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Se un influencer fa promozione dei beni culturali: la Galleria degli Uffizi di Firenze e l'effetto Chiara Ferragni

L'effetto Chiara Ferragni agli Uffizi tra polemiche e un numero maggiore di giovani visitatori al museo nel fine settimana.
Con oltre 4mila musei, 6mila aree archeologiche, 85mila chiese soggette a tutela, 40mila dimore storiche e 54 siti Unesco, l’Italia possiede un patrimonio culturale unico al mondo. Affinché venga valorizzato in modo corretto servono non solo risorse economiche ma anche risorse umane, organizzative, di marketing, affinché la ricchezza generata dal bene torni al territorio. I beni culturali necessitano di tutela e valorizzazione non solo tramite la manutenzione e il restauro delle opere stesse, ma anche attraverso interventi indiretti volti a promuoverne la conoscenza e a sensibilizzare l’opinione pubblica. In un periodo delicato come quello che stiamo vivendo, in cui l’Italia perde quasi 31 milioni di turisti stranieri e circa un museo su otto rischia la chiusura, quest’ultima attività diventa ancora più importante non solo per incentivare la ripresa economica del settore favorendo lo sviluppo del famoso “turismo di prossimità”, ma anche per raggiungere un target , quello dei giovanissimi, troppo spesso ignorato quando si parla di valorizzazione e promozione dei beni culturali. Sembra essere questa, dunque, la motivazione alla base dell’operazione di co-marketing che negli scorsi giorni ha visto Chiara Ferragni posare per un servizio di Vogue Hong Kong all’interno della Galleria degli Uffizi di Firenze – invitando i suoi follower a visitare «uno dei musei più belli al mondo» a detta dell’ influencer – e che ha suscitato non poche critiche da parte della Rete e di noti personaggi pubblici dal mondo dell’arte e della cultura.
Chiara Ferragni agli uffizi “come la venere di botticelli”
A scatenare la polemica è stato un post pubblicato sull’account Instagram del museo, che immortala la nota influencer davanti alla “Nascita di Venere” di Sandro Botticelli e che la definisce una «divinità contemporanea nell’era dei social», paragonandola così a Simonetta Vespucci, la nobildonna genovese musa del famoso pittore rinascimentale.
L’idea alla base del post sembra essere in linea con la strategia di comunicazione della galleria fiorentina e con la vision del direttore Eike Schmidt (che ha accompagnato personalmente la nota influencer durante la visita e il servizio fotografico). Con oltre 470mila follower il museo, infatti, non solo è presente su diversi canali social, ma utilizza tali piattaforme per adattare sapientemente contenuti e tone of voice a diversi target di riferimento (non a caso la Galleria degli Uffizi è stato il primo museo italiano a fare una diretta su TikTok).
Chiara ferragni agli uffizi: la Polemica
Ad accogliere Chiara Ferragni agli Uffizi e i suoi 20,5 milioni di follower sono state, dunque, numerose polemiche che hanno diviso in due l’opinione pubblica tra chi attacca l’influencer e chi invece ne apprezza il ruolo come testimonial del turismo culturale italiano nel mondo.

Commenti a confronto dall’account Instagram di Chiara Ferragni e della Galleria degli Uffizi di Firenze.
Se infatti sul profilo di Chiara Ferragni sono fioccati cuori e commenti positivi, il post pubblicato sul profilo Instagram della Galleria ha generato un’ondata di hate speech non indifferente sia nei confronti dell’influencer che dell’intera gestione museale. Le critiche più dure sono arrivate da studiosi, appassionati e critici d’arte che, come si legge nei commenti al post, hanno visto nell’iniziativa una «marchetta» e una «caduta di stile» per un’istituzione dell’arte italiana come la Galleria degli Uffizi di Firenze.
Immondizia. E non per colpa della #Ferragni , che fa il suo lavoro. Ma della direzione degli #Uffizi , che invece non lo fa. https://t.co/jfoPuGl91N
— Tomaso Montanari (@tomasomontanari) July 17, 2020
Come ci si poteva aspettare, a difesa dell’imprenditrice digitale, invece, si è schierato il marito Fedez che in una serie di storie Instagram – dai toni decisamente accesi – ha attaccato gli hater.

Ad aggiungersi alla schiera di sostenitori anche il sindaco di Firenze Dario Nardella che su Twitter ha commentato:
C’è gente che riesce a criticare @ChiaraFerragni anche se visita un museo. Ma stiamo scherzando? Per noi sarà sempre benvenuta. E anzi, in un momento così difficile, ben venga chiunque voglia supportare la nostra cultura e condividere con il resto del mondo i tesori di Firenze!
— Dario Nardella (@DarioNardella) July 17, 2020
Allo stesso modo hanno reagito tanti esperti del mondo del marketing e della comunicazione che hanno visto nell’iniziativa di co-marketing tra l’influencer di Cremona e il noto museo fiorentino un modo per poter avvicinare i più giovani al patrimonio culturale italiano attraverso nuovi strumenti e nuovi linguaggi, quelli dei social, sicuramente più vicini a un segmento di consumatori che difficilmente viene raggiunto dalle campagne di comunicazione e marketing delle istituzioni culturali più tradizionali.
Sulla stessa linea è il commento del direttore del museo che in un’intervista a la Repubblica ha dichiarato: «Le nostre collezioni appartengono soprattutto alle giovani generazioni. Se i giovani non stabiliscono oggi una relazione col patrimonio culturale, è improbabile che in futuro, quando saranno loro i nuovi amministratori, vorranno investire in cultura».
Effetto chiara ferragni: +27% di giovani nel weekend
A placare in parte le polemiche sono stati i numeri: 610mila apprezzamenti per il post della Ferragni, quasi 40mila per quello della Galleria e più di 2500 commenti totali che hanno reso gli Uffizi trend topic su Twitter, Instagram e nelle ricerche Google.

I dati Google in merito all’andamento della keyword “Uffizi” negli ultimi 30 giorni.
Non si parla soltanto di vanity metrics : nei giorni successivi alla vicenda sono arrivati i dati relativi agli ingressi del weekend tra il 17 e il 19 luglio 2020, che hanno registrato 9321 visitatori (quasi 1810 presenze in più rispetto alle 7511 del fine settimana precedente) tra cui 3600 under 25. Secondo quanto riportato dal direttore del museo in un’intervista a Fanpage.it: «Non solo siamo schizzati alle stelle sui nostri canali social, ma per giunta quest’ultimo fine settimana abbiamo registrato fino al 27% di giovani, sotto ai 25 anni, in più al museo. Questa è una conseguenza tangibile […] ci consentirà di far rientrare alcune persone che ora sono in cassa integrazione».
Influencer e valorizzazione dei beni culturali: un binomio vincente
Quello di Chiara Ferragni alla Galleria degli Uffizi di Firenze non è il primo – né si spera l’ultimo – caso di influencer marketing nel settore dei beni culturali. Lo stesso Museo degli Uffizi qualche tempo prima aveva ingaggiato la nota tiktoker Martina Socrate per celebrare l’ingresso del museo sul social network preferito dalla gen Z, in occasione della “Settimana dei musei”, un’iniziativa organizzata proprio da TikTok e alla quale hanno partecipato, tra l’altro, altri colossi internazionali dell’arte come il Museo del Prado di Madrid, il Rijksmuseum di Amsterdam e il Naturkundemuseum di Berlino.
Dal mondo della musica a quello della moda, invece, sono tantissimi gli influencer e i personaggi famosi che hanno scelto di posare (o di scattarsi un selfie) all’interno location d’eccezione come musei, monumenti, parchi archeologici e centri storici, sia nel nostro paese che all’estero. Nel 2018, ad esempio, il rapper Jay-Z e la cantante Beyoncé hanno scelto il museo del Louvre di Parigi come set per il videoclip “Apeshit” (un’operazione che si vocifera abbia aiutato il museo a raggiungere un record di ingressi). Mentre il cantautore Mahmood ha annunciato di aver girato il videoclip del suo ultimo singolo proprio all’interno del Museo Egizio di Torino. Passando al settore del fashion, invece, la stessa Galleria degli Uffizi, così come Fontana di Trevi o Piazza di Spagna, sono state spesso teatro di eventi e sfilate organizzate da grandi maison come Gucci, Fendi e Chanel.
In conclusione, è evidente che, nonostante il fenomeno dell’ influencer marketing non sia nuovo al settore dei beni culturali, ad oggi sembra che una buona parte di pubblico non sia ancora del tutto pronta a forme promozionali di questo tipo. Ciò però non deve scoraggiare le istituzioni a sperimentare nuove strategie e strumenti comunicativi. La sfida – se di sfida si può parlare – è quella di trovare un compromesso tra nuovi e vecchi linguaggi, senza dimenticare che, come disse il massimo esponente della pop art Keith Haring: «l’arte non è un’attività elitaria riservata all’
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