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Che legame esiste tra fattori ESG e reputazione aziendale? Uno studio di KPI6 e una case history dagli USA

Fattori ESG e reputazione aziendale: uno studio KPI6

Esiste un legame tra processi che riguardano tutela ambientale, sociale e questioni di governance in un'azienda e reputazione della stessa? Uno studio di KPI6 prova a far luce su questo tema.

Cosa lega fattori ESG e reputazione aziendale? Quanto incide, quindi, sulla buona predisposizione dell’opinione pubblica nei confronti di un’azienda il fatto che questa si dimostri attenta all’impatto ambientale, sociale e ai diritti delle persone? Sono domande a cui KPI6 ha provato a rispondere durante l’evento online “CSR: Consumer + Strategy + Responsibility”.

I consumatori sono sempre più interessati ad ambiente, società e diritti

Il dato macroscopico da cui partire è un interesse sempre più diffuso, già da qualche anno, per questo tipo di tematiche. Secondo delle rilevazioni effettuate dalla stessa KPI6, dal 2017 non smette di crescere il numero di ricerche effettuate ogni anno in Rete a proposito degli investimenti ESG all’interno delle aziende: il tasso di crescita si è fatto più consistente nel post COVID e ha avuto quest’anno in particolare un exploit, attestandosi al +194%.

Più nel dettaglio, c’è chi cerca “cosa sono” e “cosa significa” ESG: segno che anche un’utenza poco specializzata è sempre più interessata a capire come le aziende integrino al loro interno processi che hanno a che vedere con la tutela ambientale (la “E” della sigla sta per “environment”) e sociale e con questioni di governance (dagli ultimi due aspetti derivano rispettivamente la “S” e la “G” dell’acronimo).

Nella tag cloud delle ricerche correlate non mancano, però, neanche keyword come “perché investire”, “chi certifica ESG”, “fondi ESG” a evidenziare come sia soprattutto un target di addetti ai lavori a essere sempre più interessato e considerare importante indagare le interconnessioni tra fattori ESG e reputazione aziendale.

A voler distinguere tra le tre tematiche, in Italia sembra si discuta soprattutto di tematiche sociali e ambientali (a cui si riferiscono rispettivamente il 48% e il 42% dei quattro milioni di conversazioni analizzate da KPI6) e solo in maniera minoritaria di governance (a questa categoria appartiene appena il 10% delle conversazioni).

millennials e appartenenti alla generazione z sembrano, ancora, gli italiani più interessati a come le aziende investono in corporate social responsibility , fanno brand activism o più in generale si dimostrano preoccupate dell’impatto socio-ambientale delle proprie attività: è in parte una conferma dei tanti studi che vogliono i consumatori più giovani anche consumatori più consapevoli.

Mentre i primi sembrano preoccupati soprattutto delle questioni ambientali (la percentuale di Millennials che parla di ambiente in Rete tocca quasi il 70%), i secondi sembrano più preoccupati delle questioni sociali (la percentuale di genZer che parla di queste tematiche è almeno il 30%).

All’interno di ciascuna tematica, ancora, ci sono questioni che sembrano per gli italiani – e che dovrebbero essere, per questo, di conseguenza per le aziende –  più rilevanti di altre. Discutendo in rete di temi sociali, per esempio, gli italiani si soffermano soprattutto sui diritti LGTBQIAP+ e lo fanno in particolare da quando il DDL Zan ha avuto un iter complesso in parlamento, ma anche di sicurezza sul lavoro.

Quanto alle tematiche ambientali le più in voga sono, invece, smart city ed economia circolare. Chi parla in Rete di governace si esprime soprattutto su questioni di privacy e più nel dettaglio su come avviene il tracciamento dei dati personali con e senza cookie, ma anche di corruzione e di salario minimo.

Un caso vero di come fattori ESG e reputazione aziendale siano intimamente legati

Una case history aiuta a capire meglio che legame c’è tra fattori ESG e reputazione aziendale o, meglio, tra la crescente attenzione dei consumatori per queste tematiche e la reputazione delle aziende coinvolte in casi di cronaca o scandali che abbiano a che vedere proprio con ambiente, società, diritti.

Tyson Foods è stata una delle aziende più colpite dal coronavirus negli Stati Uniti: a fine luglio 2020 c’erano oltre 10mila casi tra i circa 100mila lavoratori dei 291 impianti di confezionamento della carne1. Molti consumatori americani avevano cominciato a non fidarsi di acquistare carne del marchio per paura del contagio e la situazione si è aggravata quando il Centers for Disease Control and Prevention americano ha sostenuto che l’87% dei contagiati apparteneva a una minoranza etnica.

Chi in quei giorni parlava di Tyson Foods in Rete lo faceva soffermandosi su temi centrali per la corporate social responsibility (di responsabilità sociale e ambientale parlava il 63% delle conversazioni di Tyson Foods analizzate da KPI6). Spesso lo faceva chiamando in causa direttamente il management e figure di alta responsabilità all’interno dell’azienda: subito dopo quello ufficiale del brand , il secondo account più menzionato su Twitter nei giorni della crisi era quello del CEO di Tyson Foods, Dean Banks.

Diritti dei lavoratori e diritti degli animali vengono fuori, ancora dalla tag cloud dei termini più ricorrenti nelle conversazioni in Rete sui casi di COVID-19 negli impianti dell’azienda come questioni prioritarie su cui secondo i consumatori il brand avrebbe dovuto lavorare. La seconda questione emerge un po’ a sorpresa, ma a dimostrazione di come nuove crisi e nuovi eventi controversi in cui un’azienda è coinvolta possano rivelarsi “catalizzatori” di vecchie accuse come lo è per Tyson Foods quella, appunto, di maltrattare gli animali.

Il sentiment delle conversazioni analizzate da KPI6 è prevedibilmente negativo (per quasi il 90% dei messaggi) e prevalgono emozioni come rabbia (nel 47.9% dei tweet) o disappunto (nel 41.9%).

Quando Tyson Foods è intervenuta a prendere delle azioni concrete, come la vaccinazione di massa dei dipendenti, contro il dilagare di contagi dei segnali positivi si sono cominciati a intravedere. La situazione è migliorata ulteriormente quando l’azienda ha adottato più trasparenza nel modo di gestire la crisi: ha aggiunto una sezione apposita al proprio sito aziendale2, stanziato fondi per iniziative di prevenzione, pubblicato report aggiornati sul numero di tamponi e di vaccinazioni nei propri impianti.

Da quel momento in poi anche le conversazioni in Rete che la riguardavano hanno assunto toni e sentiment meno negativi a dimostrazione empirica, sembra sottolineare KPI6, che fattori ESG e reputazione aziendale e soprattutto ben predisposizione da parte dell’opinione pubblica nei suoi confronti sono più intimamente legati di quanto spesso anche tra decisori in azienda si sia disposti a immaginare.

Note
  1. The New York Times
  2. Tyson Foods

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