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Gamification per la formazione aziendale: perché conviene e chi la usa

Gamification per la formazione aziendale: consigli ed esempi

Sempre più aziende, indipendentemente dal settore, usano la gamification per la formazione aziendale: consigli degli esperti e best practice.

Almeno un quarto della popolazione occidentale sarebbe un gamer abituale, cioè frequenterebbe abitualmente ambienti digitali di gioco (i dati, riferiti al 2015, sono di elearningindustry, ndr). Non stupisce, così, che i meccanismi tipici del gioco vengano riprodotti in molti campi diversi –  dagli esperimenti di eDemocracy al coinvolgimento della community di un brand – e che, se si guarda al mondo delle risorse umane, oltre che come nuova forma di recruiting, si tenda a sfruttare anche la gamification per la formazione aziendale. C’è un’evidenza, del resto, che appare significativa in questo senso: quando si sfruttano i meccanismi della gamification si riesce ad assorbire il 90% di nozioni e saperi in più di quanto si farebbe invece utilizzando tecniche di apprendimento più tradizionali, ragione per cui almeno l’80% degli intervistati avrebbe espresso parere favorevole all’utilizzo di forme di ludiche di apprendimento sul luogo di lavoro o all’università.

Di cosa si parla, però, davvero quando si parla di gamification e perché, insieme a eLearning e social learning, è tra le soluzioni più apprezzate da chi si occupa di formazione in azienda e negli altri ambienti lavorativi?

I principali vantaggi dell’utilizzare la gamification per la formazione aziendale

Come suggerisce la stessa espressione, la gamification consiste nell’applicazione di regole, meccanismi e principi tipici degli ambienti di gioco all’interno di esperienze che di gioco, invece, non sono. Punteggi, livelli, doni e ricompense, badge distintivi e storyline stratificate sono, insomma, il terreno comune su cui si muovono videogiochi e giochi online e formule ludico-formative. I vantaggi? In entrambi i casi hanno a che vedere con un coinvolgimento maggiore, diretto, in prima persona e, di conseguenza, con una esperienza utente più soddisfacente. Il sito ‘eidesign’ ha provato, più nello specifico, ad evidenziare i vantaggi della gamification per la formazione aziendale.

Imparare giocando e divertendosi migliorerebbe innanzitutto la retention dei discenti e cioè faciliterebbe l’apprendimento e la capacità stessa di ricordare anche i concetti più nuovi. Più in generale, a risultare migliore è l’intero ambiente formativo, aspetto tutt’altro che secondario se si considera che formazione e training aziendale più tradizionali rischiano in molte occasioni di rivelarsi inefficaci proprio per aspetti contestuali. La gamification, in questo senso, avrebbe il pregio di porre il dipendente, il professionista in situazioni molto simili a quelle della vita reale e di allenarlo a trovare soluzioni concrete.

Dal momento che le decisioni prese permettono il passaggio da un livello a un altro del gioco e di guadagnare bonus e punteggio, al giocatore viene poi fornito un feedback immediato, elemento che manca invece ad altre tecniche di formazione. Le situazioni di gioco che il lavoratore si ritrova ad affrontare, poi, agiscono spesso anche su aspetti emotivi e caratteriali, su cui invece la formazione classica difficilmente incide e possono aiutare a migliorare lo spirito di gruppo e la capacità dei singoli di lavorare in team. Il tutto senza contare che la gamification può rivelarsi particolarmente d’appeal per un forza lavoro che è sempre di più appartenente a quella generazione a cavallo tra Millennial e Gen Z. Soluzioni come queste, poi, sono scalabili e, cioè, adottabili a una serie di contesti e di scopi molto diversi tra di loro: solo per fare alcuni esempi, si può usare la gamification per la formazione aziendale tanto quando si tratta di trasmettere a dipendenti e collaboratori skill tecniche e professionalizzanti, tanto quando invece si tratta di fare training o puntare allo sviluppo di soft skill.

Gamification in azienda: i fattori a cui badare e la scelta del giusto professionista

I costi di tutto questo? Non è detto che siano inabbordabili: anzi, in qualche caso, puntare sulla gamification permette di risparmiare su percorsi di formazione individuali o di team decisamente più costosi. Perché funzioni, però, ci sono diversi fattori a cui prestare attenzione. Non sono solo fattori come la coerenza narrativa del gioco formativo, l’usabilità dell’ambiente di gioco e un design curato che assicuri la migliore user experience possibile. Ancora una volta si tratta di fattori più contestuali, come partire da una strategia e da degli obiettivi ben precisi e misurabili o accertarsi, in anticipo, che la propria cultura aziendale si sposi bene con la filosofia di una formazione che sconfini nel gioco (e viceversa) e, ancora, avere ben in mente che usando la gamification per la formazione aziendale si creano esperienze immersive, che hanno molto a che vedere con le forme di intrattenimento branded. Per questa ragione, c’è una figura che sta emergendo con sempre più chiarezza nel complicato quadro delle nuove professioni digitali, quella del gamification designer (c’è, tra l’altro, un italiano inserito nella classifica di Rise tra i dieci migliori al mondo, ndr). È una figura ibrida: come il game designer – con in genere collabora – stabilisce, letteralmente, le regole del gioco e le linee narrative e d’azione ma, più del game designer, padroneggia principi di marketing e psicologia sociale e comportamentale che gli permettono di fare in modo che il gioco abbia finalità diverse dal semplice divertimento. Con il 70% delle aziende che già investono in progetti di gamification e con un mercato della gamification che dovrebbe valere oltre 11 miliardi di dollari entro il 2020, del resto, è facile capire perché non c’è niente di più sbagliato che affidarsi a dei dilettanti.

Imparare giocando non è prerogativa delle grandi aziende: qualche best practice

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Così si presenta la Deloitte Leadership Academy.

Lo sanno bene soprattutto le realtà più grandi. Deloitte, per esempio, ha da tempo inserito nei programmi di formazione dedicati ai propri dipendenti e a quelli dei propri clienti una academy virtuale pensata, appunto, secondo i crismi della gamification, fatta di livelli, obiettivi e riconoscimenti da raggiungere e da condividere con colleghi e cerchie LinkedIn e, soprattutto, personalizzabile in ogni sua fase: dati parlano di dipendenti che sono passati da un livello medio a un livello top in pochissime settimane e ciò non può che tradursi in un miglioramento di skill e performance della forza lavoro.

Se si parla di utilizzare la gamification per la formazione aziendale non si può non far riferimento, però, a come Cisco abbia provato a migliorare le capacità e la presenza social dei suoi dipendenti proprio affidandosi a particolari percorsi ludico-formativi, pensati per gradi e per adattarsi al meglio alle conoscenze pregresse e agli obiettivi dei singoli.

Non è detto, insomma, che «serietà e gioco non possano andare a braccetto svecchiando l’ambito della formazione: serio non è sinonimo di pesante e noioso e con la gamification anche l’apprendimento diventa leggero e ingaggiante», sottolinea del resto Giancarlo Novara, CEO di Lebu, una delle piattaforme che rende accessibile la gamification a scopo formativo anche alle realtà più piccole e con budget decisamente inferiori da allocare all’aggiornamento e al training della forza lavoro. The Learning Media (così i creatori si riferiscono alla piattaforma, ndr) mette a disposizione di professionisti e operatori del settore corsi di marketing, innovazione , leadership disponibili in qualunque momento della giornata, di breve durata, leggeri ma non privi di spessore, utili per aggiornamenti costanti, puntuali e, soprattutto, divertenti e coinvolgenti: raggiungere obiettivi, superare livelli, ottenere ricompense e scalare le classifiche si rivelano del resto un ottimo fattore motivazionale.

Anche dal mondo della finanza, comunque, arrivano interessanti esempi di formazione attraverso il gioco: diverse banche, per esempio, hanno creato software e applicativi aziendali attraverso cui i dipendenti possono lanciarsi sfide o fissare obiettivi di medio-lungo periodo da raggiungere, con un vantaggio finale che non riguarda solo il singolo ma l’intera compagnia.

E se il gioco servisse invece a orientare il proprio profilo professionale?

gamification per la formazione aziendale employerland

L’utente di Employerland deve muoversi su percorsi diversi, attraverso più tappe, per raggiungere la meta occupazionale desiderata.

Prima ancora che per formare o aggiornare chi sta già nel mondo del lavoro, comunque, la gamification può servire a orientare le scelte professionali.

Employerland, per esempio, era un gioco – con tanto di social login – che permetteva di creare un profilo e inserire titoli, esperienze e competenze lavorative, prima di scegliere tra una serie di compagnie quella in cui desiderava far carriera. Una volta assunti, le proprie skill venivano messe alla prova con (veri) test attitudinali: all’utente era richiesto di leggere e organizzare l’organigramma aziendale, rispondere a email di lavoro, preparare presentazioni, ecc. Grazie alla partnership con alcune importanti firme internazionali – Luxottica, Bnl, Procter&Gamble, Bosch, Unilever, Golden Lady, Msd, Elica, eccetera – il professional game offriva soprattutto la possibilità di entrare in contatto con chi si occupava ogni giorno di recruiting e, ai più bravi, persino quella di ottenere un vero colloquio di lavoro con le aziende preferite.
A febbraio 2020 Employerland non esiste più come gioco, rimane però una piattaforma di matching tra chi cerca lavoro e aziende con vacancy da riempire.

Per chi al lavoro dipendente preferisse il mondo dell’imprenditoria, invece, c’è StartUP!, il gioco che spiega come fare business e mette alla prova le attitudini imprenditoriali. Basta scegliere il tipo di startup che si vuole avviare tra decine di attività – dalle traduzioni online all’ ecommerce , passando per le segreterie virtuali e i dispositivi indossabili – tutte assolutamente a prova di mercato, per dare il via alla propria avventura da imprenditori. Come ogni vero startupper, il giocatore si troverà a questo punto a fare i conti con una business idea da gestire e articolare nel migliore dei modi, a partire dalla scelta di un business plan efficace e dall’accurata gestione delle risorse economiche (e non) della startup e passando per una serie di attività di routine come cercare finanziamenti e crediti, gestire il personale, organizzare l’organigramma aziendale, assumere collaboratori. Il tutto tenendo d’occhio il fatturato della startup, le sue entrate e le uscite: proprio come nella vita reale, infatti, il rischio di fallimento è sempre dietro l’angolo.

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