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Qual è la vera dimensione del fenomeno fake news?

Dimensione del fenomeno fake news: uno studio prova a misurarla

Le iniziative per combatterle sono tante e sono diventate issue prioritarie nel discorso pubblico. Qual è però la vera dimensione del fenomeno fake news?

Sono state parola dell’anno del 2017, qualcuno le crede addirittura vere responsabili della vittoria di Donald Trump ed è innegabile come siano diventate nel tempo una issue difficile da ignorare quando in gioco c’è qualità e salute del discorso pubblico. Qual è, però, la vera dimensione del fenomeno fake news ? È la domanda a cui ha provato a rispondere un factsheet di Reuters Institute e Oxford University dal titolo “Measuring the reach of fake news and online disinformation in Europe”. A partire da una lista di siti che i più importanti fact-checker hanno riconosciuto come autori principalmente di informazioni false e scorrette, quello che hanno fatto i ricercatori è stato delineare per la prima volta in Europa la dimensione del problema, arrivando a una conclusione non scontata: il portato delle fake news potrebbe essere stato ampiamente sovrastimato in questi anni dal momento che, almeno a guardare i dati sull’esposizione dei cittadini europei a notizie totalmente false o manipolate, esse rappresentano una percentuale davvero minima della dieta mediatica degli utenti.

Le premesse dello studio: cos’è un sito di notizie false?

Per la realizzazione dello studio è stato preso in esame un campione di trecento siti che pubblicano costantemente notizie false o manipolate per scopi politici e lucrativi. I due paesi di riferimento sono stati in particolare la Francia e l’Italia: tra i paesi europei, infatti, sono state negli ultimi tempi osservate speciali quanto a imparzialità e qualità dell’informazione, specie a causa dell’avvicinarsi nel secondo caso dell’appuntamento con le urne.

La dimensione del fenomeno fake news è stata stimata, così, come confronto tra il numero di utenti, il tempo di lettura, l’ engagement sui principali canali social di quelli che sono stati individuati come siti di notizie false e quelli invece dei principali e più tradizionali protagonisti dell’informazione di ogni paese.

Qualche premessa è indispensabile per capire meglio i risultati dello studio. Il campione, innanzitutto, non pretende di essere rappresentativo di tutto l’universo della misinformazione online: non sono stati considerati i siti satirici o di mock journalism, esattamente come non sono stati inclusi i siti che fanno giornalismo di scarsa qualità e non si è tenuto conto del fatto che, non meno frequentemente, notizie false e non verificate trovano spazio anche nelle home page di grandi giornali considerati affidabili. In altre parole? I lettori europei potrebbero essere più esposti a fake news di quanto lo studio in questione riesca a fotografare, ma rimane il fatto che l’allarme fake news non è almeno quantitativamente giustificato.

In Europa, infatti, nessuno dei siti di notizie false ha una reach che sia anche lontanamente paragonabile a quella dei siti dei più importanti quotidiani di ciascun paese – per avere un ordine di grandezza si tratta di una media del 3% dei primi contro quella di oltre il 50% dei secondi. In più, anche il tempo mediamente passato dagli utenti su siti che pubblicano e diffondono notizie palesemente false è nettamente inferiore rispetto al tempo di permanenza sulle home page dei principali quotidiani. Solo sui social c’è un dato che potrebbe destare preoccupazione: in qualche caso i siti di notizie false hanno interazioni che sono in tutto e per tutto paragonabili a quelli dei media ufficiali, non è un mistero del resto che notizie di questo tipo siano costruite ad arte per risultare d’appeal, altamente coinvolgenti, immediatamente condivisibili da parte dei lettori.

Dimensione del fenomeno fake news: la situazione italiana

Qual è, insomma, la dimensione del fenomeno fake news in Italia? Secondo Reuters Institute e Oxford University anche il più popolare sito di notizie false (Retenews24, ndr) raggiungerebbe in media appena il 3.1% degli italiani sul web ogni mese, mentre gli altri siti di fake news (da meteogiornale.it a Tze Tze, ndr) hanno una reach che raggiunge appena l’1%. Sono percentuali molto basse se si considera che siti come Repubblica.it o Il Corriere della Sera raggiungono con le loro notizie più della metà degli internauti italiani. Il panorama italiano, per il resto, sembra mostrare una minore disaffezione nei confronti dei soggetti media tradizionali, almeno rispetto alla Francia per esempio dove le versioni digitali di giornali come Le figaro o Le Monde vengono letti al mese da appena un quarto degli utenti in Rete.

Per tornare al quadro italiano, comunque, non si può non notare come ci sia una sorta di sovrapposizione di target : chi legge siti di notizie false si informa anche su altri siti, cercando forse di incrociare le fonti: oltre il 62% di chi ha letto Retenews 24 a ottobre 2017, così, ha letto anche Il Corriere della Sera per esempio.

Anche se si guarda al tempo di permanenza sui siti di notizie false, poi, si capisce perché il fenomeno fake news sia almeno nella portata meno allarmante di quanto si immagini. Mediamente su un sito italiano di notizie false vengono spesi complessivamente 2 milioni di minuti al mese, il sito su cui si passa più tempo è Meteo Giornale (che, oltre a fornire previsioni meteo, condivide con una certa frequenza notizie chiaramente non veritiere su alieni, asteroidi e simili, ndr) ma anche in quel caso il tempo speso in totale ogni mese non supera i 7.5 milioni di minuti: solo per fare un confronto, su Repubblica.it si trascorrono ogni mese oltre 443 milioni di minuti e su Il Corriere della Sera quasi 297milioni.

Le interazioni sui social rischiano di mostrare un quadro in parte diverso: come già si accennava, anche in Italia se si considera numero di like, commenti, condivisioni su Facebook, alcuni siti di fake news sembrano più performanti di altri media tradizionali. Otto siti di notizie false, per esempio, generano da soli più interazioni di quanto non faccia un sito come quello di Rainews. Tra quelli con performance migliori c’è un sito (iovivoaroma.org, ndr) che pubblica notizie locali sulla Capitale ma molto spesso manipolate o intrise di visioni politiche. A guardarli bene, dati come questi raccontano come le fake news siano appositamente costruite spesso sfruttando l’interesse umano o giocando con bias e pregiudizi di un certo target specifico di lettori proprio per risultare facilmente condivisibili e in grado di creare coinvolgimento. Non va dimenticato, comunque, che se si guarda a realtà con una presenza digitale più lunga e strategica – ancora la Repubblica e Il Corriere della Sera – anche le metriche social sono tutt’altro che paragonabili.

La dimensione del fenomeno fake news, insomma, è meno preoccupante di quanto si possa pensare. Questo non significa che la lotta alle bufale e, più in generale, a un’informazione distorta non valga la pena di essere combattuta e che le iniziative contro le notizie false già intraprese a livello comunitario, dai singoli Paesi o per opera dei big del digitale o persino dalle aziende, non siano utili: alla base della vita associata non può che esserci un discorso pubblico equilibrato, paritario, di qualità.

Il rischio è piuttosto che fatti alternativi e post-verità diventino esclusivamente un territorio politico e che ci si allontani dalla vera esigenza di garantire un ecosistema informativo sano.

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