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Advergame

Significato di Advergame

Advergame definizione Un Advergame è un videogioco in cui tutto, dalle linee narrative alle azioni di gioco, è sviluppato in modo da veicolare un messaggio di brand, sia che si tratti di pubblicizzare il lancio di un nuovo servizio o di una nuova linea di prodotti e sia che serva comunicare un’operazione di rebranding per esempio.

Gli advergame possono rientrare nella più ampia categoria della gaming advertising e cioè tra quelle tecniche pubblicitarie che sfruttano le grammatiche dei videogiochi, la logica della gamification e anche e soprattutto alcune dinamiche che vengono tipicamente a stabilirsi tra gamer più appassionati per comunicare i più diversi messaggi aziendali, facendolo con vantaggi che hanno a che vedere soprattutto con il coinvolgimento dei destinatari a cui sono rivolti. Per la natura ludica naturalmente spiccata, alcuni propongono di considerare gli advergame come una forma di advertainment – quindi una forma di pubblicità votata all’intrattenimento – o di intrattenimento di brand.

Cos’è l’advergame? Qualche definizione

Per capire meglio cos’è un advergame e come eventualmente integrarlo nella propria strategia di comunicazione si potrebbe partire dallo sciogliere l’anagramma e considerare qualche definizione di advergame. Come non è difficile intuire, il termine è composto dagli inglesi “advertising” e “game“, ossia “pubblicità” e “gioco”. Secondo il dizionario Merriam-Webster, un advergame è un «gioco che usa le tecniche dell’advertising per promuovere un prodotto a un servizio». Lo IAB, un’organizzazione che si occupa in America di autoregolamentazione pubblicitaria, considera l’advergame come «un gioco specificamente progettato attorno al prodotto o al servizio che deve essere pubblicizzato». Il suo omologo in Italia, lo IAP, dà ad advergame significato di

«forma di comunicazione commerciale che diventa parte di un gioco elettronico interattivo, sviluppato appositamente per la promozione di un prodotto o di un brand».

Diverse tipologie di advergaming

La pronuncia dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria è interessante perché è lo stesso organo a fare una distinzione tra diversi tipi di advergame. Se se ne tralasciano la natura e lo scopo pubblicitario, gli advergame seguono infatti la classica distinzione in genere dei videogiochi e possono essere quindi dei puzzle game, dei giochi di ruolo, dei casual game, degli sparatutto o dei picchiaduro, dei platform game, ecc. Se si considerano soprattutto i messaggi pubblicitari che contengono, secondo l’IAP si distinguono almeno tre tipi di advergame diversi.

Advergame vs in-game advertising

Negli advergame associativi il brand o un suo prodotto o servizio sono semplicemente associati a un videogioco e non invece fondamentali per la sua struttura narrativa e interattiva. Il logo aziendale o la rappresentazione visiva di una linea di prodotti o servizi possono comparire, per esempio, tra i banner o nella grafica del videogioco o in un mondo virtuale come quello di Animal Crossing: New Horizons si possono disegnare item brandizzati con cui gli utenti possono decorare isole e atolli di proprietà.

advergame associativi

I brand di moda, anche di lusso, sono stati i primi a sfruttare i vantaggi dell’in-game advertising su saghe piuttosto popolari come Animal Crossing: New Horizons.

Più generalmente questi messaggi pubblicitari semplicemente contenuti all’interno di un videogioco vengono considerati in-game advertising e, considerato il livello di interazione ridotto che i giocatori hanno con il contenuto pubblicitario in sé, non solo si usano per misurarne l’efficacia di kpi diversi (molto simili a quelli della display advertising), ma vi si ricorre soprattutto per obiettivi differenti e in genere meno specifici di quelli che conducono all’investimento in advergame.

Advergame illustrativi

Gli advergame illustrativi sono quelli in cui il brand o i suoi prodotti o servizi risultano centrali nell’esperienza di gioco e lo sono o perché caratterizzano la grafica e le dinamiche di gioco del videogame o perché rappresentano una sorta di oggetto del desiderio da trovare per assicurarsi la vittoria. L’advergame M&M’s, uno degli esempi che non si possono non citare parlando di videogiochi “branded”, non è altro che un color lines, un gioco cioè in cui l’obiettivo è accumulare punti allineando elementi dello stesso colore, in cui al posto di palline o mattoncini ci sono gli iconici confetti colorati del brand.

advergame m&ms

In Flip the Mix, uno degli advergame di M&M’s, gli iconici confetti colorati diventano l’elemento grafico dominante del videogioco. Fonte immagine: Adverdangers

In Foxy goes to Mexico, il gioco avventura sviluppato dalla nota azienda di prodotti per l’igiene della casa, il giocatore deve aiutare la mascotte del brand a portare a termine le faccende domestiche scegliendo di volta in volta il prodotto più idoneo: l’intento di questo advergame non potrebbe essere più illustrativo, insomma, anche nell’accezione più letterale del termine, per come aiuta gli utenti a familiarizzare con il corretto uso di detersivi e prodotti per la casa. In Rescue Matilda, il videogioco di Chiara Ferragni, c’è invece un elemento iconico del brand, l’amato bulldog francese dell’ influencer , che va salvato superando numerosi ostacoli, cosa che rende questo platform game dall’estetica un po’ vintage di fatto un advergame a obiettivo.

Advergame dimostrativi

Quelli che l’IAP definisce come advergame dimostrativi garantiscono un maggior grado di coinvolgimento e di interattività per il giocatore. Sempre più spesso lo fanno permettendogli di creare un avatar e di muoversi e di esistere nell’universo di gioco attraverso quest’ultimo. È il caso dell’advergame Nike “3D Vince Carter” realizzato in occasione del lancio delle nuove Nike Shox: i giocatori entrano letteralmente nei panni del cestista americano Vince Carter, avendo modo di provare “al suo posto” il nuovo modello di scarpe Nike durante una gara di schiacciate.

nike 3d vince carter

3D Vince Carter è un advergame di Nike sviluppato per il lancio delle nuove Nike Shox: stando alla distinzione dello IAP, si tratta di un advergame dimostrativo per come coinvolge anche quasi sensorialmente l’utente. Fonte immagine: PlacEvent

Operazioni come queste, che segnano lo sconfinamento della gaming advertising nell’avatar economy, sembrano agli occhi di Alessandro De Grandi, CEO e founder di The Nemesis, armi a doppio taglio: non ci sarebbe niente di più sbagliato, infatti, di dire «“voglio vendere un paio di Nike Jordan rosse, quindi mettiamo un avatar con le Nike Jordan rosse nel gioco!” […] perché l’avatar è una rappresentazione di quello che non posso essere nel mondo reale. Meglio pensare a un paio di scarpe fantascientifiche e che persino non esistono nella realtà: in questo modo si riesce davvero a sfruttare l’oggetto avatar per portare in giro il brand e non un singolo prodotto, che siano delle Nike Jordan rosse o un altro modello di scarpe, e fare brand awareness».


Nel classificare le diverse tipologie di advergame non si può non tenere conto, comunque, anche dei canali su cui sono distribuiti. Tradizionalmente i videogiochi “branded” erano pensati per essere giocati da PC e per questo distribuiti tramite floppy disk e CD o raggiungibili dai siti web aziendali. Oggi più comunemente gli advergame si giocano sulle app, ma si potrebbero utilizzare anche qr code stampati sulle confezioni dei prodotti per permettere al cliente di entrare nell’universo di gioco e, se i visori troveranno massa critica, non è escluso che alcuni advergame siano sviluppati come avventure in realtà virtuale.

Esempi di advergame: i migliori

L’elenco di esempi di advergame potrebbe continuare a lungo, tanto più che costruire dei giochi interattivi incentrati sulla storia del brand, i prodotti di punta del suo catalogo o l’universo narrativo che esso evoca non è una pratica recente, né strettamente legata agli ambienti o alle strategie di marketing digitali. Chi ha provato a ricostruire la storia dei videogiochi di brand ha scoperto che, alla fine degli anni Settanta, Polo stava già lavorando a un advergame sportivo basato sulla disciplina del polo.

Il primo advergame effettivamente rilasciato fu, nel 1983, quello di Budweiser: era un arcade destinato a essere collocato in bar, pub e altri locali in cui si consumasse birra e, non solo aveva il logo dell’azienda riportato e ben riconoscibile su tutta la struttura, ma l’esperienza di gioco era completamente incentrata sul riuscire a servire della birra.

arcade game budweiser

Tapper era l’arcade game di Budweiser, collocato in bar, pub e qualsiasi altro luogo in cui si consumava birra. Fonte immagine: WorthPoint

Nel tempo numerosi brand dei più diversi settori hanno investito in questa forma di gaming advertising. Tra gli advergame più famosi di sempre c’è, per esempio, Pepsi Invaders, una speciale versione del grande classico Space Invaders, commissionata da Coca-Cola ad Atari 2600 (un’agenzia poi specializzatasi in advergame development) in cui i pericolosi invasori alieni da sconfiggere non erano altro che le lettere che formavano il nome della rivale Pepsi.

pepsi invaders advergame cocacola

Pepsi Invaders è un famoso advergame di Coca-Cola in cui, diversamente dal famoso Space Invaders, non ci sono alieni da combattere ma lettere da distruggere prima che formino sullo schermo il nome della principale rivale commerciale. Fonte immagine: Wikimedia

Anche Pepsi ha sperimentato con i videogiochi di brand e nella logica della “cola war” non avrebbe potuto che essere così: il brand ha lanciato nel 1999 solo in Giappone un gioco per Playstation, Pepsiman, in cui l’obiettivo era muovere il protagonista schivando ostacoli ed evitando cadute fino a raggiungere persone disidratate da salvare con una lattina di Pepsi.

advergame pepsi

Pepsiman era il gioco avventura di Pepsi in cui un eroe vestito con i colori del brand schivava ostacoli e rischiava vite per salvare altri dalla disidratazione con una bottiglia di Pepsi. Fonte: Wikimedia

Nei primi anni Duemila Burger King ha rilasciato una saga di tre titoli per Xbox 360: i giochi erano disponibili per chi comprasse un menu nella maggior parte dei punti vendita della catena e avevano tutti, anche se in maniera diversa, per protagonista il mondo del fast food.

burger king advergame

Un frame da Sneak King, uno dei tre titoli della saga di Burger King per Xbox 360. Fonte immagine: EGM

Un’operazione simile è stata fatta nello stesso periodo in Italia da Ferrero con Magic Kinder: oltre alla tradizionale sorpresa c’era negli ovetti Kinder un codice univoco che dava accesso a dei videogiochi per PC rilasciati periodicamente sul sito dell’iniziativa.

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I Piramolli è solo una delle numerose avventure con cui può giocare chi accede a Magic Kinder, la suite di videogiochi Ferrero, con un codice contenuto negli ovetti Kinder. Fonte immagine: Behance

Tra i migliori advergame di sempre, e con ogni proprietà tra i videogame di brand che hanno venduto di più in tutti i tempi, ci sono quelli di LEGO: sono cinquantadue giochi diversi, più quelli concessi in licenza e con i personaggi delle saghe di Harry Potter o Star Wars per esempio, che si ispirano agli iconici mattoncini di plastica e non di rado hanno un intento educativo o mirano alla crescita personale oltre che all’intrattenimento.

lego games

Mattoncini e personaggi LEGO sono protagonisti di tante avventure di gioco per PC o console, molte ispirate anche a saghe come quella di Harry Potter o Star Wars. Fonte immagine: LEGO

Nel tempo anche alcuni brand politici hanno provato a sfruttare i principi della gamification per la propria strategia di comunicazione politica 2.0 e non di rado lo hanno fatto rendendo disponibili advergame perfetti per fare marketing elettorale in vista della chiamata alle urne o che chiaramente rappresentano una presa di posizione, a volte persino ironica o satirica, contro gli avversari politici.

SuperVojo, per esempio, è il videogioco di Vojo Bregu, candidato dell’LSI nel collegio di Tirana alle elezioni albanesi del 2021, che il cittadino aveva il compito di condurre in un percorso con ostacoli di ogni tipo e per tre livelli dalla Torre dell’Orologio dritto al Parlamento nazionale.

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Gli advergame possono avere al centro anche i brand politici e i loro messaggi: è quello che è successo durante le elezioni albanesi del 2021 con SuperVojo, il gioco del candidato dell’LSI Vojo Bregu. Fonte: super.vojobregu.al

Vantaggi e svantaggi dell’advergaming

Proprio gli ultimi esempi, quelli dell’advergame utilizzato in comunicazione politica e non necessariamente nell’ambito di campagne con budget milionari, sono metafora di uno dei principali vantaggi dell’advergame: è scalabile, quindi si adatta bene a qualsiasi tipo di brand, a prescindere da quali siano le sue dimensioni, il suo settore di riferimento, ecc.

Ciò non significa che prima di investire in un gioco brandizzato non si debbano fare delle importanti valutazioni, innanzitutto sui propri target di riferimento e su quanto questi siano vicini o interessati al mondo dei videogiochi: «gli advergame funzionano dove ci sono delle community alla base – ha sottolineato, infatti, Alessandro De Grandi di The Nemesis durante un’intervista telefonica ai nostri microfoni – e solo se sono pensati come un’esperienza per la community. Si pensi, per esempio, al videogioco di Chiara Ferragni [il già citato Rescue Matilda]: la sua è una community gigante e molto varia, fatta da chi la segue perché è interessato ai prodotti che consiglia o perché trova ispirazione in lei come persona o semplicemente per curiosità e persino per poter fare l’hater; se non azzecchi bene l’advergame rischi di portarti dietro anche gli ultimi e può essere un problema».

Conoscere le proprie buyer personas e tra queste avere bene in mente quelle a cui si intende parlare con il videogioco di brand è un passo indispensabile per assicurarsi dei lead concreti. È vero, infatti, che un altro dei vantaggi degli advergame è rappresentato da tassi di conversione interessanti, più interessanti di altri e più tradizionali metodi pubblicitari, ma è vero anche che «l’advergame converte molto soprattutto su target verticali», ha continuato l’esperto.

Uno dei principali pro dell’advergame rimane comunque il maggiore coinvolgimento e spesso il coinvolgimento anche sensoriale del gamer potenziale cliente (basti pensare a quelli che sono stati indicati come advergame dimostrativi). Un cliente più coinvolto – o, meglio, attivamente coinvolto – è un cliente che tende a considerare più soddisfacente la user experience , a sviluppare un migliore ricordo di brand e, in un circolo virtuoso, un cliente per cui si allungano ciclo di vita e lifetime value, ossia un cliente fidelizzato e felice di tornare a comprare per il brand che lo ha fatto divertire giocando.

Più che un vantaggio dell’advergame, una ragione che lo ha fatto tornare recentemente in voga è un interesse sempre più diffuso verso il mondo dei videogiochi. Il gaming non è più – ammesso che lo sia mai stato davvero – una nicchia. Durante i primi lockdown, nella primavera del 2020, in molti hanno riscoperto i videogiochi come passatempo per le lunghe giornate da trascorrere in casa, ma anche come “canale”, soprattutto se offrivano la possibilità di chattare, tramite cui mantenersi in contatto con i propri amici. Ancora prima gli addetti ai lavori non avevano potuto fare a meno di notare come ci fossero sempre più mamme gamer. Oggi brand e aziende che investono in advergame e, più in generale, in pubblicità sui videogiochi sanno di poter raggiungere un target piuttosto ampio e diversificato.

Gli svantaggi dell’advergame hanno a che vedere, invece, perlopiù con il costo che può avere sviluppare dei videogiochi aziendali: è difficile che anche big brand e gruppi internazionali abbiano al loro interno risorse adatte a sviluppare in house gli advergame ed è più consueto invece che sia un’attività esternalizzata e affidata, cioè, ad advergame agency specializzate.

La fase più complessa è, in questo senso, quella del brief : le richieste del cliente possono essere vaghe o l’agenzia non particolarmente ricettiva nei loro confronti e il risultato rischia in ogni caso di essere un gioco meno creativo – e meno efficace soprattutto – rispetto a quanto sperato in origine. Eppure non c’è niente che andrebbe evitato come fare uscire il solito videogioco platform o il gioco di ruolo visto e rivisto: meno gli advergame sono capaci di richiamare l’universo narrativo e valoriale dell’azienda e più danno a gamer e consumatori giochi che potrebbero essere stati sviluppati letteralmente da qualsiasi azienda o brand.

A proposito di associazioni, non si dovrebbe mai perdere di vista la brand safety quando si commissiona lo sviluppo di un advergame: volendo semplificare, per un’azienda che da sempre fa attivismo in materia di rispetto dei diritti umani può essere contraddittorio, se non controproducente, uscire sui playstore con un advergame app di sparatutto o picchiaduro.

Come sempre quando si parla di branded content non può essere sottovalutata, poi, la questione trasparenza: di un videogioco incentrato su un brand o i suoi prodotti o servizi deve essere sempre chiaramente riconoscibile la natura promozionale e l’azienda in questione dovrà prendere a monte misure idonee ad assicurarsene, suggerisce l’IAP anche eventualmente utilizzando formule generiche come “promosso da”, “sponsored by”.

Advergame, bambini, industria alimentare, raccolta di dati: qualche controversia

L’ultima avvertenza dovrebbe valere in particolar modo quando destinatari dell’advergame sono i bambini, un tempo più di adesso i principali frequentatori del mondo del gaming, e quando a investire in pubblicità sui videogiochi sono brand dell’industria alimentare. Il rischio è, come sottolinea The Conversation, che per i principi della gamification e per come sono sfruttati in prodotti come questi con evidente scopo commerciale il cibo sia percepito, quasi inconsciamente, come un premio, una ricompensa, un mezzo di gratificazione. L’articolo prosegue citando studi secondo i quali dopo aver giocato con advergame di aziende food i più piccoli sembravano più propensi ad assumere cibo anche fuori orario e ciò è evidentemente piuttosto critico quando a investire in videogiochi pubblicitari sono fast food (tra gli advergame più famosi vi è proprio una sorta di versione di KFC di Angry Birds, Check-in & Win).

advergame kfc

Come molti videogiochi dei brand del food, quello di KFC trasforma il cibo (nel caso di specie le famose alette di pollo fritto) in una ricompensa ottenibile dopo aver superato ostacoli o raccolto punti e ciò può essere pericoloso soprattutto per il tipo di rapporto con il cibo sviluppato dai bambini. Fonte: The Coversation

Altra criticità spesso sottolineata a proposito degli advergame, oltre alla possibilità che proprio come i videogiochi tradizionali causino dipendenza e isolamento sociale, ha a che vedere con la raccolta di dati.

Scaricati sul proprio smartphone, connessi al GPS, qualche volta con accesso a fotocamera, microfono o rubrica o collegati per facilitare il login a Facebook o Google, possono, proprio come tutte le altre app, immagazzinare una sconfinata quantità di informazioni e dati, anche particolari, soprattutto se non si presta abbastanza attenzione al momento dell’installazione ai permessi concessi per condividerli con terzi per finalità di profilazione, pubblicitarie, ecc.

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