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Festival of Media Global 2017: il punto sullo stato di media e programmatic

Festival of Media Global 2017: il punto sullo stato di media e programmatic

Dal programmatic ai media in generale: di questo e tanto altro si è parlato al Festival of Media Global 2017 di cui siamo stati media partner

Il Festival of Media è un evento particolare che rappresenta un’occasione di incontro tra grandi player internazionali e di networking improntato al business e a possibili collaborazioni tra aziende.
I diversi panel organizzati rappresentano in realtà soltanto un modo per fare il punto della situazione delle evoluzioni – talvolta anche rivoluzioni – nel campo dei media nel corso dell’anno, discutendo con vari ospiti dello stato dell’arte di alcuni specifici settori come advertising e programmatic. Il Festival of Media Global 2017, organizzato sempre da C Squared, si è svolto dal 7 al 9 maggio nelle sale del Rome Cavalieri, Waldorf Astoria, il lussuoso hotel che anche per quest’edizione ha ospitato l’evento, coerente rispetto alla mission generale e alle modalità delle precedenti edizioni.

©Inside Marketing

Nonostante sia stato più un’occasione per osservare e non per interagire direttamente con organizzatori e relatori – che in genere rappresenta per noi, da rivista media partner, una vera ricchezza personale e professionale – il Festival of Media Global 2017 ha rappresentato, comunque, lo scenario ideale per affrontare ed approfondire tematiche interessanti ed in continua evoluzione.

Festival of Media Global 2017: l’organizzazione

La struttura dell’evento è rimasta invariata rispetto alle precedenti edizioni: un’unica plenaria in mattinata (dalle ore 9 alle 13.20 circa), in cui si sono alternati diversi ospiti, e tre diverse sale in cui si sono svolti in contemporanea nel pomeriggio (dalle 14.45 alle 17.30 o 16.30 il secondo giorno) diversi speech.

©Inside Marketing

Jeremy King, Chief Operating Officer del Festival of Media Global 2017, ha aperto la due giorni con una breve introduzione ed ha presentato ed intervistato alcuni degli ospiti dell’evento. Grazie alla simpatia e alla spiccata dialettica è riuscito a mantenere sempre desta l’attenzione della platea, destreggiandosi con eleganza e competenza tra i vari argomenti.

L’idea di dividere per tematica le sale degli speech pomeridiani (Programmatic stream, Content stream e Measurement stream) è stata davvero ottima, così come la scelta di organizzare gli spazi a disposizione con tavoli – con tanto di blocknotes, penna e bottiglie d’acqua sempre presenti – e sedie, consentendo ai partecipanti di potersi posizionare comodamente con i propri dispositivi e di fare networking. Al termine di ogni intervento è stato lasciato molto spazio alle domande del pubblico cosa che ha permesso di realizzare una interazione diretta con gli speaker, sempre molto disponibili.

Una piccola nota stonata potrebbe essere la presenza di tante tavole rotonde nel corso dell’intero evento: se da un lato, infatti, consentono di avere più interventi in contemporanea da parte di più personaggi di spicco, dall’altro portano nella maggior parte dei casi a speech brevi, poco approfonditi e spesso, per questo, meno utili e accattivanti.

Il dubbio resta anche sullo svolgimento interamente in inglese del Festival of Media Global 2017 – così come anche per le altre due edizioni – che dà l’impressione di esclusione in un evento di respiro internazionale che però, realizzato in Italia, assurdamente, vuole tenersi del tutto fuori dal contesto nazionale: difatti non è stato possibile avere una traduzione istantanea degli speech.

L’angolo degli editori

In un evento che aveva come tema centrale la necessità di demistificare il nuovo ordine mondiale (letteralmente “Demystifing the new world order” il claim di questa edizione del #FOMG17), di certo non poteva mancare, poi, uno spazio dedicato a editori e giornalisti, per necessità in prima linea nel raccontare, e in parte e montare e smontare, ogni giorno quello stesso “nuovo ordine” globale.

Il resto dell’agenda del Festival of Media Global 2017, incentrato su tematiche piuttosto tecniche e con relatori di spicco sì ma forse un po’ troppo di settore, aveva lasciato del resto un vuoto ingiustificato data la natura dell’evento: quello di chi, con uno sguardo a trecentosessanta gradi, riuscisse a scovare e dare forma ai principali cambiamenti avvenuti rispetto all’ultimo appuntamento nella stessa location e per la stessa occasione. Cosa c’è di diverso, in altre parole, da un anno a questa parte nel panorama dei media e quali sono le chiavi interpretative migliori per leggere in maniera organica e prospettica questi cambiamenti? Soprattutto, però, quali sono le sfide che i media, tradizionali e non, si trovano a fronteggiare? A rispondere a questa domanda, così, ci hanno pensato nello stream Content professionisti del campo che fanno capo ad alcune di quelle che un tempo avremmo chiamato semplicemente testate, ma che oggi sono vere e proprie media agency internazionali come “The Telegraph”, “New York Times”, “The Guardian”. A loro l’onere e l’onore di spiegare come si può (e si deve!) essere ancora rilevanti per i lettori, partendo dall’analisi dei big data che si hanno a disposizione, pensando a contenuti verticali che appaiano come cuciti su misura sui gusti e sulle esigenze delle nicchie e, perché no, sfruttando le numerose opportunità che vengono oggi dai contenuti branded e sponsorizzati. Immancabili, poi, i momenti di riflessione su bufale, post-verità, fatti alternativi: come ignorare, del resto, chi la considera una delle aree con più impatto sui trend del giornalismo per il 2017.

Non si è trattato qui, però, semplicemente di indagare il vero significato del termine fake news, molto più che abusato, piuttosto di fare valutazioni più di lungo termine che tenessero conto per esempio dell’impatto deleterio che notizie non verificate e simili possono avere sugli investimenti pubblicitari o del coinvolgimento attivo che andrebbe richiesto anche a piattaforme, gestori, brand che investono in contenuti quando in gioco c’è la loro diffusione. Responsabilità, del resto, non può che essere la parola chiave se la missione è demistificare, appunto, il sistema che abbiamo creato.

Il successo? È da trovare tramite il potere della paura

Abituati come siamo alla “formula” TEDx, quello che ci aspettiamo – e un po’ velatamente temiamo – da eventi come il Festival of Media Global 2017 è che siano almeno in parte anche “ispirazionali”. Al #FOM17, così, non è mancato neanche il momento motivazionale, affidato però (per fortuna) alla verve e alla simpatia di Michelle Poler, fondatrice e CEO di hellofears.com che, per chi non lo conoscesse ancora come molti dei partecipanti al primo giorno del Festival, è un progetto con cui ha provato letteralmente a dire addio in cento giorni, affrontandone una al giorno, alle sue paure più banali e quotidiane, da quella di parlare in pubblico a quella di volare.

Perché dare il via così all’agenda di quest’anno? Da “spettatori” di quanto stava avvenendo sul main stage, è apparso come un buon auspicio per la riuscita del Festival e delle sue premesse, tematiche almeno. Uscire dalla propria comfort zone, per quanto comoda e rassicurante sia, è quello che le aziende media devono fare per poter essere competitive e rilevanti e porsi in una dimensione reale di servizio per il pubblico. Senza contare che le numerose storie di chi solo affrontando e vivendo le sue maggiori paure è riuscito a crescere in ambito professionale, Costantemente raccolte su hellofears.com, hanno contribuito a portare l’attenzione su un altro tema “caldo” del Festival of Media Global 2017: quella della diversità che, sul mercato del lavoro, stenta ancora e a torto a essere riconosciuta come valore aggiunto. Un filo rosso, quello del necessario empowerment dei nuovi lavoratori del settore media e non solo, che ha legato insomma molti e interessanti interventi, tra cui anche quello di Shelley Zalis, CEO di The Female Quotient, con cui al margine del #FOMG17 abbiamo avuto modo di parlare, in un’intervista, di imprenditoria e occupazione femminile.

Tra le questioni affrontate anche quelle relative all’intelligenza artificiale, all’impatto che essa può avere nell’industria dell’advertising, all’importanza dei dati nei processi creativi e di avvicinamento ai consumatori. Molto interessante, poi, – grazie anche al supporto di slide sufficientemente esplicative e allo stesso tempo sintetiche – lo speech di Jason Forbes sull’utilizzo di diverse piattaforme, con contenuti diversificati, per ottenere maggiore engagement con i consumatori, senza però tralasciare l’analisi dei dati.

Davvero utile, inoltre, l’intervento di Andrea Campana, CEO di Beintoo – con cui abbiamo avuto modo di conversare al termine dello speech –, sull’uso della geolocalizzazione per intercettare la giusta audience nel posto giusto e al momento giusto.

Non potevano mancare, poi, parti dedicate all’influencer marketing, al futuro della TV e, naturalmente, al mobile. Sicuramente il supporto grafico ha aggiunto un qualcosa in più agli interventi, cosa che mancava, ad esempio, nelle tavole rotonde che, come detto prima, risultano probabilmente l’anello debole.

L’importanza dello storytelling

©Inside Marketing

L’evento ha lasciato spazio non solo ad argomenti tecnici – come è stato magari spesso nel caso di programmatic oppure ads – ma anche a questioni più narrative. Come non menzionare, allora, l’intervento di Greg Stodgon – Senior Vice President of Creative Media di Burberry – accompagnato da Asif Kapadia, regista dello spot della festive campaign 2016 del brand. Facile immaginare, allora, come il centro del discorso sia stato “The tale of Thomas Burberry”, grande esempio di brand storytelling. I due hanno discusso della convergenza che esiste tra l’industria cinematografica, l’universo dei media e il marketing, sottolineando come questi tre fattori possano coesistere e collaborare, al fine di dar vita a prodotti compiuti di grande rilevanza artistica.

Lo spot – trasmesso in plenaria dinanzi alla platea gremita in sala – è fortemente cinematografico: non è un caso, infatti, che siano stati chiamati attori di un certo spessore. Tutto ciò ha avuto un unico obiettivo: creare un viaggio emozionale – come hanno dichiarato i protagonisti dell’intervento – che ripercorresse la vita del fondatore di Burberry, ponendo l’accento sull’identità di marca . Importante a tal proposito è stato uscire dalla comfort zone, sperimentando per realizzare un grande prodotto per un periodo – quello natalizio – fondamentale per un luxury brand.

A sottolineare l’importanza dello storytelling ha contribuito l’organizzione dell’evento: i pannelli installati all’ingresso del percorso – che portava prima allo spazio adibito a bar, poi a quello riservato al networking ed infine alle tre sale – presentavano le parole chiave che hanno contraddistinto il Festival of Media Global 2017 creando una sorta di narrazione, concetto ribadito anche nel programma dell’evento che si presentava come una serie di tappe da svolgere, necessariamente, in ordine.

©Inside Marketing

Quanto se ne è “parlato” sui social?

Con Talkwalker – azienda che consente di monitorare, attraverso il proprio software, le conversazioni circa un determinato hashtag , per esempio – abbiamo provato ad analizzare quanto e come si è parlato dell’evento sui social media .

La piattaforma più utilizzata è stata Twitter – con il 21K% di menzioni –, mentre restano defilate Facebook e Instagram. Il picco di interazioni si è avuto nel corso del secondo giorno (il primo effettivamente di speech) e di pomeriggio, quando gli interventi sono stati divisi nelle tre diverse sale.

Come, però, se ne è parlato? Il sentiment è prettamente neutro (56% su Twitter, piattaforma, come detto, più utilizzata); il resto delle interazioni rivela commenti tutto sommato positivi (31.6% su Twitter), con una piccola percentuale di sentiment negativo (12.4%).

Nonostante fosse un evento in lingua inglese, l’italiano – probabilmente grazie ai partner nazionali presenti, tra cui noi – è la lingua più utilizzata. A seguire, chiaramente, l’inglese. Tra gli argomenti top, naturalmente, pubblicità e marketing e, in generale, notizie di economia.

A conversare online sono state principalmente le donne (65.8%), casualmente per un evento con una alta presenza femminile tra gli speaker; le figure professionali che più si sono attivate sui social per commentare il Festival of Media Global 2017 sono state: autore/scrittore e direttore esecutivo. Soltanto dopo imprenditori, cui probabilmente buona parte dell’evento era dedicata.

Di seguito una panoramica sugli “ influencer ” di rilievo che hanno twittato utilizzando l’hashtag #FOMG17, come indicato dagli organizzatori nelle brochure e via email.

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