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Epic fail dei vip sui social media: casi di scuola e lezioni da imparare

Epic fail dei vip sui social media: casi di scuola e lezioni da imparare

I personaggi famosi oggi scelgono di “esserci” negli ambienti digitali: cosa c’è da imparare però sugli epic fail dei vip sui social media?

Stare sui social media è il modo migliore per crearsi una community affezionata e interagire con essa; costruire prima e nutrire poi la propria immagine pubblica; monitorare e, perché no, correggere il flusso delle conversazioni che riguardano in prima persona e, non ultimo, rendersi visibili in un panorama affollato. I personaggi famosi lo hanno ormai capito bene ed è per questo che, sia che li gestiscano in prima persona sia che abbiano una social media manager professionista che se ne prenda cura per loro, pongono sempre più attenzione a quello che postano dai loro account. Attenzione che, però, non sempre basta a stare al riparo da strafalcioni ed errori imperdonabili nella maggioranza dei casi, considerato che si tratta di personaggi pubblici con una forte influenza (almeno in potenza) sul loro “seguito”. Dalle opinioni poco politically correct agli estremi di reato, passando per le bufale e i commenti che sarebbero certo dovuti rimanere “di retroscena”, tanti sono insomma gli epic fail dei vip sui social media che hanno fatto scuola e che dovrebbero insegnare a tutti, famosi e non, come (non) stare in questi ambienti.

Quando le star hanno bisogno di un social media manager

Stabilire chi fa cosa è la prima task fondamentale. Come si accennava, infatti, molti personaggi famosi hanno ormai uno o un intero staff di social media manager che si occupa di gestire la sua presenza digitale: è la scelta migliore, soprattutto quando si ha necessità di gestire una community o una fanbase molto grande o quando si è incentrata la propria attività (e il proprio successo, quindi) interamente sul digitale e non ci si possono permettere cadute di stile o, più in generale, quando la portata del proprio ruolo pubblico richiede un’immagine sempre inappuntabile.

La soluzione migliore, in casi come questi, è distinguere sempre i ruoli: lo staff social potrà occuparsi di pianificazione, di creazione dei contenuti e di pubblicazione di quelli da calendario editoriale, mentre al personaggio in questione potrà essere lasciata la libertà di pubblicare i messaggi più personali e occasionali. Meglio soprattutto “firmare” i singoli contenuti, in modo che il pubblico possa sapere sempre a chi attribuire il messaggio, se direttamente al personaggio famoso o ai suoi collaboratori. Fermo restando, comunque, che la responsabilità su quanto pubblicato tenderà a ricadere sempre, a livello di immagine almeno, sulla star: contenuti inappropriati, opinioni estreme, ecc., anche se “firmate” dallo staff le verranno sempre ricondotte al vip in prima persona, per l’impossibilità di pensare che non si condivida con i propri collaboratori almeno la stessa “visione”.

Star sui social: meglio fare attenzione ai retroscena

Tra gli epic fail dei vip sui social media più curiosi, comunque, c’è un ampio campionario di “retroscena” che svelano (quando non dovrebbero) le dinamiche di pubblicazione di certi contenuti. Lo sa bene Gianni Morandi, sui social uno dei personaggi più simpatici e seguito tra le star nostrane, che è stato accusato più volte di fingere una spontaneità invece, a detta di qualcuno, molto ben costruita e strategica: galeotto fu un selfie che conteneva delle indicazioni sull’orario di condivisione e che costò al cantante bolognese una serie di aspre polemiche. Né meglio sembra essere andata a Matteo Renzi: dalla pagina Facebook ufficiale dell’allora Premier venne pubblicato un album di foto scattate durante una visita istituzionale ad Alessandria che riportava erroneamente l’indicazione esplicita di non condividere uno scatto che ritraeva un disabile: la polemica fu inevitabile, considerato anche la rilevanza sull’agenda pubblica di un tema come l’inclusione della disabilità.

Non fu certo l’unica volta in cui il team del politico incappò in, più o meno gravi, errori social. Per esempio, nell’occhio del ciclone è stata una fanpage legata all’area politica di riferimento dell’ex sindaco di Firenze: Matteo Renzi News. Dalla pagina erano stati condivisi spesso paragoni azzardati tra i risultati elettorali francesi, con la vittoria di Macron, e quelli italiani, quando non addirittura più goderecce similitudini tra Renzi e Totti. I diretti interessati, Renzi e il PD, hanno più volte risposto alle accuse riguardanti questi contenuti sostenendo che la gestione della pagina fosse completamente estranea al team di comunicazione ufficiale: peccato che un errore nello switch di account abbia rivelato che a gestire la pagina in questione fosse proprio uno stretto collaboratore del gruppo.

E a proposito di strategie poco oculate, come non citare il caso (del luglio 2017) di un estratto sull’immigrazione del nuovo libro del segretario del PD che ha fatto infuriare la Rete. Tanti gli errori a detta degli esperti: dalla scelta del copy, che riprendeva vision e linguaggi tipici di uno schieramento politico e di un elettorato completamente differente, al fatto di essere stato condiviso e poi immediatamente cancellato dall’account ufficiale del partito. Non stupisce, così, che sia passato come uno dei più gravi errori di comunicazione del PD di sempre.

Quando l’epic fail è una questione politica

L’epic fail sui social media, però, non conosce schieramenti. I congiuntivi traballanti del vicepresidente dalla camera Luigi di Maio, il flaming su Twitter dell’onorevole Gasparri, le numerose gaffe che hanno nutrito un ampio catalogo di meme con protagonista il sindaco di Roma Virginia Raggi: sono solo alcuni esempi di come quello tra ambienti digitali e politici sia un rapporto complesso, pieno di luci sì, ma anche di tante ombre.

Lo sa bene Donald Trump: più volte il nuovo presidente americano si è ritrovato nell’occhio del ciclone soprattutto per i suoi cinguettii sui generis. È successo quella volta in campagna elettorale, quando volendo menzionare in un tweet l’amata figlia Ivanka, Trump sbagliò utente e si ritrovò a fare i conti con un’attivista contro il cambiamento climatico.

O quella volta in cui il presidente americano bloccò l’account di Stephen King, generando una gara di solidarietà verso lo scrittore che vide tra i protagonisti persino J.K. Rowling che si offrì di condividere privatamente con il collega i messaggi che non poteva più leggere.

Per non parlare di quella volta in cui tutto il web è stato inondato di meme e messaggi simpatici sull’inspiegabile termine “covfefe” che apparse in uno dei tweet del presidente: a far sorridere gli utenti fu in quell’occasione non tanto la gaffe quanto il tentativo dello staff di nasconderla, giurando che il presidente sapesse perfettamente cosa voleva dire.

Gli epic fail dei vip sui social? Hanno conseguenze reali

Ben oltre l’ilarità della Rete e la caduta d’immagine, però, in qualche caso gli epic fai dei vip sui social media possono portare a ben più spinose conseguenze. Il rapper 50 Cent, per esempio, è stato convocato dai giudici per una serie di foto che lo immortalavano circondato da svariate mazzette di dollari, nonostante avesse da poco dichiarato la bancarotta.

In quel caso fu facile spiegare che si trattava di soldi falsi. Peggio andò invece a Austin Butler e Vanessa Hudgens che si giurarono amore sulle rocce di Sedona: una località protetta in Arizona, per cui è prevista una pena a chiunque la danneggi.

E se tra i pericoli più lamentati dai personaggi famosi ci sono la totale mancanza, negli ambienti digitali, di privacy e le costanti violazioni a cui sono esposti, in qualche occasione sono essi stessi, come la maggior parte degli utenti “normali” del resto, a minare la propria cybersecurity con comportamenti a rischio.

Si pensi solo allo scatto con cui Federica Pellegrini, per mostrare il risultato negativo del test antidoping, rivelò ai suoi follower su Instagram alcuni suoi dati personali o a quando Kanye West postò su Twitter una schermata del suo desktop da cui era semplice accorgersi che stava scaricando contenuti illegali.

Epic fail dei vip sui social: è tutta una questione d’immagine

Proprio alcune immagini “sbagliate”, poi, sono costate numerose gaffe ai vip sui social. Un caso che ha fatto scuola è quello che vide Madonna, o chi per lei, postare una foto ammiccante con didascalia che giocava con il vizio di fumare e quello di giocare sul fuoco.

Peccato che la foto in questione non fosse una foto di Madonna ma di Paola Barale, la show girl italiana che a inizio carriera giocò molto con la somiglianza con la cantante. I commenti piovvero immediatamente sul clamoroso errore di Madonna: tra gli interventi più rilevanti, che portarono l’epic fail sotto l’occhio dei riflettori mediatici, quello di Rudy Zerby, un noto produttore musicale italiano, e della stessa Paola Barale che giocò sulla confusione creata dalla cantante postando una vera foto di Evita Peron, interpretata dalla star nell’omonimo musical.

In un simile qui pro quo sembra essere cascato anche Flavio Briatore: in un post polemico contro Luciana Littizzetto, che aveva scherzato sulla frequenza delle sue visite dal chirurgo, l’imprenditore aveva provato con una foto come anche la comica avesse più volte fatto ricorso al bisturi… peccato che quella in questione non fosse proprio la Littizzetto, ma una donna che le somigliava molto.

Quando l’epic fail è “di marca”: un caso che ha fatto scuola

Non solo epic fail dei vip sui social media, però, anche i brand in qualche occasione sono caduti in gaffe ed errori indesiderabili, tanto più che in gioco non c’è in questo caso solo una questione d’immagine, ma la credibilità stessa del brand e il ritorno concreto sulle vendite. Uno dei “casi” più famosi in questo senso è rappresentato dalle esternazioni di Dolce e Gabbana contro il ricorso a fecondazione artificiale e madri surrogate per le coppie omosessuali. «Non mi convincono i figli della chimica, i bambini sintetici, uteri in affitto, semi scelti da un catalogo»: così si erano espressi pubblicamente i due stilisti sui social. La risposta, però, arrivò subito da Elton John: un’immagine dei figli, postata su Instagram con la didascalia «Come osate chiamare ‘sintetici’ i miei bei figli? Il vostro pensiero arcaico è fuori tempo, proprio come la vostra moda. Non potrò mai più indossare Dolce e Gabbana». Il post riassumeva la posizione del baronetto e fu l’atto iniziale di una vera e propria “guerra” contro le collezioni del brand, combattuta al grido di #BoycottDolceGabbana e che vide aderire molti personaggi famosi, del mondo LGTB e non solo, tra cui Ricky Martin.

«Un esempio molto concreto di come oggi una dichiarazione su un tema molto sensibile rilasciata in un’intervista ad una testata nazionale può, grazie alla rapidissima propagazione sui social network mediata da soggetti molto influenti, assumere una portata internazionale e moltiplicare il suo impatto, già di per sé notevole», commentò allora Andrea Barchiesi, AD di Reputation Manager. Dalla vicenda il brand, e più in generale tutte le aziende che abbiano intenzione di stare sui social, avrebbero dovuto capire che non sempre intervenire a ogni costo su questioni di grande rilevanza pubblica è la strategia migliore.

La nota firm del fashion, invece, sembra averne approfittato per impiantare su quello stesso hashtag una strategia giocata sulla provocazione: non a caso #BoycottDolceGabbana, poi, è diventato lo slogan   con cui lo stesso brand ha risposto alle accuse di aver vestito Melania Trump in occasione della visita in Vaticano, mentre altri stilisti già al tempo dell’insediamento si erano categoricamente rifiutati di vestire la first lady per un’incompatibilità di messaggi. Da D&G hanno ribadito che l’unico messaggio da valorizzare a tutti i costi è la femminilità e la seduzione del corpo femminile e, giocando appunto di provocazione, hanno invitato gli haters e chiunque non fosse d’accordo a boicottare il brand e le sue collezioni.

Miley Cyrus compresa: in un post con cui si congratulava con il fratello per la nuova avventura da modello, la cantante rimarcava infatti il suo rammarico per la scelta proprio di Dolce e Gabbana per provarsi nel mondo della moda.

Quando l’epic fail dei vip sui social media si trasforma in un’operazione strategica di brand, insomma, può succedere persino che si faccia proprio un messaggio negativo, tanto da integrarlo nella propria strategia di comunicazione… e di farlo diventare un proprio elemento di riconoscibilità.

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