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Ci sono (veri) influencer su Clubhouse? E perché il social "della voce" impone sfide in gran parte inedite all'influencer marketing?

È il fenomeno social del momento, ma gli influencer su Clubhouse sono fin qui soprattutto content creator già famosi altrove.

A generare in queste settimane il boom di popolarità della piattaforma sono state anche le ospitate di Elon Musk e Mark Zuckerberg. Ospiti "vip" a parte, però, ci sono al momento content creator e influencer professionisti su Clubhouse? Come sfruttano l'app? Quale sarà il futuro dell'influencer marketing al suo interno?

È senza dubbio il fenomeno social del momento. Basteranno, però, ad attirare gli influencer su Clubhouse stanze, host, guest e quell’assoluta centralità della voce che già richiede di rivedere tanta “fenomenologia” dei social network?

Rispondere non è così semplice. La creatura di Paul Davison e Rohan Seth ha infatti meno di un anno (è arrivata ufficialmente nell’App Store ad aprile 2020) e, soprattutto al di fuori degli Stati Uniti, ha appena iniziato la propria scalata della tanto famosa curva di rogers . Nonostante il boom di queste settimane, ci sarebbero così attualmente appena 50mila iscritti a Clubhouse in Italia, secondo delle prime stime di Vincenzo Cosenza. La massa critica insomma è ancora lontana e forse neanche così prioritaria tra gli obiettivi che il board dell’app intende raggiungere.

quanti utenti su clubhouse

I circa 50mila utenti italiani di Clubhouse sono da considerare degli early adopter: l’app, nonostante l’improvviso boom di queste settimane, è infatti ancora alla fase iniziale della curva a campana della sua adozione. Fonte immagine: Medium/@bvajresh

Quello che appare evidente è infatti come il brand di Clubhouse sia al momento costruito soprattutto attorno all’idea di esclusività: il fatto che sia disponibile per ora solo per utenti iOS, gli inviti limitati a disposizione di ogni iscritto per portare altri amici, familiari, colleghi o conoscenti sulla piattaforma, il numero massimo di 5mila utenti che si possono trovare contemporaneamente nella stessa stanza generano desiderio e non possono non aver inciso nel rendere virale la piattaforma.

influencer su Clubhouse tra addetti ai lavori ed esperti di vari argomenti

Prima ancora di chiedersi se e come si possa sfruttare Clubhouse per l’ influencer marketing non si può fare a meno di notare come questo social network “voice-only” (o “delle note vocali”, come è stato presto ribattezzato in Italia, non senza un pizzico di scetticismo per la scelta del medium voce) sia già per sua natura ben frequentato da giornalisti, speaker radiofonici, digital marketer, venture capitalist, attivisti della community LGBTQI+ – e l’elenco potrebbe continuare a lungo – ognuno con un proprio seguito anche al di fuori dell’app e non di rado considerati, ciascuno per il proprio ambito, figure fidate, di riferimento.

A un primo sguardo, insomma, l’app potrebbe sembrare letteralmente un “club di addetti ai lavori che discutono, si confrontano tra loro e semplicemente lo fanno di fronte a una platea di (relativamente pochi) altri utenti interessati al tema del giorno. Chiunque può infatti teoricamente prendere la parola in qualunque momento in una stanza su Clubhouse, ma starà a host e moderatori concedere i privilegi da speaker e, soprattutto, quello del semplice ascoltatore è un personaggio contemplato dallo schema narrativo originario di Clubhouse, cosa che rende la sua una posizione meno critica, meno controversa di quella del tradizionale lurker sui social media .

Se davvero fosse solo così, se il tipo di conversazioni che avvengono ogni giorno, con un calendario fittissimo peraltro, all’interno dell’app fossero davvero solo conversazioni bollabili per semplicità ” b2b “, ossia da e per addetti ai lavori, gli influencer su Clubhouse dovrebbero confrontarsi con esattamente le stesse difficoltà che da sempre hanno i marketer quando provano a ideare campagne con gli influencer per destinatari business o corporate.

Ci si potrebbe ritrovare in una stanza per commentare trend di settore o, molto più pragmaticamente, se si ha bisogno di imparare come usare un nuovo applicativo per esempio: sono davvero infoprodotti, contenuti “how to” e formazione, però, il possibile punto di intersezione tra Clubhouse e influencer marketing? La cronaca più recente sembra suggerire di no.

la volta di Elon Musk e Mark ZuckerberG su clubhouse

Nei primi giorni di febbraio 2021 Elon Musk è stato su Clubhouse, ospite nella stanza di “The Good Time Show”, una sorta di versione per l’app dei tradizionali late show all’americana.

Qui ha parlato di bitcoin , viaggi su Marte, progetti in cantiere per Tesla, prima di addentrarsi nel caso Robinhood e GameStop: nonostante la tarda ora, i 5mila ospiti nella stanza sono stati raggiunti immediatamente, tanto che la corsa è stata a replicare l’intervento dell’imprenditore più o meno lecitamente anche in altre stanze e a trasmetterlo in streaming su YouTube.

elon musk su clubhouse

Il 1° febbraio 2021 Elon Musk è stato ospite di una stanza di Clubhouse in cui ha parlato di Bitcoin, Tesla, Space X e molto altro. Fonte: TechCrunch

A qualche giorno di distanza anche Mark Zuckerberg è stato su Clubhouse, ospite della stessa stanza e trattando tematiche in parte simili, in parte aventi a che vedere con il futuro di smart working e remote working e la possibilità che gli stessi siano facilitati dall’utilizzo di realtà aumentata e realtà virtuale. Anche in questo caso c’è stato un boom di ascolti, che sembra aver portato peraltro a vere e proprie compravendite di inviti per Clubhouse con – come sembra – un solo invito “quotato” anche oltre trenta euro.

mark zuckerberg facebook su clubhouse

Dopo Elon Musk, anche il CEO di Facebook, Mark Zuckerberg, si è iscritto su Clubhouse con il nickname “Zuck23” per partecipare a una stanza sul futuro di tecnologie come realtà aumentata e realtà virtuale. Fonte immagine: Wired

Note di colore a parte, gli influencer su Clubhouse che avranno successo saranno soprattutto su testimonial e brand ambassador vip, A-list influencer e opinion leader ?

Il dubbio è legittimo in un momento storico in cui, anche su altre piattaforme già ben rodate, big influencer e influencer con molto seguito hanno cominciato a proporsi come role model, per i più giovani soprattutto, e a «prendere coscienza di avere un ruolo (quello, appunto, di modello d’ispirazione, ndr) e a viverlo come tale», come ha ribadito Matteo Pogliani di OpenBox nella puntata di Inside Talk del 10 dicembre 2020. Se ci si è lasciati ispirare dal racconto della ex di The Blonde Salad su IGTV riguardo a cosa voglia dire essere tra le prime imprenditrici digitali donne in Italia, perché non si dovrebbe poter entrare in una stanza su Clubhouse solo per scoprire cosa uno dei più grandi imprenditori del momento abbia da dire su community e hedge funding?

Il programma con gli influencer su Clubhouse che serve a promuovere la piattaforma

Con ogni probabilità, ed è quello che è successo, in molti – molti di più anche dei limiti strutturali della piattaforma – vorranno andare su Clubhouse perché c’è Elon Musk che parla di potere delle community ed hedge funding. In qualsiasi discussione attorno a Clubhouse – anche quelle che riguardano i problemi di privacy o il dubbio che le conversazioni su Clubhouse alimentino hate speech e spirale del silenzio soprattutto nei confronti di alcune minoranze – non si può non tenere conto, infatti, di come la piattaforma si trovi a un suo early stage. Ospitare personaggi famosi e nomi celebri potrebbe essere, cioè, a questa fase della sua adozione, soprattutto una strategia di promozione.

Tanto che, ha confermato The New York Times, Clubhouse sta testando un programma pilota per il quale ha già coinvolto almeno quaranta top creator che regolarmente conducono live talk e conversazioni in diretta sulla piattaforma e hanno un seguito ben consolidato.

A loro l’opportunità di confrontarsi in stanze e occasioni private (stando a The New York Times ci sarebbe una stanza Clubhouse dal titolo “Everything in Moderation” e lo scorso 17 dicembre 2020 è andata in onda una “Creators Round Table Session” privata) con i responsabili della compagnia, probabilmente con l’obiettivo di individuare insieme strategie e tip capaci di portare la piattaforma alla piena performatività. Agli stessi sarebbe stato promesso l’accesso privilegiato a metriche e insight sulla propria attività su Clubhouse.

Non è una novità, né si tratta di una trovata originale di Clubhouse: sono state tante le piattaforme, soprattutto arrivate dopo e intenzionate ad aggredire fette di mercato già abbastanza affollate, ad aver condotto programmi con influencer e content creator professionisti che le aiutassero a definire i propri asset strategici.

Anche TikTok, per esempio, ha pagato alcuni tiktok influencer ma si trattava in quel caso soprattutto di una strategia di retention contro la fuga degli stessi verso altre piattaforme rivali quando l’ex presidente americano Donald Trump minacciò il ban di TikTok in America. Non ci sono voci simili per quanto riguarda Clubhouse; i due founder, anzi, avrebbero più volte pubblicamente espresso la chiara volontà di mantenere gratuita, eccetto per i contenuti adv, la piattaforma.

Che sia tramite un apposito programma di reward o altri espedienti simili, la piattaforma non dovrà, comunque, far passare molto tempo per assicurarsi che questi top creator rimangano al suo interno e, soprattutto, siano contenti di farlo. Come i tiktoker, i Clubhouse influencer dovrebbero essere trattati infatti come una sorta di cittadini privilegiati e «di prima classe», ha sottolineato in un virgolettato nello stesso articolo di The New York Times la responsabile di un’azienda che lavora con le campagne di influencer, «desiderosi di sentirsi assecondati e presi in considerazione».

TikTok, Clubhouse – e il discorso potrebbe tranquillamente allargarsi anche ad altre piattaforme come Instagram o Pinterest – sono realtà che non sopravvivrebbero se, ogni giorno, non ci fossero milioni di utenti disposti a riempirle gratuitamente di contenuti. I top creator, in particolare, sono quelli che assicurano a TikTok, a Clubhouse, ecc. quei contenuti di qualità capaci di attrarre investitori.

Quali le principali sfide per i Clubhouse influencer?

Una delle principali sfide per gli influencer su Clubhouse potrebbe essere capire che tipo di contenuti risultino davvero di valore sulla piattaforma e per chi la frequenta.

È possibile che i contenuti più leggeri e d’intrattenimento da soli non bastino più e che ci sia il bisogno di creare, invece, «stanze iperverticali in cui farsi riconoscere soprattutto per le proprie competenze» tecniche e specialistiche, per esempio, come ha sottolineato nella puntata di Inside Talk del 19 febbraio 2021 Gianluca Lo Stimolo di Stand Out – The personal branding Company. Se così fosse, ha proseguito, si scoprirebbe finalmente il vero significato dell’influencer marketing, spesso scambiato fin qui con la semplice popolarità e la fascinazione da parte degli altri che da questa deriva: su Clubhouse l’influencer potrebbe rendersi conto, infatti, che «per avere potere d’influenza è essenziale essere riconosciuti come particolarmente competenti su una tematica specifica» e che è questo a generare valore.

L’alternativa è che – ha ribattuto, durante la stessa puntata di Inside Talk dedicata al fenomeno social del momento, lo Storytelling Consultant Cristiano Carriero – gli influencer su Clubhouse «tornino a divertirsi»: stanchi di anni e anni di feed Instagram patinati e di bacheche Pinterest perfette e «stufi della mediazione», potrebbero semplicemente ricominciare a chiacchierare con chiunque altro si trovi all’interno delle stanze di sport, canzoni, ecc.

Clubhouse: una rivoluzione per il futuro del content marketing e personal branding?
Clubhouse: una rivoluzione per il futuro del content marketing e personal branding?

In un caso o nell’altro la vera grande rivoluzione sarà la necessità di «entrare e parlare sempre con la propria voce», continua, e di rinunciare, cioè, a una gestione delegata al proprio staff, al proprio team social. Per influencer e content creator la sfida sarà, insomma, familiarizzare con un medium fin qui inedito o davvero poco utilizzato. La voce è «un potente mezzo di connessione, condivisione e aiuta nella creazione di conversazioni autentiche» ha proseguito The New York Times, ma è anche un medium “caldo” – per usare una distinzione così cara al McLuhan de “Gli strumenti del comunicare” – e, cioè, intimo, con cui può volerci tempo per familiarizzare. Se per personaggi già famosi in Rete e big influencer la voce può essere, così, semplicemente uno strumento in più da sfruttare per rendersi riconoscibili all’interno delle proprie community e coinvolgerle, per gli influencer più piccoli o con meno seguito o appena approdati al mondo della content creation può essere una sfida più dispendiosa lavorare anche di voice branding .

C’è davvero su Clubhouse un problema di qualità dell’audio?

Più che rendersi riconoscibili per il tono o il timbro della propria voce, comunque, uno dei principali ostacoli all’utilizzo di Clubhouse per l’influencer marketing sembra essere al momento soprattutto  la qualità audio delle conversazioni che avvengono al suo interno. Per ogni podcaster che ha rimediato la propria esperienza con tracce audio e design del suono sulla piattaforma o usa per andare live su Clubhouse registratori e altri accessori per registrare podcast professionali, ci sono decine di utenti che fanno affidamento infatti semplicemente sul microfono dell’iPhone.

Il risultato è che in media la qualità della conversazione in una stanza su Clubhouse è quella di una telefonata o, peggio, delle tante call che ormai fanno parte della quotidianità di tutti. Potrebbe essere questo un elemento di svantaggio per la piattaforma, anche considerando che il mercato dell’influencer marketing ha ormai raggiunto un grado di maturità tale da portare sempre più in su l’asticella qualitativa a livello dei contenuti, specie se prodotti da content creator professionisti.

La scarsa qualità audio delle conversazioni su Clubhouse, insomma, cozza un po’ con i post patinati degli influencer su Instagram o su Pinterest. Nonostante questo, come ha scritto Casey Newton su The Verge commentando l’ospitata di Elon Musk su Clubhouse, le stesse

«non [sono] insopportabili da ascoltare. Dal momento che sei letteralmente al telefono mentre lo usi, la qualità audio mediocre non ti infastidisce tanto: è come se ti trovassi all’interno di una telefonata (certo, una di quelle a cui puoi partecipare in qualsiasi momento) e, poiché la conversazione avviene in diretta, sei meno sensibile al fatto che non sia modificata».


Un altro elemento controverso nel valutare se e come sfruttare Clubhouse per l’influencer marketing ha a che vedere con la frequenza di utilizzo. La gran parte degli influencer professionisti, fin qui, ha studiato calendari e piani editoriali piuttosto fitti e pensati su misura per le singole piattaforme, avendo in mente soprattutto l’obiettivo di mostrarsi sempre trovabili e raggiungibili dai propri follower e di mantenere quanto più possibile attive e partecipative le proprie community.

È vero che su Clubhouse si può fare lo stesso, che si possono organizzare stanze o ci si può mettere d’accordo con altri utenti per essere ospitati al loro interno anche ogni giorno (sembra che già al momento gli utenti italiani non stiano lesinando in questo senso ma, sottolinea ancora Gianluca Lo Stimolo, quando arriveranno anche su Clubhouse Italia i veri e propri club, darsi un’appuntamento fisso, in giorni e a orari prestabiliti, sulla piattaforma potrà diventare pratica ancora più diffusa) ma è vero anche che l’app nasce con un intento in parte diverso, come uno spazio in cui ciascuno possa dire la propria, se e quando si ha qualcosa da dire. Organizzare un piano quotidiano di contenuti per Clubhouse potrebbe essere, cioè, piuttosto dispendioso, in termini di tempo, di risorse, di creatività.

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