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Equity crowdfunding

Definizione di Equity crowdfunding

L’Equity crowdfunding è una particolare tipologia di crowdfunding che permette a imprese e altri soggetti business di raccogliere finanziamenti online, attraverso apposite piattaforme, offrendo in cambio agli investitori titoli di partecipazione e, quindi, l’accesso a specifici diritti patrimoniali e amministrativi.

A dare una più puntuale definizione di equity crowdfunding c’è, tra gli altri, la Consob: secondo l’ente si può parlare di equity based crowdfunding quando «tramite l’investimento online si acquista un vero e proprio titolo di partecipazione in una società: in tal caso, la ricompensa per il finanziamento è rappresentata dal complesso di diritti patrimoniali e amministrativi che derivano dalla partecipazione nell’impresa». È una definizione contenuta – già nel primo e adesso anche nel nuovo – regolamento equity crowdfunding.

Come funziona in Italia l’equity crowdfunding: alcuni aspetti legali

Al contrario di quanto avviene in molti paesi europei, dove non si è ritenuto necessario predisporre per l’equity crowdfunding regolamentazione ad hoc, ma si è lasciato a riferimenti normativi già esistenti sul pubblico risparmio, sui servizi di pagamento, eccetera l’onere di dirimere la questione, in Italia si è deciso di intervenire proattivamente in materia. Ciò è avvenuto in due momenti: il primo con il cosiddetto Decreto Crescita Bis (ossia il d.l. 179/2012), quando si è dato possibilità alle startup innovative di accedere a questa tipologia – per certi versi semplificata – di finanziamenti online; il secondo con la Legge di stabilità 2017 (ossia la l. 232/2016), quando si è allargata anche alle piccole e media imprese in forma di s.r.l. la possibilità di fare equity crowdfunding.

Al di là delle dettagliate previsioni contenute negli interventi normativi italiani sull’equity based crowdfunding, è evidente insomma l’intenzione di:

  • favorire la crescita economica del Paese;
  • stimolare l’imprenditorialità, specie giovanile e in settori strategici e più innovativi;
  • semplificare e rendere meno macchinosi gli investimenti da parte di venture capitalist, business angel o investitori comuni, creando – aspetto non secondario – un clima di fiducia da parte loro.

Il ruolo dei portali online: cosa dice il regolamento Consob

Non a caso, sia nel primo sia nel nuovo regolamento Consob equity crowdfunding, un peso fondamentale è dato ai portali online di equity crowdfunding: sono piattaforme censite (secondo il quarto rapporto sul crowdinvesting del Politecnico di Milano, nel primo semestre del 2019 ne esistevano trentasette, ndr) il cui compito è quello di fornire agli investitori i dati anagrafici di startup e PMI che hanno campagne equity crowdfunding in corso e, cioè, di rendere disponibili quante più informazioni possibili su caratteristiche e rischi di ogni singolo investimento. Nella maggior parte dei casi ciò avviene attraverso la pubblicazione di schede di trasparenza riguardo all’azienda che intende offrire capitale sociale in cambio di investimenti, schede di trasparenza che sempre più spesso hanno formato multimediale e contengono dunque immagini, brevi video, pitch di presentazione aziendale, eccetera.

piattaforme equity crowdfunding italia 2019

Una panoramica sulle maggiori piattaforme di equity crowdfunding in Italia, le campagne attive e i risultati già ottenuti. Fonte: money.it

Alle piattaforme di equity crowdfunding è fatto esplicito divieto di detenere somme di denaro, svolgere personalmente gli investimenti o anche solo fornire consulenza finanziaria. Allo stesso modo i portali non possono perfezionare l’adesione a un progetto di equity crowdfunding, ma solo indirizzare l’investitore verso banche e imprese d’investimento (in gergo SIM), con poche eccezioni – finalizzate sempre all’obiettivo semplificazione – fatte in caso di investimenti di cifre poco consistenti, sotto la soglia dei 500 euro per le persone fisiche e dei 5.000 euro per le persone giuridiche. Dal 2017, inoltre, ai gestori di simili portali online è fatto l’obbligo di stipulare un sistema di indennizzo o una polizza assicurativa a copertura dei danni derivati dalla propria attività per un minimo di 20.000 euro.

L’equity based crowdfunding e il tentativo di restaurare un clima di fiducia per gli investitori

Investire in equity crowdfunding, insomma, dovrebbe essere per definizione sinonimo di «affidabilità» e «qualità». Più di altri protagonisti della FinTech, equity crowdfunding specialist – nuove figure professionali, cioè, che dovrebbero essere in grado di fare da intermediari tra investitori e soggetti business in cerca di capitali –, gestori dei portali online e chiunque si occupi di forme di finanziamento dal basso come queste hanno il compito di favorire «percorsi di investimento consapevole». È l’auspicio della Consob, con ogni probabilità derivato dalla constatazione che manca ancora in Italia per certi versi una buon alfabetizzazione finanziaria.
Il quadro è abbastanza rassicurante se si pensa che nel 2019 – secondo molti, anno da record per l’equity crowdfunding in Italia –, sono stati raccolti in questo modo quasi 82 milioni di euro totali a favore delle imprese.

equity crowdfunding italia dati 2019

Alcuni numeri sull’equity crowdfunding in Italia. Fonte Osservatori Entrepreneurship & Finance Politecnico di Milano

Vantaggi e svantaggi dell’equity crowdfunding

L’equity crowdfunding si dimostra, del resto, uno strumento piuttosto versatile e con numerosi vantaggi sia per chi investe, sia ovviamente per i destinatari degli investimenti.

Si consideri, infatti, il caso di una startup di recente formazione: è improbabile che riesca ad accedere ai tradizionali sistemi di credito bancario a causa della mancanza delle necessarie garanzie. È un destino che le startup condividono con le piccole e medie imprese, specie a conduzione familiare. Non stupisce, così, che c’è chi ha definito l’equity crowdfunding un «sistema di finanziamento democratico»: ogni realtà business può presentare il suo progetto, la sua offerta attraverso le apposite schede sui portali online, lasciando che siano i singoli investitori a deciderne validità e sostenibilità.
In Italia vige poi il divieto di distribuzione di utili per tutto il periodo in cui la società mantiene i requisiti di startup o PMI innovativa: semplificando molto, significa che gli eventuali utili devono essere reinvestiti nella società; si tratta dunque di un elemento di sicuro vantaggio per la gestione e il bilancio aziendale, soprattutto nei primi anni di vita.

Dal canto loro, gli investitori hanno maggiore possibilità di modulare gli investimenti di quanta ne avrebbero facendo ricorso a strumenti più tradizionali. Come nel normale crowdfunding, vengono stabilite infatti quote azionarie diverse da cedere agli investitori in proporzione alla natura degli investimenti effettuati: c’è una pratica sempre più diffusa per esempio, come sottolinea ancora il già citato rapporto sul crowdinvesting del Politecnico di Milano, che è quella di concedere quote azionarie senza diritto di voto a chi effettua investimenti sottosoglia e di più basso valore; una pratica che, di fatto, rende scalabile e accessibile a qualsiasi tipo di investitore uno strumento finanziario come questo.
Essendo a tutti gli effetti detentore di titoli di partecipazione, comunque, chi ha aderito a una campagna di equity crowdfunding prende parte alla vita societaria, ha diritto di partecipare – con o senza voto, alle condizioni di cui si è detto – alle assemblee, di visionare i bilanci societari, eccetera e, ovviamente, di partecipare agli utili una volta che sarà cessato il divieto di distribuzione di cui sopra.
Su un piano decisamente più soft, partecipare alla vita di una startup o di una PMI innovativa significa avere l’opportunità di guardare da vicino una realtà piuttosto market-oriented: non avendo storia, un’impresa di questo tipo non può che provare a interpretare e cogliere bisogni attuali del mercato e risultare perciò piuttosto competitiva, anche per quanto riguarda i risultati finanziari.

Il contraltare, va da sé, è che se l’idea di business non è tanto vincente come si credeva e l’impresa non va a buon fine, si può andare incontro alla perdita dell’intero capitale investito. Da soci delle startup o delle PMI quali si è diventati grazie all’equity crowdfunding, del resto, ci si assume per intero il rischio aziendale. Una buona idea, allora, è provare a differenziare gli investimenti per quanto possibile.
Non va sottovalutato poi, a proposito di contro, che è ancora il regolamento Consob a vietare la negoziazione dei titoli e degli strumenti finanziari emessi a fronte di una campagna di equity crowdfunding per tutto il periodo in cui permane lo stato di startup o PMI innovativa di chi li ha emessi: ciò significa per l’investitore un maggiore rischio illiquidità, un maggiore rischio cioè che il titolo in possesso non possa trasformarsi prontamente in moneta.
Come sempre quando si tratta di strumenti finanziari online non si può ignorare, infine, il rischio di incappare in truffe o raggiri, ma è questo un pericolo che si schiva facilmente consultando la lista di piattaforme equity crowdfunding Italia accreditate dalla Consob.

Campagne di equity crowdfunding: cosa serve sapere

Più a uso e consumo di stratupper e piccoli e medi imprenditori è possibile individuare dei fattori predittivi dell’insuccesso dell’equity based crowdfunding e, di conseguenza, alcuni principi – semplici e spesso di buon senso – che assicurano una buona probabilità di riuscita delle campagne.

Il primo passo è per esempio predisporre diverse fasi della campagna.
In una fase preparatoria ci si preoccuperà di creare una community di possibili sostenitori/investitori, si investirà in pr e in contatti con i media e con gli stakeholder e, da un punto di vista più burocratico, servirà chiudere un accordo con il portale selezionato, preparare le schede di trasparenza e tutta la documentazione necessaria.
La fase field è quella in cui si concretizzano gli investimenti, ma non può mancare una post-campagna mirata a rafforzare i propri legami con investitori e community.

Altrettanto importante è mostrarsi preparati e puntare sulla trasparenza: una startup o una PMI innovativa che voglia iniziare una campagna di equity crowdfunding deve innanzitutto aver chiaro – e fare in modo che lo sia anche per gli investitori – quali siano il proprio business plan , l’executive summary delle proprie attività ed essere disposta a mettere a disposizione qualsiasi documento utile in questo senso.

Parola d’ordine, insomma, è comunicare, presidiare cioè qualsiasi canale possa rappresentare un bacino in cui raccogliere possibili investitori. Questo significa, più concretamente, avere una social media policy chiara e un altrettanto chiaro piano editoriale , adottare un tono di voce quanto più in linea possibile con il proprio target e non dimenticare di parlare con voce umana: se c’è una cosa di cui tenere conto, infatti, è che la componente emozionale gioca un ruolo non secondario quando si tratta di scegliere di investire in startup e progetti innovativi.

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