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Hate speech in politica: in Italia piovono commenti offensivi verso candidati e sostenitori

Hate speech in politica: i dati riferiti all'Italia e il confronto con l'Europa

L’Espresso prova a dare una misura dell'hate speech in Italia: sui profili ricollegati alla politica abbondano insulti, offese e toni esasperati.

Se le elezioni 2018 viste dai social hanno incoronato i leader più attivi sulle piattaforme digitali, permesso di fare previsioni sui risultati delle urne e segnato il sentiment del dibattito politico on e offline, sono stati soprattutto il post-voto e la crisi governativa in atto a dare un’idea delle dimensioni di un fenomeno come l’ hate speech in politica.

Quando si parla di discorso dell’odio, infatti, si parla di insulti, commenti offensivi, toni esasperati e, più in generale, comportamenti sopra le righe – ed, è il caso di dirlo, contrari a qualsiasi forma di netiquette – che riguardano tutti, indiscriminatamente: minori e adolescenti, tifosi di calcio, appassionati di serie TV e fan di VIP e personaggi famosi. Senza esclusione neanche per i politici e i loro elettori: L’Espresso, in collaborazione con alcuni giornalisti internazionali, ha provato a misurare infatti il livello di odio che trapela dalle pagine e dagli account social dei principali politici europei, prendendo come riferimento concreto i commenti offensivi pubblicati tanto dal leader politico quando dai suoi sostenitori.

Così l’hate speech in politica vizia il dibattito in Italia

Quarantamila messaggi ricevuti in un mese (dal 21 febbraio 2018 al 21 marzo 2018) da trecentoventi politici di Francia, Germania, Italia e Svizzera sono bastati per confermare il nostro Paese come quello più a rischio hate speech in politica.

hate speech in politica situazione italia

Fonte: L’Espresso

La ricerca ha utilizzato infatti i parametri fissati da “Articolo 19” – un gruppo che da tempo lavora in difesa della libertà di espressione in Rete – per classificare, su una scala che va dai «commenti neutrali» ai «discorsi dell’odio» passando per i «commenti molto scortesi» e le «offese esplicite», le interazioni ricevute sia da pagine e account ufficiali dei diversi schieramenti politici, sia da profili e account personali dei singoli personaggi e leader della politica europea.

Al di là di qualche conferma (Matteo Salvini e Luigi Di Maio guidano la classifica dei leader europei più coinvolgenti e bisogna guardare al settimo posto per trovare il primo leader straniero, la tedesca Alice Weidel), i risultati mostrano appunto come il dibattito politico italiano sia quello più compromesso da commenti offensivi e insulti, seguito immediatamente da quello francese. Una precisazione, però, è d’obbligo: i commenti odiosi e tossici rappresentano appena il 6% del totale. A leggerlo isolatamente, un dato come questo sembrerebbe suggerire che il dibattito politico in Italia, come negli altri paesi presi in considerazione, è molto più equilibrato, bipartisan e costruttivo di quello che si immagina. Quello che questa percentuale non dice, infatti, è che ci sono contesti, situazioni, argomenti e persino personaggi politici che più di altri sembrano alimentare l’odio e l’hate speech in politica.

Personaggi, questioni e temi che accendono l’odio in politica e sui social

In Italia il flusso d’odio nei commenti politici parte e ha come destinatario soprattutto il centrodestra. Quello che la ricerca di L’Espresso fa, infatti, è individuare sia le forze e gli esponenti politici che ricevono più offese e commenti negativi da parte di oppositori e haters, sia i protagonisti della politica che invece si fanno portatori d’odio e viziano il dibattito pubblico-politico con i loro messaggi dai toni e dai contenuti forti. Gli account riconducibili alla Lega di Matteo Salvini sono così, come si accennava, sia i principali destinatari di insulti e commenti offensivi (lo è oltre il 4% dei messaggi postati), sia i posti da cui parte la maggior parte di offese e messaggi d’odio verso le altre forze politiche (il 9,2% dei commenti), più ancora di quanto non lo siano quelli dell’estrema destra francese del Front National.

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Fonte: L’Espresso

Alcuni temi più di altri, poi, sono a rischio odio. Mentre in Germania, così, sono soprattutto le politiche migratorie del governo Merkel a scatenare i commenti offensivi, in Francia ad accendere l’odio sono soprattutto le questioni di genere. In Italia sono entrambi temi caldi anche se le ondate di messaggi dai contenuti e dai linguaggi offensivi si intensificano anche e soprattutto sul tema vaccini, complice anche la cattiva informazione che esiste in materia e il dilagare di fake news sul tema. Solo per fare un esempio, in occasione dell’approvazione del Decreto Vaccini, una serie di offese, accuse di tradimento e minacce di morte sono cadute sulla ministra Beatrice Lorenzin e più in generale sui sostenitori del provvedimento.

Lo studio in questione, poi, sembra dare conferma di un preoccupante fenomeno social: la renaissance di un sentimento fascista. Che si traducano o meno in un supporto concreto a formazioni di estrema destra, i commenti che inneggiano al Duce e/o attingono allo slang fascista parlano dello stesso background che ha reso possibile la nascita e la proliferazione della pagine nazi-fasciste su Facebook, per esempio, e il contraltare non sembrano essere ancora strumenti di segnalazione e moderazione altrettanto adeguati.

L’hate speech in politica all’italiana ha, infine, un’altra caratteristica macroscopica: le donne leader di una formazione politica o che ricoprono una carica pubblica sono destinatarie di offese e insulti più di quanto lo siano i loro colleghi uomini (la percentuale è dell’8% contro il 4,8%). E il dato forse ancora più preoccupante è che si tratta di offese e insulti che hanno per lo più natura sessista: più di una volta gli haters hanno commentato con toni volgari e offensivi il fisico e i look della ministra Maria Elena Boschi, per esempio, o il ruolo istituzionale di Laura Boldrini (portavoce, tra l’altro, di numerose campagne proprio contro l’hate speech).

hate speech in politica donne leader

Fonte: L’Espresso

Mantenere toni equilibrati e pacati, senza scadere nelle offese personali e nel volgare? Sembra essere davvero un’eccezione, insomma, quando si parla di politica. Anche se, almeno stando ancora allo studio di L’Espresso, andrebbe riconosciuto per esempio al Movimento 5 Stelle di avere profili e canali social verso cui sono indirizzate meno offese dirette (anche se gli stessi diventano, esattamente come quelli delle altre formazioni politiche forieri di commenti odiosi verso gli avversari politici) e a singoli personaggi politi, italiani e non solo, il merito di riequilibrare il dibattito pubblico, attenendosi per esempio a issue programmatiche e tecniche. A favorire l’hate speech in politica, comunque? Quella stessa protezione che sembra derivare dall’anonimato e da quell’attivismo da tastiera che è alla base del flaming anche in molti altri campi molto diversi.

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