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Gamification come strumento di marketing: strumenti, applicazioni, best practice

Gamification come strumento di marketing: strumenti, applicazioni, best practice

Si può utilizzare la gamification come strumento di marketing? E, se sì, in che modo? I consigli degli esperti e qualche caso di studio.

Secondo delle previsioni, entro il 2020 la customer experience diventerà il più importante elemento distintivo per il brand, ancor più di prodotto o prezzo . È facile comprendere allora perché – dall’assistenza clienti all’esperienza in-store, passando per il coinvolgimento della community sui social – le aziende provano sempre di più a controllare e a ottimizzare ciascuno di quei micro-momenti di cui è fatto il viaggio del consumatore. Una strategia della ludicizzazione, e cioè la possibilità di utilizzare il gioco e dei meccanismi di premi/ricompense per coinvolgere i propri clienti (attuali, prospect , fedeli), potrebbe rivelarsi molto utile in questo senso. La gamification come strumento di marketing si rivela, in altre parole, efficace così come quando utilizzata per migliorare l’ambiente di lavoro, lo spirito di gruppo dei dipendenti, la loro retention nei confronti dell’azienda.

Non deve stupire allora che, secondo il “Report Gamification 2020: What is the future of gamification?” di Gartner, più della metà dei professionisti (il 53%, ndr) si dice convinto che entro la fine del decennio l’utilizzo della gamification sarà diffuso e significativo in campi molto diversi, tra cui anche il marketing, appunto.

Il ricorso al gioco e all’elemento ludico per incentivare un comportamento o il compimento di una certa azione da parte del target di riferimento non è, però, novità di questi anni: la competition dell’impiegato del mese, popolare nelle grandi catene di fast food americani e non solo, è forse l’esempio più lampante di come la ludicizzazione sia una pratica già ben consolidata. La differenza è che, grazie all’integrazione con i social media e il mobile, usare la gamification come strumento di marketing è diventato oggi molto più semplice, efficace, accessibile. Un numero crescente di strategic planner e business manager ha iniziato, così, ad apprezzarne l’impatto a lungo termine immaginando uno scenario decisamente più roseo per l’immediato futuro, grazie soprattutto all’integrazione tra mobile, cloud, social e servizi basati sulla localizzazione.

Gamification come strumento di marketing: quando utilizzarla (e come)

In che occasioni e per quali scopi si rivela particolarmente utile, però, poter sfruttare i principi della gamification? Gli esperti hanno individuato alcune situazioni in cui più che nelle altre il rapporto brand -consumatore può essere costruito, o vissuto, giocando.

  • Il training dei clienti o la presentazione di un nuovo prodotto o servizio. Sono occasioni in cui i messaggi dell’azienda hanno una funzione chiaramente, e quasi esclusivamente, esplicativa: proprio come quando si spiegano le regole di un gioco, ci si deve accertare così che il cliente abbia compreso pienamente cosa fare, come farlo, che vantaggi è in grado di ottenere. Coinvolgerlo in trial o sessioni di prova può risultare particolarmente efficace. È quello che fanno numerose app, tra cui Dropbox: alla prima installazione l’utente è guidato attraverso dei veri e propri livelli che, mentre gli insegnano come usare al meglio tutte le funzioni a disposizione, lo gratificano con ricompense e riconoscimenti. Un uso simile della gamification non si adatta comunque al solo mondo dei servizi – nonostante casi molto interessanti vengano per esempio dal settore bancario e finanziario – ma anche a quello del retail : perché non organizzare, per esempio, una competizione sportiva se quello che si vuole promuovere è l’ultimo modello di scarpe running arrivate in negozio?
  • I loyality program e la fidelizzazione dei clienti. Le semplici carte fedeltà e le raccolte punti, infatti, non bastano più; servono meccanismi che, premiando da un punto di vista economico il consumatore, badino anche al suo intrattenimento e divertimento.
    Utilizzare la gamification come strumento di marketing può voler dire così, per esempio, organizzare speciali cacce al tesoro, dove il tesoro è il prodotto che dà più punti o diritto a uno sconto altrettanto speciale. Interessanti sono, così, esperimenti come quelli di MyTaxi, l’app per prenotare un taxi direttamente dal proprio smartphone, che permettono di ottenere codici promo – e relativi sconti – diversi a seconda della distanza percorsa e da poter utilizzare personalmente o condividere con gli amici. Uno degli esempi ormai diventati di scuola quanto a gamification e che si muove proprio nel solco dei programmi di fidelizzazione è, però, quello di My Starbuck’s Reward. Si tratta di una strategia che parte da un approccio customer-centrico e dalla creazione di un’esperienza totalizzante con i propri clienti: quando si registra il proprio accesso in un punto vendita e gli acquisti effettuati, attraverso l’app mobile si guadagnano punti, raffigurati come tazze piene di caffè, che si possono tradurre in consumazioni extra, una birthday gift, un set di prodotti e offerte customizzate sulla base degli interessi del singolo. Il risultato? Stando a dei dati del 2011, un cliente Starbucks su quattro è iscritto e ha sfruttato il programma.

  • L’assistenza post-vendita e il customer care. Ci sono brand come AMEX che hanno provato a rendere divertente – e utile – anche il tempo passato in attesa, al telefono, con il servizio assistenza clienti: twittando un contenuto sul brand o sul prodotto in questione e usando l’ hashtag scelto per l’occasione si potevano ottenere punti da utilizzare come sconti e bonus per gli acquisti successivi. L’esternalità di un’operazione come questa? Seguendo l’hashtag ci si poteva imbattere, fosse anche casualmente, nella soluzione al proprio problema: un esempio lampante di intelligenza collettiva che aiuta l’azienda in un’era in cui anche il customer care si è fatto social care.
  • Intrattenere il cliente prima, dopo e durante l’acquisto. Il rapporto tra brand e consumatori è fatto, infatti, sempre più di momenti e di relazione: è essenziale, perciò, che tutto funzioni al meglio perché possa tradursi, tra l’altro, in un migliore ricordo del brand e in una maggiore propensione a ripetere l’acquisto. Fare in modo che il cliente si diverta mentre si trova in negozio o mentre visita il sito alla ricerca di informazioni oppure per chiudere il carrello potrebbe essere, allora, un buon punto di partenza. Il SeatPG Connection Game ha sfruttato così, per esempio, la natura specifica del prodotto in questione (il tradizionale elenco telefonico dedicato alle attività commerciali) per dare il via a una vera e propria caccia al tesoro, organizzata a squadre, per trovare esercizi e location proposti all’interno di cinquanta diverse prove.
    Un altro interessante caso di studio viene, invece, dal mondo dell’ospitalità: a Villa Pirandello (uno story-hotel romano che costeggia il palazzo dove l’autore siciliano trascorreva le sue giornate durante il soggiorno capitolino) il soggiorno del cliente non è un semplice soggiorno ma un’esperienza per certi versi immersiva che «consenta al cliente di entrare dentro al mondo dell’hotel, interagendo direttamente con lo staff, quindi con persone reali, di personalizzare la propria esperienza prima di partire, di proporre al cliente informazioni e consigli genuini creati dalle persone che lavorano qui e vivono la destinazione tutti i giorni», ha spiegato durante un’intervista ai nostri microfoni Danilo Messineo, sales and marketing manager dell’hotel.

Qualche fattore da considerare per una gamification efficace

Che fattori si devono considerare, però, per riuscire a sfruttare al meglio la gamification come strumento di marketing? La premessa indispensabile è che niente si può improvvisare e tutto deve essere invece parte di una strategia ben pensata. La semplicità è l’altro elemento imprescindibile: viviamo nell’era dell’attenzione limitata e in cui i consumatori sono pigri, per questo progettare un’interazione, delle regole del gioco, dei meccanismi di reward quanto più semplici e intuitivi possibili è il primo passo per assicurarsi partecipazione e successo. La creatività non è da meno: l’idea che è alla base del gioco, così come l’interazione con gli utenti, la cura per i testi e il visual, possono incidere infatti notevolmente sul grado di coinvolgimento di una campagna.

Tra gli altri tip pratici da non trascurare? Serve, innanzitutto, identificare in maniera chiara i criteri di successo (numero di partecipanti, risultati di business, ecc.) in modo da avere una overview esaustiva delle performance, sempre misurabili e ottimizzabili. Altrettanto indispensabile è creare una dinamica di gioco basata su uno storytelling avvincente, in grado di coinvolgere gli utenti e coerente rispetto al tone of voice e al posizionamento del brand. Allo stesso modo può risultare utile che l’intero progetto sia fondato sullo sviluppo di un’applicazione web e mobile, perfettamente integrata con il posizionamento e l’immagine del marchio e tecnologicamente in grado di incentivare e monitorare il comportamento richiesto agli utenti durante il gioco.

Date simili premesse è facile capire, insomma, l’importanza dei test anche quando si vuole usare la gamification come strumento di marketing. Potrebbe essere utile, per esempio, realizzare un pilot del programma di gamification su un focus group prima di lanciare un programma su audience più vasta: in questo modo i processi di monitoraggio e ottimizzazione, così come gli A/B test, risultano più facilmente implementabili.

Coinvolgere i consumatori grazie alla gamification: qualche caso di studio

A riprova, comunque, che le strategie di gamification sono più vecchie del digitale? Uno dei casi che più hanno fatto scuola. Direttamente ispirata al vecchio gioco Monopoly, la strategia di gamification di McDonald’s risale a metà degli anni ’80 e metteva in relazione l’acquisto di menu e prodotti del noto fast food con la collezione di ticket, ciascuno dei quali raffigurante una parte del board del gioco: l’obiettivo era collezionare tutti i pezzi di uno stesso colore in cambio di un premio.

Decisamente più recente è “Shake It”, un’operazione che Coca-Cola ha lanciato sul mercato asiatico: un’app mobile andava aperta e utilizzata durante gli spot televisivi del brand che andavano in onda di sera; agitando i propri smartphone durante la pubblicità si potevano vincere infatti  sconti e premi dei brand partner, tra cui lo stesso McDonald’s.

Anche Nike, in partnership con FuelBand, ha optato per un’app quando si è trattato di coinvolgere, giocando, i suoi clienti: complice il successo degli indossabili e dei tracker dell’attività fisica, il brand ha creato un ambiente piacevole e familiare in cui registrare i propri progressi e le proprie performance, sfidare gli amici, provare a vincere badge e premi. Poco importa che il contraltare fosse la raccolta di dati, utilizzati poi per comunicazioni sempre più personalizzate.

gamification come strumento di marketing fuel

Dalla partnership tra Nike e Fuel Band non è nato solo un tracker ma anche un app che, in forma di gioco, invogliava gli utenti a registrare i progressi negli allenamenti.

Decisamente di più ampio respiro è infine “Play Original”, il gioco digitale ideato da Original Marines e pensato per a creare relazioni più continue e intense con i clienti. Non solo a mamme e papà dei piccoli indossatori del brand partenopeo era data possibilità di iscriversi ed entrare a far parte della community in modo da interagire fra loro, ma venivano premiati anche i clienti che interagivano in maniera diretta con l’azienda, sia online che offline, in un meccanismo in cui, grazie ai commenti sulla pagina Facebook, si potevano ricevere dei premi da utilizzare nei punti vendita Original Marines. Dal lato aziendale? Un gioco come questo non è servito solo a «fare database building, cioè a raccogliere anagrafica del cliente, ma anche a valutare quanto questi sono disposti a interagire con il brand» come ha sottolineato Davide Basile, crm & digital marketing specialist di Original Marines in un’intervista ai nostri microfoni durante il WebUpDate 2015.

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