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Gran Bretagna: accordo per eliminare i siti pirata dai motori di ricerca

Siti pirata: accordo in Gran Bretagna per eliminarli dai motori di ricerca

Niente più link verso siti pirata sulle prime pagine dei motori di ricerca Google e Microsoft: come continua la lotta alla pirateria online?

Google e Microsoft hanno accettato di aderire volontariamente ad un nuovo codice vigente in Gran Bretagna per eliminare e penalizzare i siti pirata dalla prima pagina di Search e Bing, oltre che per rimuovere i termini utili al completamento automatico della query che reindirizza gli utenti al download di contenuti illegali. L’accordo è avvenuto dopo anni di protesta da parte dell’industria discografica e cinematografica, che hanno più volte accusato le due compagnie di chiudere un occhio sul tema pirateria e non hanno mai preso dei provvedimenti per proteggere il copyright online.

«UN PRIMO PASSO VERSO LA FINE DELLA PIRATERIA ONLINE»

Jo Johnson, ministro dell’Università, Scienza, Ricerca e innovazione ha rilasciato un’intervista al Telegraph, dichiarando che è necessaria la nascita di una collaborazione tra motori di ricerca e i leader mondiali dell’industria culturale, sostenendo inoltre che «è essenziale che queste grandi aziende forniscano ai consumatori dei link, a pagine e servizi, attraverso collegamenti non riconducibili a dei siti pirata». 

Il nuovo codice è figlio della collaborazione tra il governo Britannico e numerose media company. Farlo rispettare, comunque, sarà compito dell’IPO (Intellectual Property Office), secondo il quale circa il 15% degli utenti residenti nel Regno Unito accede a contenuti illegali attraverso siti pirata. L’Ufficio avrà anche il compito di monitorare i motori di ricerca, sanzionando o multando le compagnie nel caso in cui non rispettino il codice.

Naturalmente non tutti sono convinti che questo risolva il problema del download di contenuti da siti pirata: Geoff Taylor, capo dell’associazione che rappresenta le case discografiche britanniche (BPI), sostiene infatti che il codice non sia la soluzione ottimale per i detentori di copyright; osservando però il bicchiere mezzo pieno, grazie a questa nuova norma i link che conducono a determinate pagine saranno declassificati, consentendo ai servizi legali di essere trovati più facilmente dagli utenti.

Secondo Matt Hancock, ministro dell’Economia digitale, poiché la Gran Bretagna è una delle nazioni più digitali a livello mondiale ha la responsabilità di assicurarsi che i propri cittadini abbiano un facile accesso ai contenuti online legali. Il ministro, comunque, si ritiene soddisfatto di come l’accordo tra le tre parti possa considerarsi come un primo passo verso la fine della pirateria online o almeno un inizio di cambiamento poiché, secondo il suo punto di vista, i portali che distribuiscono illegalmente contenuti protetti da copyright privano gli artisti e i possessori dei diritti d’autore di una parte dei loro profitti.

Mountain View ha per lungo tempo trattato il tema della pirateria, cercando di arginare il fenomeno il più possibile, portando avanti comunque la propria idea secondo cui i motori di ricerca non sono i diretti responsabili del traffico verso piattaforme pirata.

LE MEDIA COMPANY SCRIVONO AI G7

I più importanti operatori europei del settore entertainment hanno inviato una lettera ai ministri della Cultura G7 che si sono riuniti a Firenze alla fine di marzo 2017. Compagnie come Sky, Vivendi e Mediaset, infatti, hanno redatto documento in cui esprimono ai leader europei i propri timori nei confronti del fenomeno della pirateria online, paragonando il problema a quello relativo al traffico di opere d’arte. All’interno della lettera è stata denunciata la violazione di proprietà intellettuale da parte di terzi che generano profitti illeciti sfruttando il lavoro di queste aziende. Gli operatori sostengono che la violazione di copyright possa in futuro mettere in pericolo la loro capacità di investire e dare un contributo all’economia globale, considerando che attualmente quello dell’ industria culturale ammonta a circa 2.250 miliardi di dollari, oltre al fatto che riesce a garantire milioni di posti di lavoro.

STREAMING LEGALE VS SITI PIRATA

Servizi di streaming come Spotify e Netflix hanno senza dubbio contribuito a far diminuire la percentuale di fruizione di contenuti illegali da parte degli utenti. Una ricerca commissionata dall’IPO ha rilevato, nel periodo relativo a marzo – maggio 2016, che il 15% degli utenti ha avuto accesso illegalmente a contenuti multimediali come film e musica.

Percentuale di utenti che scaricano contenuti illegalmente

Fonte: Highcharts (Marzo-Maggio 2016)

Il numero di utenti che utilizzano siti pirata è diminuito in un anno: infatti, nel 2015 la percentuale era del 18%.

Se il download e lo streaming illegale di contenuti protetti da copyright diminuiscono, di conseguenza è in aumento la percentuale di utenti che si abbonano a piattaforme di streaming audio e video: 39% nel 2015 e 44% nel 2016. Il restante 31% non ha compiuto nessun download nel periodo osservato.

Le piattaforme on demand che permettono agli utenti di accedere illimitatamente ai contenuti presenti sul loro catalogo previo abbonamento o attraverso sottoscrizioni freemium (come Spotify) sono accusate dall’industria di far diminuire i loro profitti. Il report IPO comunque mostra un forte legame tra la crescita di queste piattaforme e la diminuzione della pirateria: l’80% degli utenti che ascoltano musica utilizza esclusivamente servizi legali, mentre quelli che scaricano materiale pirata da software P2P sono solo il 10%.

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