali, il divario nell’accesso alle tecnologie o più semplicemente una scarsa familiarità con gli ambienti digitali avrebbe inciso negativamente sull’accesso al voto online, con il risultato che chi era solito votare offline aveva continuato a preferire il tradizionale voto fisico. Sarebbe nel convincere i meno coinvolti nella causa politica, quelli in letteratura ormai conosciuti come «slackativist» (o, appunto, attivisti da tastiera), insomma, che il voto elettronico potrebbe essere funzionale. Il contraltare, certo, potrebbe essere una partecipazione altrettanto “da divano”, “a costo zero” e scarsamente o per niente informata: ancora secondo lo studio in questione, del resto, nove cittadini su dieci, prima di procedere al voto online, non avevano mai preso parte ad un dibattito pubblico sull’argomento del caso.

Così le piattaforme premiano la democrazia online

Da uno studio condotto da Raffaele Calabretta dell’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del Consiglio Nazionale delle Ricerche, l’Istc-Cnr, di Roma, la piattaforma web utilizzata per il dibattito politico può influenzare – e anche migliorare – l’esito dello stesso. Come ha sottolineato Luca Iandoli – primo autore dello studio e professore associato presso l’Università Federico II di Napoli – «la qualità della partecipazione e dei contributi forniti dai partecipanti a iniziative di democrazia partecipata è influenzata in modo significativo dal tipo di tecnologia online che viene impiegata per supportare il dibattito». Il loro studio in particolare si è soffermato sul comportamento di persone chiamate ad interagire ed esprimere le proprie opinioni politiche su una piattaforma creata ad hoc, il cui nome è Deliberatorium.

Partendo dal presupposto che le piattaforme tradizionali avessero un grande limite, ovvero quello di creare una grande mole di informazioni tanto varie tra loro – se non, addirittura, opposte – da disperderle, una piattaforme specifica poteva avere l’obiettivo di superare questo ‘problema’ obiettivo quello di superare tale limite, il che la differenziava sostanzialmente da tutte le altre quelle abituali. Per questo motivo, quindi, gli studiosi hanno creato una mappa argomentativa in grado di sfruttare una logica categoriale, evitando quindi che si creasse una sorta di disorientamento causato da un accumulo di discussioni precedenti, semplificando in questo modo la lettura e la comprensione delle discussioni. «I partecipanti che l’hanno utilizzata hanno prodotto più argomentazioni a sostegno delle varie proposte, pubblicato contenuti meno ridondanti e prestato maggior attenzione ai contributi forniti da altri utenti, favorendo una valutazione più articolata e critica delle varie proposte», hanno sottolineato gli studiosi.

Questi risultati  dimostrano quanto una corretta azione e gestione di una piattaforma web possa dare grandi risultati in termini non solo di qualità della forma comunicativa – meno aggressiva e più costruttiva perché aperta al dialogo e al confronto – ma anche della qualità del contenuto del dibattito, creando delle proposte di valore che possano incoraggiare la realizzazione di una vera e concreta democrazia online. 

L’idea stessa di democrazia virtuale o democrazia online sembra minacciata, comunque, in primis da pratiche e comportamenti (purtroppo) tipici dello stare in Rete. Non si tratta solo della diffusione di notizie manipolate o piegate “ad arte” che viziano la qualità dell’informazione e aprono a uno scenario di propaganda politica continua: sono sempre più i casi di dibattiti politici infuocati e caratterizzati da espressioni che esprimono violenza e aggressività, rendendo complicata la gestione del flusso comunicativo e una partecipazione al dibattito collaborativa e proficua. Agendo però sulla piattaforma utilizzata sembra sia possibile generare un sano dibattito politico, fornendo così un importante contributo alla democrazia online.

 

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