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Si chiama FOBO, è la paura di (perdersi) opzioni migliori e condiziona tutto quello che facciamo on e offline

FOBO

Letteralmente con FOBO si indica la paura di (perdersi) delle opzioni migliori. Perché colpisce sempre più persone? E con che effetti?

È stretta parente della FOMO, quella paura di perderci qualcosa con cui abbiamo imparato a familiarizzare da quando letteralmente dipendiamo dai nostri smartphone. Secondo gli esperti però la FOBO, ossia la paura che ci siano opzioni migliori (dall’inglese “fear of better option“) avrebbe una connotazione se possibile ancor più narcisistica e, va detto, effetti decisamente più egodistonici.

La FOBO in atto: come funziona la paura di perdersi l’opportunità migliore

Passare interi minuti fermi davanti agli scaffali del supermercato e incapaci di scegliere tra questi o quei cereali per la colazione; rimandare all’ultimo minuto la scelta di cosa fare il sabato sera per paura di una proposta più allettante rispetto a quelle ricevute fin qui; ridursi a prenotare le vacanze pochi giorni prima di partire nella convinzione che una nuova meta imperdibile, un nuovo posto instagrammabile e trendy possa sempre aggiungersi al catalogo delle possibili destinazioni; l’infinito sfogliare il catalogo Netflix prima di decidere finalmente cosa vedere: sono tutte chiare manifestazioni di FOBO in quanto situazioni in cui una scelta esclude l’altra, altra che potrebbe essere appunto la scelta migliore.

A guardarla da vicino, insomma, la FOBO non è niente né di particolarmente nuovo, né di particolarmente diverso da quella che tanti psicologi sociali hanno spesso indicato come analysis paralysis, ossia quella vera e propria paralisi di cui è vittima chi è messo davanti a troppe alternative, tutte valide quasi allo stesso modo ma, appunto, quasi. Come si fa a essere certi che la via che si sta per intraprendere sia davvero quella migliore in assoluto? Dubbi come questo paralizzavano già i nostri antenati che, spiega McGinnis (studioso che ha dato a questa sorta di paura dell’opportunità migliore il nome di FOBO e che era già stato, tra l’altro, tra i primi a parlare di FOMO), già milioni di anni fa «erano programmati per aspettare l’opportunità migliore, dal momento che questo significava più possibilità di avere successo» nella caccia, nella ricerca di un luogo d’insediamento, ecc.

Sbaglia, insomma, chi crede che la FOBO sia un fenomeno tipico dei (soli) ambienti digitali. Certo di vero c’è che, abituati come siamo a usare i social per un continuo live streaming delle nostre vite quotidiane, questi ambienti ci costringono a un continuo confronto con gli altri, le esperienze che vivono, i risultati che raggiungono e via di questo passo e ciò può generare una sorta di ansia sociale che si concretizza, a valle, nell’incapacità di fare una scelta perché spaventati che non sia davvero quella migliore. O che ci fa apparire tali: se si faceva accenno alla natura narcisistica della FOBO è, infatti, perché essa è direttamente ricollegata all’immagine che di sé si cerca di veicolare online, alla patinata identità digitale che si è continuamente impegnati a costruire. Semplificando molto, se il mio gruppo di amici ha deciso di passare il sabato sera in discoteca mentre io ho optato invece per pizza e cinema, ed entrambi non possiamo fare a meno di documentare il tutto con Storie su Instagram, recensioni dei locali in cui siamo stati, ecc., è probabile che la best option agli occhi del mio pubblico immaginato non sia tanto la mia, quanto quella del resto dei miei amici e ciò potrebbe certamente intaccare la mia immagine.

Più facile è capire come Amazon e gli altri ecommerce , tanto quanto i servizi streaming in abbonamento come Netflix o Spotify contribuiscono, con i propri cataloghi pressoché infiniti, a sviluppare una certa paura di non fare mai la scelta giusta. Lo stesso fanno occasioni come black friday o Cybermonday: a chi non è capitato di aspettare fino al minuto prima della mezzanotte nel sospetto che potesse arrivare un’offerta migliore di quelle già disponibili o su oggetti di cui si ha più bisogno, salvo poi ritrovarsi a non acquistare niente e lasciarsi scappare anche le altre occasioni?

La paura di perdersi occasioni migliori porta sempre verso la scelta ottimale?

Chi ha studiato lo FOBO, oltre che a capire quali soggetti sono più inclini a sviluppare questa forma di timore nello scegliere (secondo un’ipotesi sarebbero soggetti che cercano sempre il massimo e che non riescono, invece, ad accontentarsi di una ricompensa immediata) e perché, ha provato a indagare quali sono gli effetti sia su chi ne è vittima, sia su chi gli sta intorno. L’incapacità di scegliere genera stress nell’individuo, fa salire i livelli d’ansia, quando non addirittura può essere la causa scatenante di veri e propri episodi di disturbi da ansia. Simile lo stress percepito da chi vive vicino a una persona affetta da fear of best opportunity, soprattutto per l’impossibilità di fare programmi che la coinvolgano. Da qui l’idea che la FOBO risulti, a valle, egodistonica: mentre prova ad aumentare la considerazione sociale dell’individuo, di fatto genera in lui sofferenza e tende a isolarlo.

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