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Digitale per la promozione della salute mentale tra videogiochi, app e realtà virtuale

Digitale per la promozione della salute mentale: quali le opportunità?

In che modo si può usare il digitale per la promozione della salute mentale? Dalle app alla realtà virtuale: ecco le soluzioni a disposizione dei pazienti.

Se si considera che esistono oltre 3mila app volte a promuovere la salute mentale degli utenti, si può far riferimento, come spiegato dall’Ansa, a un vero e proprio fenomeno: la E-mental Health. Quali sono, però, e in cosa consistono le tecnologie a disposizione? I grandi passi in avanti della ricerca in questo campo hanno aperto a nuove prospettive per quel che riguarda l’uso del digitale per la promozione della salute mentale e cognitiva. Le soluzioni a disposizione sono moltissime e alcune potrebbero essere utili in particolar modo nel caso di fasce d’età più giovani e più abituate all’uso dello smartphone e, in generale, dei media digitali.

Come si legge sul sito del Ministero della Salute italiano, «con l’espressione salute mentale si fa riferimento ad uno stato di benessere emotivo e psicologico nel quale l’individuo è in grado di sfruttare le sue capacità cognitive o emozionali, esercitare la propria funzione all’interno della società, rispondere alle esigenze quotidiane della vita di ogni giorno, stabilire relazioni soddisfacenti e mature con gli altri, partecipare costruttivamente ai mutamenti dell’ambiente, adattarsi alle condizioni esterne e ai conflitti interni». Per molti anni le malattie mentali sono state fortemente legate a stereotipi e a disinformazione; oggi, fortunatamente, c’è una sempre maggiore consapevolezza nei confronti di tali problematiche: patologie come schizofrenia, disturbi dell’umore, ansia o depressione, disturbi alimentari o legati a dipendenze possono condizionare in maniera drastica il quotidiano e la qualità della vita degli individui. In che modo, allora, è possibile sfruttare la tecnologia digitale per la promozione della salute mentale delle persone?

Consapevolezza, prevenzione e cura: il ruolo dei social network

Innanzitutto, il digitale può contribuire a far sì che aumenti la consapevolezza nei confronti di determinati disturbi e malattie mentali e delle relative cure, nonché della prevenzione, contribuendo a ridurre eventuali stereotipi, pregiudizi e disinformazione ad essi connessi. Iniziative come la Giornata della salute mentale e la Settimana del Cervello (Brain Awareness Week), promosse sui social network in diversi paesi, possono essere molto utili in questo senso poiché consentono di diffondere a un ampio numero di persone informazioni in maniera molto rapida. Ovviamente, per evitare la diffusione di informazioni poco credibili e autorevoli, il ruolo delle istituzioni e delle associazioni di professionisti nella divulgazione di dati accurati è essenziale.

La Brain Awareness Week, promossa globalmente dalla Dana Alliance for Brain Initiatives, è una campagna internazionale che ha lo scopo di accrescere la conoscenza relativa al progresso e ai benefici della ricerca sul cervello; l’iniziativa ha potuto contare, in tutto il mondo, sulla partecipazione di diverse organizzazioni e aziende che hanno messo in atto dei piani di divulgazione, in particolare sui media sociali, sulla ricerca scientifica condotta in questo campo e sulla prevenzione riguardo a diversi tipi di malattie che possono colpire questo complesso organo. Come spiegato in un tweet del Centre of expertise on mental health in the workplace – tramite il quale il governo canadese promuove la salute mentale sul lavoro , infatti, «non c’è salute mentale senza salute del cervello». settimana del cervello 2018

Proprio per questo motivo, anche in Italia la settimana che va dal 12 al 18 marzo 2018, promossa da Hafricah.NET, ha coinvolto 600 professionisti (psicologi, neurologi, psicoterapeuti, neuroscienziati, medici) e ha portato all’organizzazione di molti eventi, come seminari sulle malattie neuro-degenerative oppure sulla prevenzione dell’invecchiamento cerebrale, ma anche sportelli di consulenza per i disturbi di ansia.

Tecnologia digitale per la promozione della salute mentale: le idee

Per quanto riguarda la tecnologia digitale per la promozione della salute mentale ma anche per la prevenzione, esistono diverse risorse e diversi tipi di aiuto concreto. Sul web, per esempio, è possibile ottenere una consulenza da parte di esperti che possono indirizzare verso le migliori soluzioni per l’utente, cosa fondamentale considerando che, non raramente, molte persone affette da queste malattie temono l’emarginazione all’interno della società ed evitano di cercare aiuto, quindi poterlo fare in Rete rappresenta una grande conquista.

Applicazioni e tecnologia mobile

Da questo punto di vista, la possibilità di essere seguiti in remoto da un medico potrebbe essere una soluzione per molti pazienti che potrebbero così ottenere aiuto da casa, oltre alla riduzione dei costi dell’assistenza sanitaria. Le risorse a disposizione, in questo senso, crescono: secondo l’Ansa, il 6% delle app scaricabili negli store online riguarda la salute mentale. Ne esistono, comunque, di diverse: vi sono quelle che offrono informazioni su malattie e disturbi, quelle che consentono di prenotare visite di controllo online, quelle che permettono di monitorare i sintomi e quelle che offrono percorsi di aiuto a chi soffre di problemi come ansia o depressione. Ovviamente, il vantaggio è che le app sono a disposizione dell’utente h24, ma l’ideale è affiancarle a un percorso costruito con un esperto che ne segua gli sviluppi.

Un report pubblicato dalla World Psychiatry Association nel 2017 mette in evidenza l’efficacia delle applicazioni nate per aiutare a gestire i sintomi della depressione, mentre l’Anxiety and Depressione Association of America elenca e recensisce una serie di app che possono essere efficaci come terapia per problemi relativi alla salute mentale. Alla Michigan State University, invece, è partito un progetto che punta a sviluppare un’applicazione mobile, chiamata iSee, che potrebbe essere un utile sopporto al servizio di counseling psicologico nelle università statunitensi. Secondo i dati raccolti, il 10% degli studenti ricorre a questi servizi alla ricerca di aiuto professionale per affrontare le problematiche che riguardano la vita accademica o per superare disturbi come la depressione.

infografica theconversation

Fonte: theconversation.com

La tecnologia mobile in questione dovrà essere in grado di misurare quelli che sono gli indicatori di uno stato depressivo e aiutare a gestire al meglio i relativi sintomi.

iSee Intelligent Mobile Behavior Monitoring and Depression Analytics Service for College Counseling
iSee  Intelligent Mobile Behavior Monitoring and Depression Analytics Service for College Counseling

L’iSee, nello specifico, dovrà monitorare, attraverso braccialetti e sensori all’interno degli smartphone, alcuni dati relativi a «l’attività fisica, la dieta, le abitudini alimentari, i viaggi e il comportamento sociale, tutti indicatori del benessere mentale degli studenti», come si legge sul sito dell’università. I dati «aiuteranno i professionisti a identificare i bisogni più urgenti degli studenti», permettendo di «identificare il grado di severità della depressione».

Realtà virtuale e videogiochi

Diversi studi rivelano l’utilità della realtà virtuale per la cura di  diversi disturbi mentali, tra cui, per esempio, le fobie. In molti casi, il tipo di terapia utilizzata può fare la differenza: mentre il dialogo e il supporto di un professionista possono fornire grande aiuto, in molte situazioni i pazienti hanno bisogno di affrontare i problemi che gli provocano disagio a livello psicologico.Realtà virtuale e videogiochi

Attraverso la creazione di scenari molto realistici, dunque, mediante l’utilizzo della realtà virtuale è possibile realizzare la cosiddetta terapia di esposizione, vale a dire il confronto sistematico del paziente con gli stimoli temuti (per esempio vertigini, paura di ragni o serpenti, claustrofobia), consentendogli di vivere l’esperienza in una realtà controllata, lenta e graduale fino al superamento della fobia, imparando a gestire la paura e a reagire in maniera diversa a quel tipo di situazione. Il ricorso alla realtà virtuale in questi casi comporta diversi benefici, poiché si evitano situazioni di imbarazzo che potrebbero verificarsi, invece, nel caso di una terapia di esposizione realizzata in un luogo pubblico. La realtà virtuale consente di simulare, per esempio, l’interno di un aereo (per chi ha paura di volare) oppure quello di un ascensore (nel caso di pazienti claustrofobici). Si tratta tuttavia di una tecnologia la cui applicazione nel campo della salute mentale deve essere ulteriormente studiata; tuttavia, a luglio 2018, una ricerca ha già dimostrato i reali benefici di questo tipo di terapia.

Realtà virtuale e videogiochi

Il saggio pubblicato su Lancet Psychiatry illustra l’esperimento condotto su 100 adulti con la fobia delle altezze da Daniel Freeman, professore di psicologia clinica presso l’Università di Oxford, insieme ai suoi colleghi. Nello specifico, 49 individui sono stati invitati a sottoporsi alla terapia con il ricorso a un programma di realtà virtuale della durata di mezz’ora, per due o tre volte a settimana, per due settimane; gli altri hanno proseguito senza una terapia specifica. All’interno della sezione virtuale il paziente veniva invitato da un coach avatar a scegliere una tipologia di pavimento o palazzo virtuale in cui realizzare alcuni compiti (far scendere un gatto da un albero, per esempio). La valutazione del progresso dei pazienti è stata realizzata attraverso una serie di questionari sottoposti due settimane dopo la fine della terapia e quattro settimane dopo. In base ai risultati emersi, i 49 individui che hanno effettuato la terapia virtuale hanno rivelato una riduzione della fobia delle altezze pari, in media, al 68%; l’altro gruppo, senza terapia, ha invece mostrato una riduzione pari al 3%. Come ha fatto notare Freeman, nonostante alcune persone sembra siano più propense a una visita da un terapista, la ricerca ha messo in evidenza il potenziale della terapia con la realtà virtuale.

«La realtà virtuale è uno strumento potentissimo perché permette di essere immersi in un ambiente» molto realistico, cosa che può essere molto utile se quello che vogliamo è analizzare il comportamento delle persone quando messe di fronte a determinate situazioni, come ha spiegato in un’intervista ai nostri microfoni Pietro Cipresso. Nel corso del suo intervento a SMAU Milano 2018, il ricercatore di psicometria dell’Università Cattolica di Milano, ha fatto riferimento a un software di realtà virtuale (NeuroVirtual) che può essere utilizzato gratuitamente dai professionisti della salute mentale per valutare e aiutare pazienti con problemi di gestione dello stress, ma anche quelli affetti dal morbo di Parkinson. I pazienti in questo caso vengono immersi in degli «ambienti preconfezionati, come la cucina, il soggiorno, lo studio o il supermercato» e vengono assegnati loro dei compiti specifici.

Realtà virtuale per la promozione della salute mentale | Pietro Cipresso
Realtà virtuale per la promozione della salute mentale | Pietro Cipresso

Per esempio, il contesto del supermercato virtuale è stato utilizzato per valutare le funzioni esecutive sia in pazienti con Parkinson che in pazienti sani. Nella ricerca “Virtual multiple errands test (VMET): a virtual reality-based tool to detect early executive functions deficit in Parkinson’s disease“, Pietro Cipresso e altri ricercatori hanno dimostrato come la realtà virtuale può essere utile per identificare le prime insorgenze o i primi sintomi della demenza. Questo perché, come ha spiegato l’esperto, i test neuropsicologici volti a valutare dei processi cognitivi come la memoria, l’apprendimento o le funzioni esecutive vanno a misurare questa patologia in una fase in cui il problema sussiste già, mentre la realtà virtuale potrebbe essere utile per identificare il problema in una fase molto precoce. Per fare ciò, come spiegato nello studio, viene chiesto ai pazienti di realizzare dei compiti molto specifici, tipici del quotidiano, che consentano al professionista di valutare lo stato di salute della persona: per esempio, viene chiesto al paziente di fare la spesa all’interno del supermercato virtuale, acquistando determinati prodotti, senza passare nello stesso corridoio più di una volta.

Questo tipo di soluzione permette al professionista un’osservazione diretta dei comportamenti del paziente, nei contesti reali della vita di tutti i giorni, in aggiunta alle informazioni che egli stesso dichiara sul suo stato di salute.

Anche la terapia cognitivo comportamentale computerizzata può essere di aiuto nel caso di depressione o ansia e a questo proposito è stato sviluppato un videogioco dal nome “SPARX”, acronimo che sta per Smart, Positive, Active, Realistic, X-factor thoughts. Si tratta di un programma per computer, attualmente disponibile solo per i residenti in Nuova Zelanda, che ha lo scopo di aiutare i giovanni a gestire i sintomi di depressione, stress e ansia, insegnando loro a controllare e risolvere i propri problemi seguendo l’approccio della terapia cognitivo comportamentale, una forma di psicoterapia orientata alla cura di diversi tipi di disturbi psicopatologici. Per prendere parte a questo gioco, però, gli utenti devono prima rispondere a un test della personalità per comprendere se può effettivamente essere d’aiuto.Realtà virtuale e videogiochi sui social

Corsi online di counseling e forum online

È possibile trovare, inoltre, corsi online certificati da enti riconosciuti (cliniche, università, enti, ecc.) per persone che soffrono di problemi legati a ansia e depressione, disturbo da stress post-traumatico, attacchi di panico, ecc. A titolo esemplificativo riportiamo l’iniziativa non-profit THIS WAY UP, creata da un gruppo di psichiatri e psicologi dell’ospedale St. Vincent’s a Sidney e sponsorizzato dal governo australiano e dalla Clinical Research Unit for Anxiety and Depression (CRUfAD). All’interno del sito è possibile accedere a una serie di corsi che consentono di seguire percorsi, a seconda del tipo di disturbo, per imparare a gestire meglio alcuni dei sintomi associati a ogni patologia. Questi possono essere seguiti dall’utente in maniera autonoma oppure possono essere utilizzati dai professionisti. I diversi esperti di salute mentale possono infatti prescrivere questi corsi all’interno della terapia e ricevere i risultati dei questionari e dei test effettuati dall’utente da casa (tramite computer o mobile), ottenendo così maggiori dati relativi allo stato di salute del paziente.

Ci sono, poi, diversi forum, moderati da professionisti della salute, che consentono di partecipare a conversazioni con persone che raccontano le proprie esperienze, chiedono consigli, ricevendo aiuto da professionisti e sentendo le storie di chi decide di condividere le proprie difficoltà, paure o ansie. A questo proposito, è opportuno menzionare il sito, creato dal governo australiano, in cui vengono messe a disposizione diverse risorse del digitale per la promozione della salute mentale, incentivando in questo modo la diffusione di informazioni accurate e certificate da enti riconosciuti e da professionisti della salute mentale.

headtohealth.gov.au

Fonte: headtohealth.gov.au

Avvertenze e problemi relativi alla privacy

Ovviamente, le applicazioni e in generale tutte le tecnologie che consentono di monitorare i pazienti a distanza implicano che questi autorizzino il trattamento dei loro dati personali. Come spiega Claudio Mencacci, presidente della Società Italiana di Psichiatria, «si avverte la necessità di una legislazione adeguata e specifica che garantisca la privacy del paziente. Inoltre, un altro limite è la perdita di empatia nella relazione medico-paziente, dove l’informalità del rapporto digitale può più facilmente esporre persone vulnerabili alle conseguenze di condotte poco etiche da parte di medici poco professionali».

Nonostante ciò, ci sono già diverse terapie per la salute mentale che sfruttano le tecnologie digitali e che potrebbero dare un contributo per la cura di alcuni disturbi. Per questo motivo, man mano che queste tecnologie diventano più diffuse e sofisticate bisogna anche trovare i meccanismi che consentano di sfruttarne i relativi vantaggi, garantendo comunque la sicurezza e il rispetto della privacy dei pazienti.

Bisogna in ogni caso sottolineare che le tecnologie e le soluzioni di cui si è discusso non sostituiscono il ruolo del terapista, necessario per guidare il processo personalizzato e adatto ai problemi di ogni paziente. Il rapporto terapista-paziente è comunque essenziale nella cura delle malattie mentali, ma è possibile affermare che queste tecnologie daranno un notevole contributo allo sviluppo di tecniche e forme di intervento sempre più efficaci.

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