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Debunker

Significato di Debunker

debunker Debunker è definito un professionista o un’organizzazione che si occupa sistematicamente di smentire notizie false, non verificate, manipolate ad arte e così via, dando conto pubblicamente sia di strumenti e processi utilizzati per farlo, sia dei risultati ottenuti.

Debunker: significato e utilizzo del termine

Il termine è un derivato dell’inglese “bunk”, che nel linguaggio colloquiale assume il significato di “fesseria”. Il Merriam-Webster Dictionary, così, definisce il debunking come l’atto di «mostrare la mistificazione, la falsificazione insita in qualcosa». Non a caso in italiano talvolta si usano proprio parole come “demistificatore” per riferirsi a chi, per lavoro o per vocazione, si occupa di combattere fake news e disinformazione. La prima ricorrenza del termine “debunk” nell’accezione in questione risale comunque agli anni Venti del Novecento, quando lo scrittore e giornalista americano William Woodward lo utilizzò all’interno di un’opera di narrativa.

In che casi fare debunking

Fu soprattutto sull’informazione scientifica che in origine si concentrarono gli sforzi di debunking, sia per la difficoltà di comunicare la scienza in maniera semplice e d’appeal anche per un pubblico vasto senza cadere in errori grossolani, sia perché numerosi campi scientifici si prestavano – e si prestano ancora oggi – all’insorgere di pseudoteorie.

In altre parole? Spesso i debunker si ritrovavano – e si ritrovano tuttora – a smentire avvistamenti alieni o ufologici e altri fenomeni paranormali, compresi presunti miracoli. Anche i complotti – sulla morte di J.F.Kennedy o sugli attentati dell’11 settembre 2001, solo per fare due esempi evergreen – sono spesso campo d’indagine dei cosiddetti cacciatori di bufale. Più in generale, però, si può fare debunking in un gran numero di campi: dalle pubblicazioni scientifiche alla comunicazione aziendale, per arrivare alla politica, campo piuttosto proficuo quest’ultimo se si considera che durante i confronti tra i candidati delle ultime presidenziali americane per esempio c’erano debunker che facevano un controllo in diretta delle affermazioni e delle dichiarazioni dei politici.

Debunking e giornalismo

Oggi, davanti a un’infosfera resa sempre più caotica dalla proliferazione incontrollata di soggetti che a vario titolo producono notizie, anche il mondo dell’informazione fa sempre più ricorso a debunker professionisti chiamati a intervenire laddove fallisca il processo di fact-checking a priori e le fake news siano entrate nel circolo della (mis)informazione. Concretamente ciò significa che, accanto a testate e altri soggetti editoriali che hanno fatto del fact-checking journalism il loro genere d’elezione, ci sono molte redazioni soprattutto nel panorama anglofono che collaborano stabilmente con professionisti del debunking per garantire qualità e affidabilità del proprio prodotto.

Gli strumenti operativi del debunker

Quanto detto fin qua presume che a smentire bufale, notizie non verificate o altre informazioni controverse non può essere semplicemente chi fa attivismo digitale, anche se le community contro le fake news spontanee e nate dal basso hanno collaborato spesso alla buona riuscita di imprese simili. Per fare bene debunking serve uno specialista che abbia buone conoscenze tecniche dell’argomento in questione. Al di là di una serie di soft skill e di una conoscenza generale di come funzioni l’ecosistema dell’informazione, insomma, oggi il debunker non può non avere competenze tecniche e non conoscere, per esempio, i principali strumenti per il fact-checking o per individuare come tali i deep fake, questione tra l’altro ormai sempre più prioritaria. Spesso il mantra del follow the money si rivela piuttosto utile per chi fa debunking: conoscere gli assetti proprietari ed economici delle imprese editoriali, per esempio, può aiutare a capire meglio, infatti, gli interessi in gioco e che inferenze possono aver avuto nella confezione di una notizia o nella sua diffusione.

Quando e perché il debunking non funziona

A questo punto è lecito chiedersi se il debunking funziona e se funziona sempre. Rispondere a domande come queste non è facile e, soprattutto, richiederebbe una serie di premesse per esempio su chi fa debunking e in che contesto. In questo senso più il demistificatore o il gruppo che si occupa di controllare veridicità e validità di un’informazione sono soggetti accreditati o che godono di buona reputazione nel campo specifico e più è probabile che l’operazione di debunking andrà a buon fine. In maniera simile alcuni studi hanno confermato che fare debunking sui social network è difficile, più che in altri contesti, a causa delle dinamiche di forte polarizzazione che esistono all’interno di ambienti digitali come questi: soprattutto se la notizia da verificare o smentire è una notizia controversa, infatti, davanti al tentativo del debunker di farlo, si creeranno due echo chamber distinte e impenetrabili, la «tribù scettica» e la «tribù complottista»; ciascuna di queste rimarrà ferma nelle proprie convinzioni, vittima del proprio confirmation bias e cieca anche davanti alle argomentazioni più razionali, rendendo di fatto impossibile una disamina oggettiva della questione.

Un altro rischio a cui vanno incontro tutte le operazioni di debunking è il cosiddetto effetto boomerang: anche in questo caso interviene un bias cognitivo, quello della conferma, e lo fa in modo tale che ne risultino rafforzate paradossalmente proprio le informazioni già disponibili presso il pubblico a cui ci si rivolge e che si sta cercando di correggere, per il solo fatto di essere disponibili da più tempo. L’errore commesso dai debunker potrebbe essere, in questo caso, quello di indugiare troppo sulla notizia falsa o scorretta o di non fornire argomentazioni altrettanto pregnanti, ma soprattutto chiare e di facile assimilazione. Anche fornire molti dati, specie se non di immediata comprensione e disorganizzati, è un errore non di rado commesso pur in buona fede da chiunque provi a rispondere con oggettività e misurabilità a notizie false e manipolate, che, però, sono spesso confezionate in modo tale da risultare molto appetibili, sia per i lettori sia per chi fa informazione.

Debunker: chi sono i più noti in Italia e all’estero

Credere alle sirene (Fontana, 2017) delle fake news spesso è reso facile, in altre parole, dal fatto che queste sono storie perfettamente confezionate tanto da un punto di vista giornalistico, quanto per fare appello alle emozioni del lettore o al suo human interest. Il caso Blue Whale, per esempio, ha potuto contare soprattutto sulla storia – è proprio il caso di dirlo troppo bella per essere vera – di una challenge suicida a cui adolescenti di tutto il mondo si stavano sfidando sotto l’occhio vigile di un curatore.

In quell’occasione ci furono soggetti come BUTAC – Un tanto al chilo che si occuparono di tracciare i contorni reali della questione: il sito non a caso è uno dei punti di riferimento in Italia quando si tratta di debunking, come lo è anche Pagella Politica per quanto riguarda appunto l’informazione politica. Tra i debunker italiani più famosi ci sono ancora David Puente e Paolo Attivissimo. A livello internazionale, invece, molto noti sono personaggi come Benjamin Radford, che hanno impostato la propria carriera sulla caccia a bufale e leggende metropolitane da smentire o organizzazioni come Snopes che è riconosciuto come uno dei primi siti di fact-checking. Va da sé che anche soggetti istituzionali, authority competenti e chiunque ricopra un ruolo pubblico dovrebbe essere sensibile all’argomento, anche in virtù della credibilità e della fiducia di cui gode: credibilità e fiducia che, come si accennava, giocano un ruolo impareggiabile per la buona riuscita dell’operazione di debunking. Se l’OMS insomma è la fonte più affidabile quando si tratta di notizie che riguardano la salute, lo IAB lo è per tutto quello che riguarda vecchie e nuove forme di pubblicità, solo per fare due esempi provenienti da campi molto diversi tra loro. Più di nicchia è il campo in cui si opera, però, e più anche chi ha un blog piuttosto seguito per esempio potrebbe riuscire (bene) in operazioni di debunking e un discorso simile vale anche per grandi e piccoli influencer .

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