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H&M e Zara e altri brand di abbigliamento hanno firmato un nuovo accordo per tutelare i lavoratori in Bangladesh

Foto di un lavoratore dell'industria tessile. H&M e Zara firmano nuovo accordo per proteggere i lavoratori in Bangladesh industria Fashion. H&M e Zara firmano nuovo accordo per proteggere i lavoratori in Bangladesh industria Fashion

Diversi rinomati brand di abbigliamento (come Inditex, H&M e Tommy Hilfiger) si impegnano, con un nuovo accordo, a garantire condizioni di lavoro sicure e dignitose in Bangladesh, con la promessa di estendere lo stesso programma ad altri paesi.

Zalando, C&A, Mark & Spencer, Calvin Klein, H&M e Zara firmano un nuovo accordo pensato per tutelare i diritti dei lavoratori che operano nel settore dell’abbigliamento in Bangladesh. Sono solo alcuni dei 77 firmatari che hanno confermato l’adesione all’International Accord for Health and Safety in the Textile and Garment Industry, un’iniziativa ideata per migliorare le condizioni di lavoro in un Paese che dal 2010 e fino a luglio 2021 è stato il secondo più grande esportatore di abbigliamento (ora è stato sorpassato dal Vietnam a causa dei lunghi periodi di lockdown e dell’aumento dei contagi da COVID-19).

H&M e Zara firmano un nuovo accordo per promuovere condizioni di lavoro sicure in Bangladesh

Si tratta di un accordo giuridicamente vincolante tra i brand firmatari e le federazioni sindacali IndustriALL e UNI Global Union, allo scopo di assicurare condizioni di lavoro sicure in Bangladesh nell’industria tessile e dell’abbigliamento. Questo accordo è entrato in vigore il 1° settembre 2021 e si prevede che il programma venga esteso almeno a un altro paese nel corso dei primi due anni.

L’International Accord for Health and Safety in the Textile and Garment Industry arriva in sostituzione del precedente Accord on Fire and Building Safety in Bangladesh, uno accordo storico, firmato nel 2013 e scaduto il 31 agosto 2021. Come riferito a Vogue da Kalpona Akter, executive director del Bangladesh Center for Workers Solidarity, l’iniziativa ha lo scopo di mantenere i progressi già raggiunti finora nel Paese1, cercando di andare oltre. Infatti, «il nuovo Accordo non riguarda più questioni relative alle strutture, questioni elettriche o relative agli incendi; la nuova iniziativa terrà conto della salute e della sicurezza come se fosse un insieme».

In effetti, tra le novità previste nel nuovo accordo c’è l’impegno da parte dei firmatari a estenderne la copertura alla salute e alla sicurezza degli individui in senso più ampio, oltre che alla sicurezza degli edifici e ad aspetti relativi agli incendi (come previsto nel precedente accordo).

L’International Accord prevede inoltre la possibilità per i lavoratori di intraprendere azioni legali contro retailer, qualora le fabbriche non rispettassero gli standard di sicurezza nel lavoro2.

Un accordo che può salvare vite e rendere l’industria del fashion più sostenibile e sicura

L’accordo precedente, noto anche come Bangladesh Accord, è stato firmato nel 2013 in seguito al crollo del Rana Plaza, un edificio commerciale situato a Dacca, capitale del Bangladesh, che ospitava diverse fabbriche di abbigliamento appartenenti a brand rinomati come Benetton, Inditex, H&M e Primark. Purtroppo il terribile incidente ha causato la morte di oltre mille lavoratori, ma ha anche acceso il dibattito sul dovere delle multinazionali di tutelare i diritti delle persone che lavorano nella produzione di abbigliamento in paesi come il Bangladesh, spesso in condizioni davvero precarie.

Quest’iniziativa ha infatti consentito di migliorare le condizioni di molti dipendenti in Bangladesh e ridurre il numero di incidenti sul lavoro. Non a caso, a proposito del nuovo International Accord, Kalpona Akter ha affermato: «l’accordo salva vite».

Dopo i progressi raggiunti dall’accordo precedente – firmato da circa 200 marche internazionali, tra cui Adidas, Tommy Hilfiger e Hugo Boss – all’avvicinarsi della scadenza in tanti si sono interrogati sull’eventuale rinnovo dei brand e sugli eventuali rischi legati invece a un mancato rinnovo3.

È per questo che il nuovo International Accord è stato definito da Valter Sanches, general secretary di IndustriALL Global Union come, «un’importante vittoria nel percorso che punta a rendere l’industria dell’abbigliamento più sicura e sostenibile», come riportato sul sito della federazione sindacale. «Ora le aziende tessili e di abbigliamento devono mostrare il proprio impegno, firmando l’International Accord rinnovato», ha aggiunto.

Spesso oggetto di molte critiche per l’impatto negativo del fast fashion , sia dal punto di vista ecologico che sociale, non è la prima volta che note marche di abbigliamento si uniscono per cercare di promuovere un’industria della moda più sostenibile e che garantisca non solo delle condizioni di lavoro adeguate e dignitose per tutti i lavoratori della filiera, ma che sia anche in grado di tutelare il pianeta. Ne è un esempio l’adesione, da parte di brand come H&M e OVS, alla Circular Fashion Partnership, siglata a marzo 2021: si tratta di un’iniziativa pensata per creare un modello di produzione circolare partendo proprio dal Bangladesh e per contrastare il problema dei rifiuti nell’industria fashion.

Note
  1. Vogue
  2. The New York Times
  3. Vogue Business

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