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Stakeholder

Significato di Stakeholder

Stakeholder: chi sono Stakeholder è detto qualsiasi individuo, gruppo di persone o organizzazione (indipendentemente, in quest’ultimo caso, dalla sua natura profit o no profit) che nutra un qualche tipo di interesse verso un progetto o verso gli obiettivi di business che un’azienda persegue e il modo in cui lo fa.

Stakeholder: significato e uso del termine

Se si volesse dare a stakeholder traduzione letterale sarebbe proprio “portatore di interessi” (come composto dei termini inglesi “stake” e “holder”) ed è il dizionario Merriam-Webster a confermare come, anche nel suo uso corrente, stakeholder significa persona «che è direttamente coinvolta nel o colpita dal corso di un’azione».

A seconda del contesto il termine può assumere infatti accezioni in parte diverse. Gli stakeholder di un progetto sono, per esempio, tutte le persone o i gruppi che sostengono quel progetto in diverso modo e ne hanno a cuore la buona riuscita, inclusi quindi gli sviluppatori ovviamente, ma anche project manager, investitori, consulenti e persino tester del progetto. Quando si parla di stakeholder aziendali si fa riferimento, invece, a tutti quegli individui e quei gruppi «senza il cui sostegno l’organizzazione cesserebbe di esistere» (è questa una prima definizione che, a inizi anni Ottanta, diede di stakeholder Freeman, uno dei principali teorici dell’argomento). Ci sono comunque stakeholder del turismo, stakeholder del farmaceutico, stakeholder della finanza, intesi come soggetti che muovono interessi diversi all’interno di ciascuno di questi settori. Se quando si parla di stakeholder si tende a pensare quasi esclusivamente ai portatori di interessi di un’azienda insomma è perché negli anni Ottanta la teoria degli stakeholder fece dell’individuazione degli stessi materia privilegiata della corporate governance.

Stakeholder in azienda: cosa c’è da sapere

Tipici esempi di stakeholder aziendali sono comunque dipendenti, manager, componenti del board direttivo e detentori di asset proprietari, ma anche investitori, fornitori o soggetti che si trovano a monte o a valle della stessa filiera produttiva o, ancora, clienti e community di consumatori.

La teoria degli stakeholder: gli aspetti essenziali

La stessa stakeholder theory (Post J.E., Prerston L.E., Sachs S., “Redefining the Corporation“, Stanford University Press, 2002) si è evoluta nel tempo, del resto, e ha assunto ora una portata più estesa e per così dire onnicomprensiva e ora, invece, una portata più ristretta e puntuale: se Freeman – che si è già visto essere uno dei primi teorici della materia – e Reed sostenevano che persino i competitor potessero essere considerati in qualche misura degli stakeholder di un’azienda (per quanto di interessi – in una logica meramente concorrenziale – negativi, erano infatti pur sempre portatori di interessi nei confronti dell’azienda) (Freeman R.E., Reed D.L., “Stockholders and Stakeholders: A New Perspective on Corporate Governance“, in California Management Review, 25(3), 1983), altri studiosi hanno sottolineato la necessità di considerare stakeholder solo quegli individui o quei gruppi di individui le cui decisioni possano avere effetti più diretti e di prima mano sulle attività aziendali.

Il campo rimane comunque vasto, la maggior parte delle aziende è oggi costituita da aziende multistakeholder e individuare di quali interessi sia portatrice la molteplicità di soggetti che interagisce con un’organizzazione non è sempre facile. I proprietari di un’azienda, per esempio, potrebbero tenere soprattutto alla crescita della stessa e al raggiungimento degli obiettivi economici; gli investitori potrebbero essere preoccupati primariamente del ritorno sugli investimenti effettuati; i dipendenti di avere all’interno dell’azienda, oltre alla giusta soddisfazione economica, anche la possibilità di crescere professionalmente e personalmente, per esempio, o di poter contare su piani di welfare aziendale; ancora, il principale interesse dei governi potrebbe essere che le aziende rispettino norme e regolamenti nazionali e sistemi di tassazione.

stakeholder interessi

Per una molteplicità di stakeholder con cui le aziende moderne devono confrontarsi, c’è anche una molteplicità di interessi in gioco. Fonte: Serretta H. et al., “Core corporate governance dilemmas facing boards. A South African perspective”, in SAJEMS, 12(2), 2009.

Stakeholder e shareholder: che differenze

L’elenco potrebbe continuare a lungo, ma quello che appare già evidente è che uno stakeholder è molto di più che un semplice shareholder. I due termini, shareholder e stakeholder, vengono spesso confusi o erroneamente utilizzati come sinonimi, ma mentre uno shareholder è sempre anche stakeholder dell’azienda, non è detto il contrario. Lo shareholder è, infatti, un azionista che ha comprato sul mercato azionario delle quote di partecipazione alla proprietà aziendale: è in virtù delle quote aziendali che possiede, insomma, che lo shareholder è un naturale portatore d’interessi nei confronti dell’azienda. Lo stakeholder può non avere, invece, legalmente ed economicamente parte agli asset aziendali ma essere comunque interessato al destino della stessa e coinvolto in esso. In genere, tra l’altro, se gli interessi degli shareholder nei confronti dell’organizzazione sono volatili e temporanei almeno quanto il tipo di investimento azionario fatto, gli interessi degli stakeholder risultano più di lungo termine.

Dall’individuazione alla gestione: come coinvolgere i portatori d’interesse nella routine aziendale

Quanto detto fin qua rende facile capire perché stakeholder analysis e mappatura degli stakeholder siano task fondamentali nel management moderno (Certo S.C., Certo C.T., “Modern Management: Concepts and Skills“, Pearson, 2019).

Alcune diverse tipologie di stakeholder

Nel tempo sono state individuate, per semplicità, alcune diverse tipologie di stakeholder. La distinzione di più immediata comprensione è quella tra internal stakeholder ed external stakeholder. Gli stakeholder interni di un’azienda sono tutti quei soggetti che interagiscono direttamente e dall’interno dell’organizzazione appunto con i processi aziendali come proprietari, membri del CDA, manager, dipendenti e via di questo passo. I cosiddetti stakeholder esterni sono invece tutti quei soggetti – istituzioni, governi, authority di settore, consumatori, associazioni di tutela, ecc. – che, pur operando al di fuori dell’ambito aziendale, hanno interesse nell’attività della stessa. Un’altra classica distinzione tiene conto, invece, della rilevanza che gli stakeholder hanno per l’azienda e di quanto profondamente decisioni e azioni di quest’ultimi siano in grado di impattare su attività e risultati. Si individuano in questo senso

  • stakeholder primari, i più influenti per l’azienda e più direttamente legati alle sorti aziendali;
  • stakeholder secondari e, cioè, soggetti che meno direttamente hanno un peso o sono interessati dalle conseguenze delle attività aziendali
  • ed eventualmente stakeholder terziari ed excluded stakeholder che sono, rispettivamente, soggetti portatori di interessi solo marginali nei confronti dell’azienda e soggetti che non hanno quasi alcun impatto sul business e che a loro volta non sono praticamente interessati dai suoi effetti. Tradizionalmente, e in una prospettiva ormai per certi versi un po’ desueta, si consideravano excluded stakeholder, per esempio, bambini e altri soggetti che non avessero un potere di spesa autonomo, dal momento che si pensava non partecipassero in alcun modo alle decisioni e al processo d’acquisto.

Come mappare i portatori d’interessi di un’azienda

Due sono comunque i metodi più frequentemente utilizzati per mappare gli stakeholder. Si può creare una cosiddetta power-influence stakeholder matrix che li posizioni su un piano e due assi rappresentanti rispettivamente, appunto, potere e influenza di cui godono i diversi soggetti in questione.

matrice stakeholder

Una classica matrice degli stakeholder li posiziona su un piano cartesiano secondo due assi che rappresentano, rispettivamente, potere e influenza degli stessi. Nel primo quadrante (forte potere, forte influenza) si collocano i portatori d’interessi chiave per l’azienda, quelli a cui la stessa dovrà rivolgersi con attività ad alto impatto. Fonte: Wikimedia

In alternativa, si può utilizzare come matrice per gli stakeholder un diagramma di Venn che metta in correlazione fattori come potere, credibilità e necessità per l’azienda e permetta di individuare, quindi, la salienza di ogni stakeholder.

salienza degli stakeholder

Se A, B e C sono fattori come potere, credibilità e necessità per l’azienda, incrociandoli in un diagramma di Venn si ottengono sette diverse aree che permettono di individuare tipologie diverse di stakeholder, ciascuna con una salienza diversa per il business in questione. Fonte: Wikimedia

Operazioni di questo tipo non hanno solo un solo valore conoscitivo, cioè non permettono solo a chi ha appena avviato un progetto o a un’azienda ancora alle fasi iniziali del proprio ciclo di vita di sapere quali siano gli stakeholder a cui si rivolge e con cui è chiamata a confrontarsi, ma possono periodicamente aiutare l’organizzazione a fare una sorta di analisi SWOT di minacce e possibili alleati che le vengono dal mercato e sono soprattutto un buon punto di partenza per il cosiddetto stakeholder management.

Qualche principio fondamentale di stakeholder management

Un’azienda moderna, da intendersi come un sistema aperto e in continua relazione e comunicazione con l’esterno – secondo quelli che sono, tra l’altro, i dettami del Clue Train Manifesto –, dovrebbe costantemente investire, infatti, delle risorse nell’individuare fattori che influenzino positivamente e rinsaldino i buoni rapporti con i propri stakeholder principali e nell’evitare che anche soggetti portatori di interessi secondari nei confronti dell’azienda e del proprio business si trasformino in stakeholder al negativo. Le controversie con gli stakeholder – e l’esempio più immediato potrebbe essere quello con sindacati e gruppi di interesse che rivendicano migliori condizioni contrattuali per i dipendenti dell’azienda – rischiano, infatti, di minare la solidità del business, quando non intaccano la goodwillness di cui la stessa azienda o l’intero settore – si pensi a cosa è successo a novembre 2020 con le big del food delivery dopo le rivendicazioni dei rider – gode presso mercati, decisori, consumatori e sono, per questo, da evitare in ogni modo. Per farlo, e più in generale per riuscire nella buona gestione degli stakeholder (Rebora G., “Manuale di organizzazione aziendale“, Carocci, 2001) immancabile è soprattutto un costante e nutrito scambio di comunicazione, meglio se documentato o supportato dalla condivisione periodica di reportistica e dati e insight a disposizione dell’azienda, che ne riguardino attività o obiettivi da raggiungere o già raggiunti e che possano essere in qualche misura rilevanti e indirizzanti anche per stakeholder e chiunque si trovi a prendere decisioni che hanno impatto sulla vita aziendale. Ascoltare i portatori di interessi, e non di rado provare a conciliare quest’ultimi quando sono molteplici e non sempre omogenei tra di loro, è un livello zero. A un livello successivo si potrebbe provare a coinvolgere più direttamente gli stakeholder nei processi e durante i momenti chiave della vita aziendale e ci sono in letteratura, in questo senso, numerose tecniche diverse di stakeholder engagement .

Sempre più diffusa è, per esempio, la convinzione che i vari gruppi di interesse con cui l’azienda si relaziona siano una buona leva su cui puntare anche per piani e iniziative di corporate social responsibility . Come ogni processo aziendale, però, anche la gestione degli stakeholder necessita di monitoraggio e momenti di verifica e, cioè, è importante che ogni azienda, ogni soggetto business abbia a disposizione strumenti per misurare la stakeholder satisfaction.

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