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Intelligenza artificiale e startup: quali sono le tendenze del 2018?

Intelligenza artificiale e startup: quali sono le tendenze del 2018?

Intelligenza artificiale e startup è un binomio sempre più importante in qualsiasi campo: andamento nel tempo e tendenze del 2018.

Tutte le aziende ormai (a partire sicuramente dalle più grandi), dal settore retail all’agricoltura, stanno integrando il machine learning nelle proprie strutture. L’intelligenza artificiale, infatti, permea ormai la nostra quotidianità e per le aziende è diventata quasi imprescindibile per il futuro, tanto da rientrare tra i trend digitali per il 2018. Dal 2013 il suo impiego è aumentato esponenzialmente e nel 2017 si è registrato un incremento del 44% rispetto all’anno precedente. A dichiararlo è il report di ‘CB Insights’ “State of AI 2018” che, seppur abbia come focus l’andamento dell’anno corrente, non può fare a meno di costruire il proprio discorso attorno alla stupefacente crescita dell’AI negli ultimi cinque anni. Dall’inizio del 2018 ci sono state già otto acquisizioni, tra cui quella di una startup legata al mondo dell’AI cybersecurity da parte di Amazon. In questa prospettiva, allora, diventa necessario provare a comprendere come evolverà ancora il rapporto tra intelligenza artificiale e startup.

Intelligenza artificiale e startup: white/blue collars

I settori in cui vengono maggiormente impiegati i sistemi d’automazione sono soprattutto quelli legati ai prodotti tessili e manifatturieri: l’industria cinese ‘Tianyuan Garments Company’ ha stretto un accordo con la città di Little Rocks, nella quale ha investito circa 20 milioni di dollari, creando 400 nuovi posti di lavoro e impiegando macchine della ‘SoftWear Automation’. Il risultato? La produzione di una t-shirt ogni 22 secondi, ovvero 800mila magliette al giorno per Adidas.

Le modalità di lavoro e i numeri dal 2008 sono però nettamente aumentati e non solo nelle industrie “blue collar“. Sono infatti stati coinvolti anche i cosiddetti “white collars”, forze prettamente intellettuali e non manuali, che con un aumento degli esperti d’automazione e delle piattaforme EAAS si trovano proiettati in una nuova era di crescita produttiva senza eguali. Tra i professionisti maggiormente coinvolti vi sono avvocati, manager, venditori, insegnanti, editori, sviluppatori di software, giornalisti e investitori. Per gli avvocati, ad esempio, l’intelligenza artificiale è in grado di riassumere milioni di documenti legali in pochissimo tempo e con un margine di errore bassissimo.

I guadagni da capogiro delle promesse dell’AI

Per quanto possa apparire strano, la richiesta di esperti di AI è maggiore di quella di ricercatori qualificati. La ‘DeepMind Technologies’, azienda britannica acquisita da Google, ha reso noto il costo che ha avuto il proprio staff nel 2016: la cifra ammonta attorno ai 100 milioni di sterline, comprendendo un reddito annuo per ogni dipendente di 252mila sterline. Tali “esagerazioni” non sono, però, solo prerogative europee: anche la Cina investe dai 567mila ai 624mila dollari annui per un senior machine learning researcher e dai 315mila ai 410mila dollari per un esperto di piattaforme machine learning.

Inoltre, secondo uno studio effettuato da ‘Tencent’, una società per azioni d’investimento cinese, ci sono circa solo 300mila ricercatori qualificati per l’intelligenza artificiale, su una domanda che ne richiede invece milioni.

Cina vs USA: è competizione

Gli Stati Uniti continuano a dominare globalmente, a livello numerico, per quel che concerne intelligenza artificiale e startup, ma sembra stiano gradatamente perdendo la loro influenza. Nel 2013, infatti, il numero di startup che puntavano sull’AI si attestava attorno ai 77 punti percentuali, mentre l’anno scorso è sceso a 50. Chi sta approfittando di questo ridimensionamento americano è la Cina che ha dichiarato di voler diventare – entro il 2020 – leader mondiale nel settore. E, in effetti, in alcuni campi dell’intelligenza artificiale sta battendo gli USA, come per esempio nelle quote azionarie.

Ciò in cui i cinesi stanno rapidamente crescendo è lo sviluppo, in particolare, del riconoscimento facciale e dei chip. Contemporaneamente, anche le pubblicazioni sui brevetti relativi all’AI stanno raggiungendo picchi elevatissimi, distanziandosi dagli americani di circa 500 punti nell’intelligenza artificiale, 550 nel deep learning e di solo un centinaio nel machine learning. Gli scambi di tecnologie tra i paesi vedono poi molti più investimenti da parte della Cina negli Usa che viceversa.

L’AI per i settori più impensabili

L’intelligenza artificiale ormai è in ogni ambito e in ogni settore e spesso riguarda prodotti che non penseremmo mai coinvolti in un simile sistema. Un esempio? La cannabis. ‘DeepGreen’ usa, infatti, i sistemi di computer vision per distinguere le diverse tipologie di piante e individuare quelle di migliore qualità e idonee alle terapie. Allo stesso modo viene impiegata per il pesce, soprattutto in Russia: ‘DeepFish’, usando neural networks e tecnologie radar, distingue le varie razze e tipologie. Ancora, in Svezia, ‘Hoofstep’ si occupa dei cavalli e può in questo modo analizzarli.

Tra i settori più tradizionali, che ormai ha trovato nell’AI un supporto, vi è la medicina e il campo delle cure sanitarie: qui l’intelligenza artificiale è riuscita a compiere vere e proprie rivoluzioni. È infatti al primo posto, seguita immediatamente dalla sicurezza virtuale, dal commercio, dal marketing e dalle assicurazioni. Molti passi avanti sono stati compiuti dagli strumenti e dalle compagnie di diagnosi, oltre che nell’assistenza virtuale, nelle modalità di monitoraggio del paziente, nella ricerca e persino nella salute mentale.

Il connubio tra intelligenza artificiale e startup è quindi essenziale e, proprio per questo, continuerà a crescere apportando sempre nuovi benefici. Basterà saper sfruttare i nuovi stimoli e le opportunità, muovendosi con prudenza e attenzione in un territorio così vasto.

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