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Dalle sfilate agli acquisti online: così la moda si fa digital

Fashion e luxury 2.0 - Dalle sfilate agli acquisti online: così la moda si fa digital

Il digitale ha trasformato il settore moda e l'acquisto di beni di lusso. Per saperne di più su fashion e luxury 2.0 scarica il white paper.

Quando si pensa al made in Italy si pensa anche e soprattutto alla moda: una lunga tradizione di aziende attive nel settore, alcuni dei brand più amati a livello internazionale e con una storia tutta italiana hanno fatto, del resto, del nostro Paese il luogo del bel vestire. Neanche la moda, però, sembra essere immune alla digital disruption di questi anni.

La digitalizzazione ha imposto profonde trasformazioni a qualsiasi punto della filiera: scopo di questo focus è, allora, provare a descrivere le principali, a partire dalle best practice nostrane e non solo, evidenziando i principali driver che hanno portato la moda a farsi digitale (e anche un po’ il digitale a farsi di moda). Il tutto a partire da un’osservazione preliminare: come quelli di qualsiasi altro settore, i brand del fashion non possono permettersi, oggi, di non essere in quegli ambienti digitali e 2.0 in cui è possibile incontrare spontaneamente i propri consumatori. Ciò si traduce nella necessità di pensare a una strategia digitale chiara, efficace, in grado di riflettere quell’immagine e quei valori aziendali che per un brand di moda sono fondamentali. Quello di un capo o di un accessorio, infatti, non è quasi mai un acquisto pragmatico: riflette uno stile di vita, un modello di riconoscimento, uno status symbol che qualsiasi elemento della brand presence deve saper veicolare. Diversi studi di settore riportati in questo focus dimostrano, allora, come negli anni più recenti anche le firm più classiche abbiano provato a svecchiare e rendere più modaiola – è il caso di dirlo – la loro immagine. Lo hanno fatto con campagne social e di content marketing delle più originali, facendo ricorso alternativamente a prodotti dall’allure cinematografica (lo spot di Spike Jonze per la nuova fragranza di Kenzo o la festive campaign di Burberry, per esempio) e a user generated content , affidandosi con sempre più costanza agli influencer .

Dei vantaggi e delle opportunità offerte dall’influencer marketing si è detto spesso e in abbondanza: quello che si è provato a fare qui, grazie a un precedente studio sulla community di fashion blogger e beauty vlogger nostrane e a interviste e contributi ad hoc di esperti del settore, è stato dare una risposta più netta alla domanda ‘cosa fa davvero un influencer di moda e quanto influisce, per esempio, nella formulazione della decisione d’acquisto del cliente finale?‘. Oggi, probabilmente, quanto i più tradizionali eventi di settore.

Più di quanto si possa immaginare, infatti, la moda è ancora un settore che più degli altri vive di una dimensione esperienziale e di un fitto calendario di appuntamenti glam e riservati a pochi. Le Fashion Week milanesi, le sfilate newyorkesi, l’haute couture parigina: sono tutti eventi imperdibili per i fashion addicted ed è lecito chiedersi che effetto abbia avuto il digitale anche su di questi. La parola d’ordine è integrazione, sembrano sottolineare gli esperti intervistati a proposito. Non è un caso, del resto, che anche le passerelle siano diventate in questi anni sempre più hi-tech e non solo grazie a filati stampati in 3D, abiti a led, giacche rese intelligenti da quella tecnologia body-on, ma soprattutto grazie a sperimentazioni che hanno coinvolto realtà aumentata, Google Glass, chatbot e inevitabilmente snap e storie su Instagram, bottoni Buy Now e qualsiasi altra novità geek del momento. È l’idea stessa di evento di moda, insomma, a essere cambiata ed è impossibile non tenerne conto.

Quasi di pari passo è cambiata anche l’idea di acquisto luxury. Ci siamo chiesti, infatti, se il passaggio all’e-shopping fosse avvenuto o stesse avvenendo anche per i beni di lusso. I diversi studi menzionati sembrano non lasciare dubbi: c’è chi lo fa più di altri (i cinesi, per esempio, sono campioni di e-luxury), ma in generale chi compra prodotti luxury è disposto oggi anche a farlo online. Certo, il customer journey è più articolato di quanto si possa immaginare: c’è chi guarda un prodotto prima in negozio e poi lo compra in ecommerce e viceversa e omni-canalità pare debba essere il mantra per i brand del fashion che vogliano garantire un’esperienza di valore ai propri consumatori.

Tra gli altri risvolti di questa transizione al digitale che la moda sta attraversando ci sono, comunque, l’impatto delle nuove tecnologie sulla filiera produttiva, sul momento creativo in cui nascono capi e collezioni e, immancabilmente, sulle professioni della moda e sul come pensare, ancora, a una carriera nel fashion.

Le soluzioni, le best practice, i consigli degli esperti raccolti in questo focus variano di caso in caso. C’è, però, un filo rosso: la moda che si fa digitale e che fa del digitale una moda non può dimenticare quella dimensione dell’artigianalità che, in Italia almeno, le è intrinseca e non può che scegliere, di volta in volta e in ogni campo, per flessibilità e soluzioni su misura.

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