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Diritto d'autore online e foto: chiarimenti importanti della CGUE

diritto d'autore online e foto: chiarimenti importanti della CGUE

La Corte UE sulla lesione del diritto d'autore online rispetto all'utilizzo di materiale fotografico altrui: importanti i principi espressi.

La tutela del diritto d’autore e delle correlate pretese di sfruttamento economico rappresenta, nell’epoca del web, una autentica sfida per il legislatore nazionale e per quello unionistico: è evidente, infatti, che lo “spazio infinito” della rete e la impossibilità di monitorare con precisione tutte le vicende utilizzative o manipolative dei contenuti caricati in rete mettono a durissima prova l’effettività di quel compendio di norme, pur nutrito, che dovrebbe garantire l’esercizio di diritti dominicali sulle opere dell’ingegno. La problematica in questione, non a caso, ha proprio di recente suscitato un asprissimo dibattito – ad oggi ben lontano dal concludersi – con riferimento alla cd. link tax in seno a un più ampio progetto di riforma del diritto d’autore online avviato dall’UE. Da ultimo, poi, sulla questione è intervenuta la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (II Sez., sent. 7 agosto 2018, C‑161/17), chiamata a chiarire la portata, alla luce della normativa UE, dei diritti spettanti all’autore in riferimento all’utilizzo, da parte di un soggetto non autorizzato, di foto pubblicate online dall’autore medesimo, anche allorquando questi non espliciti alcuna limitazione alla fruizione dei terzi del contenuto di sua creazione: c’è lesione del diritto d’autore online?

Il caso

Il casus belli ha una genesi davvero singolare e che, per certi versi, potrebbe addirittura far sorridere se si pensa al numero di volte che episodi del genere si verificano quotidianamente. Un’alunna di una scuola tedesca, nell’ambito di un progetto didattico di un laboratorio linguistico di spagnolo, aveva rinvenuto in rete un’immagine suggestiva della città di Cordoba, inserendola nel proprio elaborato. Quest’ultimo era poi stato caricato in rete, sul sito dell’istituto scolastico. Insorgeva, tuttavia, l’autore dello scatto utilizzato dall’alunna, un fotografo professionista tedesco, il quale si doleva dell’utilizzo sine titulo della propria opera dell’ingegno, invocando quindi la rimozione della stessa e la corresponsione di una somma di danaro a titolo remunerativo-risarcitorio. Va precisato, peraltro, che la menzionata fotografia si trovava su di un sito di viaggi senza restrizioni atte a impedire che venisse scaricata e, in ogni caso, nel proprio elaborato l’alunna aveva inserito, sotto di essa, un riferimento a detto sito.

I connotati quasi “banali” della questione, emergono chiaramente dalle conclusioni dell’Avvocato Generale dinanzi alla Corte: «in tempi non molto remoti, i lavori tematici svolti a scuola su cartelloni venivano illustrati con fotografie, stampe e disegni pubblicati su libri e riviste. Una volta terminati, essi venivano esposti negli istituti scolastici (per consentirne la visione ai genitori), senza che gli autori di tali immagini solessero chiedere risarcimenti per il loro utilizzo. Al giorno d’oggi, gli studenti, che si sono adeguati all’attuale tecnologia, continuano ad inserire fotografie o disegni nei loro lavori, con la differenza, però, che tanto questi ultimi quanto le immagini adoperate per la loro elaborazione sono digitali». Nel caso di specie, invece, il solerte fotografo avanzava pretese inibitorie e risarcitorie nei confronti dell’istituto scolastico (in vece del quale venivano evocati in giudizio l’amministrazione comunale ed il Land incaricato del controllo della scuola e datore di lavoro dei relativi insegnanti). Ebbene, in prima istanza il fotografo otteneva la condanna del Land alla rimozione della foto e al pagamento di una somma di 300€. In appello, invece, il Tribunale Superiore eliminava la statuizione risarcitoria, accogliendo solamente la domanda inibitoria. Adita la Corte Federale di Giustizia per la cassazione della sentenza, il Collegio riteneva di non poter decidere sulle doglianze delle parti (quella del fotografo, che insisteva con le pretese risarcitorie; quella del Land, che insisteva per il rigetto integrale delle avverse domande) senza che fosse prima più puntualmente chiarita l’interpretazione da accogliere dell’art. 3 par. 1 della Direttiva 2001/29, a mente del quale va riconosciuto agli autori il diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsiasi comunicazione al pubblico, su filo o senza filo, delle loro opere, compresa la messa a disposizione del pubblico delle loro opere in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente.

La disciplina internazionale, sovranazionale e nazionale

Per comprendere esattamente la portata della questione, occorre precisare che qui non ci troviamo dinanzi ad un caso di “appropriazione“dell’opera dell’ingegno altrui, come nell’ipotesi di chi, individuato un certo contenuto protetto dal diritto d’autore online, se ne impossessa comportandosi come se ne avesse la paternità: nel qual caso, infatti, nulla quaestio, essendo senz’altro la condotta dell’usurpatore illecita (con profili di rilevanza anche penale). L’ipotesi in questione è, invece, quella del soggetto che, riconosciuta la paternità altrui di un dato contenuto – nel caso di specie foto pubblicate online – procede a utilizzare le stesse senza disporre del consenso dell’avente diritto. Il punto, allora, per utilizzare l’esatta terminologia giuridica, è quello della lesione del diritto di comunicazione al pubblico dell’opera dell’ingegno, ovverosia quella facoltà dell’autore che si estrinseca nella possibilità, positiva o negativa, di consentire la fruizione dell’opera da parte di terzi, anche quando tale fruizione avviene “a distanza” ovvero senza l’intermediazione diretta dell’autore (ad es. riproduzione sul proprio pc di un contenuto creato da altri). La facoltà degli autori di opere letterarie ed artistiche di autorizzarne, tra l’altro, ogni forma di fruizione da parte del pubblico si rinviene già in fonti internazionali, tra cui è opportuno far riferimento al Trattato sul diritto d’autore dell’OMPI (Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale) del 20 dicembre 1996 e alla più risalente Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche (Atto di Parigi del 24 luglio 1971).

Per quanto attiene poi al diritto derivato dell’Unione Europea, occorre far riferimento dapprima alla direttiva 93/98/CEE (successivamente modificata e abrogata dalla direttiva 2006/116/CE) e, con specifico riferimento all’obiettivo di disciplinare la protezione del copyright e dei diritti connessi nella cosiddetta società dell’informazione, come accennato, alla Direttiva 2001/29, finalizzata ad armonizzare ulteriormente il diritto d’autore applicabile alla comunicazione di opere al pubblico, intendendosi con tale espressione ogni forma di messa a disposizione o fruizione da parte del pubblico non presente nel luogo in cui esse hanno origine (Considerando 23).

Sebbene il caso riguardi in via precipua la Germania, è significativo sottolineare come il nostro Governo abbia deciso di intervenire nel procedimento, sostenendo la posizione contraria alle domande del fotografo. Se quindi la vicenda de qua è stata ritenuta rilevante per il nostro Paese dal Governo sì da spingerlo a intervenire (come del resto ha fatto la Francia), appare utile verificare, seppur sommariamente, le previsioni normative italiane in proposito. In Italia la Dir. 29/2001 è stata recepita con D. Lgs. 68/2003 e, in specie, mediante detto atto-fonte si è proceduto a modificare la L. 633/1941 sul diritto d’autore sostituendo il “vecchio” diritto di «diffondere» l’opera con quello, come si è detto di matrice unionistica, relativo alla «comunicazione al pubblico dell’opera», ricomprendendovi quindi anche la facoltà per ogni fruitore di avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente. Anche in Italia, quindi, tra le varie facoltà dominicali che spettano all’autore sull’opera dell’ingegno v’è quella di stabilire se e quando procedere a una comunicazione al pubblico, fermo restando che il relativo diritto non si estingue per effetto della fruizione consentita, essendo quindi sempre possibile per l’autore impedirne ogni (futura) fruizione (art. 16 L. 633/41).

diritto d’autore foto online: il problema della “comunicazione al pubblico”

È chiaro, dunque, che il problema che qui si pone è quello di capire se, con la condotta dell’alunna, si sia realizzata o meno una comunicazione al pubblico (nuova e ulteriore rispetto a quella acconsentita dall’autore con la pubblicazione sul sito di viaggi), giacché in caso positivo ci troveremmo effettivamente di fronte a un comportamento illecito. Ciò posto, occorre precisare – come chiarisce la CGUE nella pronuncia in esame – che la Direttiva 2001/29 persegue quale obiettivo principale la realizzazione di un «livello elevato di protezione a favore degli autori, consentendo ai medesimi di ottenere un adeguato compenso per l’utilizzazione delle loro opere, in particolare in occasione di una comunicazione al pubblico. Ne consegue che la nozione di «comunicazione al pubblico» dev’essere intesa in senso ampio, come espressamente enunciato dal considerando 23 di tale direttiva (sentenza del 14 giugno 2017, Stichting Brein, C‑610/15, EU:C:2017:456, punto 22 e giurisprudenza ivi citata)».

Perché si abbia comunicazione al pubblico, secondo l’interpretazione che di tale nozione offre la CGUE (Sentt. del 16 marzo 2017, AKM, C‑138/16, EU:C:2017:218, punto 22, e del 14 giugno 2017, Stichting Brein, C‑610/15, EU:C:2017:456), occorrono due elementi indefettibili:

  • un atto di comunicazione, da identificarsi come messa a disposizione del contenuto in maniera tale che gli interessati possano, se lo vogliono, accedervi;
  • un pubblico, ovvero un numero indeterminato e comunque piuttosto considerevole di destinatari potenziali.

Alla stregua di tali indici, nel caso di specie non si dubita che la condotta dell’alunna, ovverosia l’utilizzazione di foto pubblicate online in un elaborato caricato su un diverso sito web, integri gli estremi di un atto di comunicazione. Né tantomeno si può ragionevolmente questionare sul fatto che i destinatari della pubblicazione effettuata sul sito della scuola fossero plurimi e indeterminati, costituendo così un pubblico: in fin dei conti, attraverso l’upload sul sito della scuola, il contenuto altrui, incorporato nel progetto dell’alunna, è stato messo a disposizione dell’intera platea degli internauti. L’applicabilità della direttiva 2001/29 potrebbe quindi apparire quasi scontata, apparendo prima facie manifestamente sussistenti i relativi requisiti. In verità, però, secondo un certo filone giurisprudenziale, perché si possa effettivamente parlare di un (ulteriore) atto di comunicazione è necessario che venga ad essere coinvolto un «nuovo pubblico» rispetto a quello originariamente considerato dall’assenso del titolare. La ratio di tale criterio “correttivo” è chiara: se il pubblico beneficiario della condotta di ridistribuzione del contenuto è il medesimo rispetto alla originaria “autorizzazione” concessa dall’autore, è chiaro che in concreto non v’è alcuna mortificazione delle potestà dominicali di questi rispetto alla sua opera dell’ingegno. I “beneficiari” dell’opera, infatti, rimarrebbero gli stessi, ovverosia continuerebbero ad essere quelli nei cui riguardi la comunicazione era già stata consentita (in termini, sentenze del 13 febbraio 2014, Svensson e a., C‑466/12, EU:C:2014:76, punto 24; dell’8 settembre 2016, GS Media, C‑160/15, EU:C:2016:644, punto 37, e del 14 giugno 2017, Stichting Brein, C‑610/15, EU:C:2017:456, punto 28). Applicato al caso di specie, tale ragionamento avrebbe i seguenti termini: se le foto pubblicate online erano già accessibili a tutta la platea degli utenti di Internet, perché l’autore le aveva pubblicate senza esplicitare alcuna restrizione (1° atto di comunicazione), allora il fatto che altri le abbiano utilizzate (senza appropriarsene, beninteso), ripubblicandole su altro sito, non integra un vero e proprio nuovo atto di comunicazione al pubblico, perché quel materiale resta fruibile dalla stessa platea di destinatari (nel caso di specie la totalità degli internauti). È questa la posizione sostenuta dall’autorità tedesca e dal Governo italiano.

Di diverso avviso, invece, la Commissione Europea, la difesa del fotografo e il Governo francese, i quali ritengono che il suddetto orientamento non possa trovare applicazione in un caso come quello descritto. Questo perché in realtà quelle conclusioni erano state elaborate per l’ipotesi in cui la (controversa) seconda comunicazione al pubblico fosse avvenuta attraverso un link ipertestuale e, dunque, attraverso un rimando all’originaria comunicazione al pubblico effettuata dall’autore. In questa ipotesi, infatti, l’autore effettivamente conserverebbe un pieno controllo in ordine al pubblico beneficiario (che resterebbe così invariato), in quanto ben potrebbe rimuovere il contenuto “a monte”, interrompendo così anche la fruizione “a valle”, ovverosia attraverso l’hyperlink. Non così, invece, nel caso delle foto pubblicate online che vengano scaricate e ricaricate su altro server: in questa ipotesi, infatti, a seguito della nuova messa in rete, il titolare non è più in misura di esercitare il suo potere di controllo sulla comunicazione iniziale di tale opera e, di conseguenza, il pubblico può considerarsi (almeno potenzialmente) diverso, in quanto la sua ampiezza non dipende più dalle scelte dell’autore: si verifica, quindi, uno “sganciamento” tra le sorti della prima comunicazione e quelle della seconda, dovendosi quindi considerare quest’ultima come una vera e propria comunicazione al pubblico, in senso tecnico-giuridico.

la soluzione offerta dalla CGUE e i principi generali ricavabili

Per risolvere la questione, la CGUE premette come, da una giurisprudenza costante della Corte risulti che

  • fatte salve le eccezioni e le limitazioni previste dall’articolo 5 della direttiva 2001/29, qualunque atto di riproduzione o di comunicazione al pubblico di un’opera da parte di un terzo richiede il previo consenso del suo autore;
  • gli autori dispongono, in forza dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, di un diritto di natura precauzionale che consente loro di frapporsi tra eventuali utenti della loro opera e la comunicazione al pubblico che detti utenti potrebbero ritenere di effettuare, ciò al fine di vietarne la stessa.

Ne deriva, quindi, come «un siffatto diritto di natura precauzionale sarebbe privo di efficacia pratica nell’ipotesi in cui si dovesse ritenere che la messa in rete, su un sito Internet, di un’opera precedentemente pubblicata su un altro sito Internet e con l’autorizzazione del titolare del diritto d’autore non costituisca una comunicazione a un pubblico nuovo. Infatti, siffatta messa in rete su un sito Internet diverso da quello su cui è stata effettuata la comunicazione iniziale potrebbe avere l’effetto di rendere impossibile o, per lo meno, considerevolmente più difficile l’esercizio da parte del titolare del suo diritto, di natura precauzionale, di richiedere la fine della comunicazione della medesima, eventualmente, rimuovendo l’opera da tale sito Internet sul quale quest’ultima è stata comunicata con la sua autorizzazione o revocando l’autorizzazione precedentemente accordata ad un terzo».In concreto, infatti, l’opera resterebbe disponibile sul sito Internet sul quale è stata effettuata la nuova messa in rete anche nell’ipotesi in cui il titolare del diritto decidesse di interromperne la fruizione da parte di terzi mediante il suo sito.

Peraltro, la tesi patrocinata dalle autorità tedesca e italiana si scontra anche con un referente testuale esplicito, ovverosia l’art. 3 par. 3 della Direttiva, ove si precisa che il diritto di comunicazione «non si esaurisce con un atto di comunicazione al pubblico o di messa a disposizione del pubblico»Dunque, anche allorquando una certa platea di soggetti abbia già fruito (o abbia avuto la possibilità di fruire) dell’opera dell’ingegno, non vengono mai meno le facoltà dell’autore. Accettando la tesi in parola, invece, de facto con la prima comunicazione al pubblico l’autore perderebbe la signoria sulle sorti dell’opera, giacché non potrebbe più nemmeno “tracciarne” la fruizione da parte di terzi, figurarsi vietarla. Inoltre, la tesi “utilizzazionista” svaluta del tutto la facoltà per l’autore di poter esigere un adeguato compenso per l’utilizzo della sua opera, sfruttando «commercialmente la messa in circolazione o la messa a disposizione degli oggetti protetti, concedendo licenze dietro il pagamento di un compenso adeguato per ogni utilizzazione degli oggetti protetti (v., in tal senso, sentenza del 4 ottobre 2011, Football Association Premier League e a., C‑403/08 e C‑429/08, EU:C:2011:631, punti 107 e 108)»:è ovvio, infatti, che se il terzo potesse “rilanciare” a piacimento le opere altrui, resterebbe del tutto mortificato il diritto allo sfruttamento economico dell’opera da parte dell’autore.

Per gli effetti, allora, la CGUE, valorizzata la natura precauzionale delle facoltà spettanti all’autore, risolve la questione sottopostale concludendo nel senso che

  1. la messa in rete di un’opera protetta dal diritto d’autore su un sito Internet diverso da quello sul quale è stata effettuata la comunicazione iniziale con l’autorizzazione del titolare del diritto d’autore deve, nelle circostanze come quelle di cui al procedimento principale, essere qualificata come messa a disposizione di un pubblico nuovo di siffatta opera. Invero, in dette circostanze, il pubblico preso in considerazione dal titolare del diritto d’autore nel momento in cui ha autorizzato la comunicazione della sua opera sul sito Internet sul quale quest’ultima è stata inizialmente pubblicata è costituito dai soli utilizzatori di detto sito (e non dagli utilizzatori del sito Internet sul quale l’opera è stata ulteriormente messa in rete senza l’autorizzazione di detto titolare) o dagli altri internauti (par. 35 sent.);
  2. il fatto che il titolare del diritto d’autore non abbia posto restrizioni alle possibilità di utilizzo della fotografia da parte degli internauti non influisce sulla soluzione del caso, giacché il godimento e l’esercizio del diritto previsto dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 non possono essere subordinati ad alcuna formalità (v., in tal senso, sentenza del 16 novembre 2016, Soulier e Doke, C‑301/15, EU:C:2016:878, punto 50) – (par. 36 sent.);
  3. a differenza dei collegamenti ipertestuali, che contribuiscono al miglior funzionamento della rete e non pregiudicano il potere precauzionale e di signoria dell’autore sulle opere protette, la messa in rete su un sito Internet senza l’autorizzazione del titolare del diritto d’autore di un’opera precedentemente comunicata su un altro sito Internet con l’accordo di detto titolare non solo non contribuisce alla “efficienza” della rete, ma si risolve in una «lesione del giusto equilibrio tra, da un lato, gli interessi dei titolari del diritto d’autore e dei diritti connessi alla protezione della loro proprietà intellettuale, garantita dall’articolo 17, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, e, dall’altro, la tutela degli interessi e dei diritti fondamentali degli utenti degli oggetti protetti, in particolare della loro libertà di espressione e d’informazione, garantita dall’articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali, nonché dell’interesse generale».

In conclusione, quindi, in disparte le specificità e la dimensione quasi estrema e rigoristica del caso di specie, quel che è importante rilevare è come, a giudizio della Corte UE, pur a fronte di una generale accessibilità di un contenuto pubblicato in rete e protetto dal “diritto d’autore online”, costituisce condotta illecita quella che si sostanzia nel prelevare detto contenuto per utilizzarlo secondo i propri intendimenti, anche ove non vi sia falsa attribuzione della paternità dell’opera e anche ove non vi sia stata finalità lucrativa, essendo le norme sul diritto d’autore poste a tutela delle ampie facoltà del titolare dell’opera, dovendo poter questi stabilire ex ante, controllare in continenti e rimeditare ex post l’an, il quis ed il quomodo di fruizione dell’opera stessa.

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