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Giornali online e blog: è applicabile la disciplina della stampa cartacea?

Giornali online e blog: è applicabile la disciplina della stampa cartacea?

La giurisprudenza torna sul problema della estensibilità a giornali online e blog della disciplina prevista per la carta stampata.

La diffusione di Internet ha determinato una vera e propria rivoluzione nel mondo dell’informazione. Di fianco ai media tradizionali, infatti, sono andati via via sviluppandosi nuovi canali informativi dotati, com’è ovvio, di caratteristiche innovative e peculiari.

I nuovi canali di comunicazione tra immediatezza e deconcentrazione

In particolare, è possibile riconoscere due grandi elementi di diversificazione rispetto al sistema dell’informazione tradizionale: da un lato l’immediatezza, dall’altro la deconcentrazione. Con riferimento al primo aspetto, è evidente che la caratteristica fondamentale della Rete è quella di consentire un collegamento immediato sia sotto il profilo spaziale che, soprattutto, sotto quello temporale. E, infatti, Internet per un verso lega soggetti collocati a grandi distanze, per altro verso consente di ridurre, se non addirittura annullare, la distanza tra il fatto-notizia e la sua divulgazione.

Nel passare dalla immediatezza alla deconcentrazione, poi, viene immediatamente in rilievo la caratteristica per cui Internet consente di ampliare in maniera esponenziale e tendenzialmente illimitata il parterre dei fruitori della notizia. Il dato sicuramente più significativo in tale ottica, però, attiene alla crisi delle strutture redazionali tradizionali: se il web consente a ciascuno di farsi informatore, ecco che il monopolio dei gruppi editoriali viene seriamente messo in discussione. Ciò comporta, tuttavia, conseguenze di grande rilievo.

Giornali online e blog: come evolve il regime giuridico?

Se è vero che i soggetti tradizionali del sistema dell’informazione spesso non hanno dato buona prova di sé in termini di indipendenza venendo tacciati di faziosità e partigianeria, è pure vero che il loro articolarsi in strutture omogenee con al vertice un direttore responsabile offriva un certo qual affidamento, cui faceva da contraltare il riconoscimento di una disciplina di garanzia. Ebbene, a fronte delle modifiche che l’evoluzione tecnologica ha determinato sul sistema dell’informazione, si pone il problema di verificare se la disciplina – amministrativa, previdenziale, penale – dettata in materia di carta stampata possa applicarsi ai nuovi canali di comunicazione.

LE PREVISIONI DI AMBITO AMMINISTRATIVO E PREVIDENZIALE…

Che la tradizionale (e restrittiva) concezione “analogica” di giornalista sia oramai entrata in crisi, è circostanza che anche gli organi amministrativi e giurisdizionali sono giunti a riconoscere.

L’Autorità Garante per la protezione dei dati personali (Garante privacy), ad esempio, ha avuto modo di pronunciarsi nel 2016 sul ricorso presentato da un personaggio dello spettacolo che lamentava la lesione del diritto alla riservatezza a fronte della pubblicazione su un blog di notizie relative alla propria vita sentimentale e giudiziaria. In particolare, il personaggio pubblico si doleva del fatto che, non rivestendo il gestore del blog la qualifica di giornalista professionista né di pubblicista iscritto al relativo Albo professionale e non essendo il blog registrato come testata giornalistica, il trattamento effettuato non avrebbe potuto fruire del regime speciale previsto dal Codice Privacy per i trattamenti dei dati personali effettuati per finalità giornalistiche. In sostanza, quindi, si sosteneva che in caso di pubblicazioni su blog non si potesse derogare al consenso dell’interessato per il trattamento dei dati, essendo riservata ai soli giornalisti “professionali” la deroga in tal senso prevista dall’art. 137 Cod. Privacy (D. Lgs 196/03).

Ebbene, il Garante non condivide tale impostazione, ritenendo per contro che la disciplina speciale sia applicabile anche al blog in questione, considerando come gli artt. 136 ss. del Codice ne estendano l’operatività «ad ogni altra attività di manifestazione del pensiero implicante trattamenti di dati personali, effettuata da soggetti anche non esercitanti professionalmente l’attività giornalistica». 

In conclusione, quindi, secondo l’estensiva ed evolutiva soluzione adottata dall’Authority ben possono applicarsi ai gestori-coordinatori del blog le discipline di favore previste per l’attività giornalistica.

Lungo lo stesso solco, poi, si è posto il Tribunale di Roma che, con la sentenza n. 8395/2016, ha accolto una definizione evoluta e dinamica di “giornalista” sulla scorta della considerazione (tanto banale quanto di difficile recepimento) che «…nei tempi recenti la notizia viaggia oltre che mediante tradizionale giornale cartaceo, anche attraverso la radio, la televisione, da ultimo, anche via Internet», sicché l’attività giornalistica può presentarsi sotto vesti diversificate a seconda del mezzo di diffusione utilizzato, senza che a ciò possano conseguire ingiustificate disparità di trattamento. Nel caso di specie, poi, il Tribunale confermava la piena correttezza della pretesa avanzata dall’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani (INPGI) che esigeva il versamento dei contribuiti previdenziali obbligatori da parte due giornalisti che si occupavano di aggiornare costantemente la sezione notizie di un blog collettivo, coordinando gli oltre 400 blogger che collaboravano alla sua realizzazione.

…E QUELLE DI AMBITO PENALISTICO

Molto più delicata è la problematica rispetto alla disciplina penalistica, nell’ambito della quale i profili da analizzare sono essenzialmente due: da un lato occorre verificare se la disciplina di tutela della stampa possa applicarsi anche ai contenuti giornalistici pubblicati online, dall’altro lato è necessario verificare se la disciplina dettata per il direttore responsabile possa essere estesa anche a strutture redazionali sui generis, come un sito web o un blog. Va precisato, comunque, che si tratta di due problematiche speculari.

Con riferimento alla disciplina di protezione, ad esempio, si pensi alla figura dell’esercizio del diritto di cronaca, ovverosia a quel meccanismo che vale a “proteggere” il giornalista dalle conseguenze penali in cui potrebbe incorrere con la pubblicazione di un articolo lesivo di beni protetti (di regola la reputazione), purché venga rispettato il cd. “triangolo delle esimenti“. Occorrerà, infatti, che la notizia sia vera (o verosimile), che sia esposta evitando offese gratuite e, cioè, rispettando le regole della continenza espressiva e che vi sia un interesse pubblico alla sua divulgazione. In presenza di queste condizioni, quindi, il giornalista potrà “opporre” l’esercizio del diritto di cronaca e andare esente da responsabilità penale.

Sicuramente significativo, poi, è il divieto di sequestro sancito dall’art. 21 della Costituzione in forza del quale si può procedere a sequestro soltanto con atto motivato dell’Autorità Giudiziaria e per i soli delitti per i quali la legge sulla stampa espressamente lo consenta.

Del tutto diversa, invece, è la funzione delle previsioni penali che regolano la figura del direttore responsabile. Questi, infatti, è chiamato a rispondere in prima persona per l’ipotesi in cui «omette di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che col mezzo della stampa siano commessi reati» (art. 57 cod. pen.). Alla stessa responsabilità, poi, soggiaciono l’editore e lo stampatore se l’autore della pubblicazione è ignoto o non imputabile.

L’applicabilità delle previsioni sanzionatorie

Proprio rispetto alla problematica dell’ambito di applicazione della disciplina relativa al direttore del giornale è intervenuta la Corte di Cassazione che, fin dal 2010, ha precisato come tale norma non possa sicuramente applicarsi al direttore del giornale online né, tantomeno, al “responsabile” del blog. La soluzione del problema passa, ovviamente, dalla ricostruzione del concetto di stampa nell’ambito delle norme incriminatrici.

Alla soluzione più restrittiva la Corte è pervenuta non solo perché la lettera della legge è inequivoca in tale senso, ma anche in virtù dell’interpretazione “storica” della norma. Già in passato, infatti, la disciplina in questione era stata ritenuta non applicabile alla testata televisiva sulla base del presupposto che, facendo riferimento alla “stampa”, si era voluto circoscrivere in maniera molto precisa l’ambito di operatività della previsione incriminatrice stante anche la diversità strutturale tra i due differenti mezzi di comunicazione, ovverosia la “carta stampata” da un lato e la radiotelevisione dall’altro.

Allo stato, dunque, “il sistema” non prevede la punibilità ai sensi dell’art. 57 c.p. (o di un analogo meccanismo incriminatorio) del direttore di un giornale online e quindi, tantomeno del responsabile di un blog.

Si badi, però, che con una controversa pronuncia la Cassazione ha adottato una soluzione esattamente opposta nel caso di mancata rimozione di un contenuto diffamatorio da parte del responsabile di una community nonostante questi fosse a conoscenza del carattere falso e lesivo dell’onore dei contenuti pubblicati sul forum da altro autore.

Il diverso problema delle previsioni di garanzia

Del tutto diverso il discorso, invece, per quanto attiene alla estensibilità ai nuovi canali mediali delle garanzie previste per la stampa. Anche su tale aspetto è intervenuta, nel 2015, la Cassazione che, con una pronuncia a Sezioni Unite, ha  dimostrato di accogliere una nozione più ampia e flessibile di “stampa”, cioè tale da ricomprendere anche le pubblicazioni elettroniche. La pronuncia aveva ad oggetto la estensibilità ai giornali online del divieto di sequestro preventivo della stampa sancito dall’art. 21 della Costituzione a tutela del diritto all’informazione.

A giudizio della Corte, infatti, sarebbe contrastante con il principio di uguaglianza un trattamento differenziato dell’informazione veicolata su carta stampata rispetto a quella diffusa in Rete, in quanto le due fattispecie si presentano sotto il profilo funzionale assai simili. Ecco, quindi, che la Corte offre una nuova definizione del termine “stampa” occorrendo «discostarsi dall’esegesi letterale del dettato normativo e privilegiare una interpretazione estensiva dello stesso», sì da ricomprendervi anche le testate on line registrate.

È incontestabile, quindi, come attraverso tali pronunce si sia pervenuti ad una nozione di stampa a “geometria variabile” e che le ricostruzioni richiamate possano sembrare disomogenee, se non addirittura in contrasto. Tale incompatibilità, tuttavia, è solamente apparente: nel primo caso, infatti, venivano in rilievo norme incriminatrici rispetto alle quali è massima l’esigenza di garanzia e dunque va privilegiata una interpretazione restrittiva in chiave letterale; nel secondo caso, invece, viene in rilevo una norma di protezione rispetto alla quale non sussistono esigenze di tassatività ma, piuttosto, esigenze di non irragionevolezza delle limitazioni, sicché ben si comprende l’opportunità di estendere tali garanzie anche ai quotidiani online. Tuttavia, è pure chiaro che questa estensione non potrà essere illimitata o “a pioggia”.

Nonostante, come abbiamo visto, in materia amministrativa e previdenziale vi sia stata una certa assimilazione tra l’attività del giornalista (anche online) e quella del responsabile di un blog, la Cassazione ha confermato un netto distinguo in ambito penalistico (Sez. V, 25 febbraio 2016, n. 12536), escludendo dalla disciplina di garanzia il «vasto ed eterogeneo ambito della diffusione di notizie ed informazioni da parte di singoli soggetti in modo spontaneo». Occorre quindi operare una netta distinzione tra testata online e blog et similia: solo per i primi, infatti, è possibile riconoscere una certa omogeneità strutturale e funzionale rispetto alla stampa “tradizionale”.

In particolare nel caso di specie la Corte ha valorizzato, come elementi distintivi che non consentono l’assimilazione del blog al quotidiano online, la assenza di registrazione, la mancanza di un direttore responsabile ed il difetto di regolarità nelle pubblicazioni (cd. periodicità). Si può, quindi, con espressione sintetica, ritenere che è proprio il requisito della professionalità (del resto valorizzato anche dalla riforma della legge di settore) a differenziare le pubblicazioni di un quotidiano online da quelle che può realizzare ciascun cittadino avvalendosi del diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero sancito dalla Carta Costituzionale.

In conclusione, quindi, il concetto di stampa deve sicuramente essere sì adattato alla evoluzioni che le nuove tecnologie hanno determinato, ma ciò deve avvenire nel rispetto di due limiti: da un lato l’impossibilità di estendere l’ambito di operatività delle norme penali incriminatrici in assenza di un esplicito intervento in tal senso del legislatore, dall’altro l’impossibilità di procedere ad una estensione generalizzata che non tenga conto dei connotati strutturali e funzionali che differenziano una informazione veicolata in via “professionale” da quella diffusa in via “amatoriale“.

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