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Influencer marketing in Italia: è un mercato maturo o si investe ancora con prudenza? I dati dell'Osservatorio Nazionale

Influencer marketing in Italia: dati 2019 e prospettive

Il neonato Osservatorio Nazionale traccia lo stato dell'arte dell'influencer marketing in Italia: gli insight più interessanti su chi investe e come.

Ci sono mercati, come quello americano, in cui il fenomeno sembra avviarsi già verso una fase di maturità. Aziende e marketer che investono in influencer marketing in Italia sono, però, altrettanto numerosi? E si è raggiunto, più in generale, un livello di consapevolezza adeguato rispetto alle potenzialità, il ritorno concreto e, perché no, i rischi legati alla collaborazione con gli influencer ? A domande come queste prova a rispondere il primo report del neonato Osservatorio Nazionale Influencer Marketing-ONIM.

Influencer marketing in Italia: le ragioni di un atteggiamento prudente

L’insight più macroscopico è che quello dell’influencer marketing, in Italia, è un mercato ancora giovane. La maggior parte (oltre il 66%) delle aziende e dei marketer, infatti, ha realizzato nel 2018 tra uno e tre progetti in collaborazione con gli influencer. Anche la percentuale di budget allocato alle attività di influencer marketing conferma un atteggiamento prudente: quasi la metà di chi pure ha investito in campagne di questo tipo non vi ha destinato più del 10% e, nel complesso, oltre l’84% di aziende non investe in influencer marketing più del 30% del suo budget dedicato alle attività di marketing e comunicazione.

Le buone notizie sono che c’è anche nel nostro Paese uno zoccolo duro di veterani dell’influencer marketing (circa il 13% del campione ONIM) che hanno all’attivo già più di dieci progetti e, soprattutto, che la maggior parte di chi ha investito in influencer marketing (circa il 67%) si dice «soddisfatto» o «abbastanza soddisfatto» dei risultati ottenuti, per questo prevede di aumentare il budget destinato a questo tipo di attività nell’immediato futuro.

Dai settori al perché si investe in influencer marketing in Italia

Per il resto chi investe in influencer marketing in Italia lo fa seguendo precise dinamiche, per obiettivi e utilizzando mezzi e canali in tutto e per tutto simili a quelli utilizzati dai player internazionali.

Secondo l’ONIM, infatti, anche nel nostro Paese le collaborazioni più proficue con gli influencer riguarderebbero settori come il fashion e il food&beverage (a ciascuno di questi fanno capo, infatti, oltre il 17% dei progetti attivi di influencer marketing). Anche chi opera nel settore dei viaggi collabora sempre più di frequente con gli influencer: in quest’ambito, già di natura altamente esperienziale, le abitudini di consumo sono infatti cambiate in direzione di una maggiore rilevanza e credibilità attribuite a consigli di amici, conoscenti, grandi e piccole star del web. Tech, beauty e sport sono gli altri campi in cui l’investimento in influencer marketing può garantire un ritorno consistente.

Al contrario di come si possa immaginare, invece, il life style non è uno dei settori di punta dell’influencer marketing in Italia.

Anche gli obiettivi delle campagne di influencer marketing sono trasversali. Marketer e aziende italiane investono sugli influencer soprattutto per aumentare o migliorare brand awareness (è lo scopo di almeno il 19,5% del campione) e la brand reputation (18,3%). La collaborazione con gli influencer, però, per molte aziende (il 16,8% del campione) è anche la via per rendere più coinvolgente la propria strategia social, risolvere l’annoso problema del traffico organico e vincere la tirannia dei contenuti sponsorizzati, rafforzando dove possibile il proprio rapporto con la community (10,7%). Va da sé che per una certa percentuale di brand e aziende italiane che investono in influencer marketing obiettivi e lead concreti come fare aumentare gli acquisti giustificano, altrettanto, l’allocazione di un certo budget (è vero per 13,3% del campione ONIM).

Per venire al come si fa influencer marketing in Italia, il report propone una dettagliata disanima di canali e strumenti più utilizzati, tecniche utili a individuare gli influencer giusti, modalità e tipologia di retribuzione.

Quanto, come guadagnano gli influencer in Italia e una questione di trasparenza

Instagram si conferma, così, il canale per eccellenza dell’influencer marketing: nel complesso oltre l’80% di chi ha all’attivo una campagna dice di utilizzarlo «spesso» o «molto spesso». Per quanto riguarda la selezione dell’influencer giusto, nella maggior parte dei casi questa avviene dopo aver osservato ciò che succede in Rete ed eventualmente utilizzando dei tool di social listening (lo fa circa il 18% del campione). Interessante è che ci si affidi ancora in Italia più al passaparola che alle agenzie dedicate, per esempio, quando si tratti di selezionare il o gli influencer con cui collaborare. Confermando un trend dell’influencer marketing valido a livello internazionale, quasi il 60% di aziende o brand italiani collaborano con influencer con una community dalle dimensioni limitate, in genere inferiore ai 30mila follower , ossia collaborano con quelli a cui in letteratura ci si riferisce come micro-influencer.

C’entra proprio la dimensione ridotta della community con le cifre, altrettanto ridotte, guadagnate dagli influencer italiani. Se nell’immaginario comune, infatti, l’influencer marketing è questione di migliaia di euro a post – e se questo può esser vero per un A-list influncer o per un influencer vip – la verità può essere anche ben diversa.

Serve fare, però, un passo indietro: chiunque abbia all’attivo progetti e campagne di influencer marketing prevede una qualche forma di retribuzione per gli influencer con cui collabora: solo un 10% del campione dell’Osservatorio Nazionale Influencer Marketing dice di non farlo «mai». Quando non si tratta di prodotti o servizi dati in omaggio, e anche se questo avviene, il compenso economico si aggira mediamente intorno ai 300-600 euro per post. Solo su YouTube – e non è difficile immaginare per collaborazioni con youtuber molto seguiti o per progetti piuttosto consistenti e che prevedano la realizzazione di contenuti ad hoc – è prevista una retribuzione che supera in qualche caso i 2000 euro.

Ultimo – ma non ultimo per importanza e per l’attenzione sempre più rivolta a temi come l’affidabilità degli influencer o il rischio fake – arriva il capitolo della trasparenza. Quanti tra gli influencer italiani usano gli hashtag #adv o #sponsored o segnalano diversamente i contenuti frutto di una collaborazione con i brand e, ancora, fanno attenzione a codici di condotta e autoregolamentazione ormai esistenti in materia? E soprattutto, a monte, quanti tra aziende e brand che investono in influencer marketing in Italia pretendono e vigilano che questo avvenga?

Una buona metà (il 54,9%) degli intervistati dice di farlo «sempre» e a loro si aggiungono marketer, brand e influencer che dicono di farlo «spesso» (circa il 24%). Segno che quello che è stato fatto fin qui da AGCOM, IAP e altri organi di settore sta già dando i suoi frutti, nonostante ancora molto ci sia da fare perché l’influencer marketing in Italia possa dirsi davvero maturo.

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