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“La stanza degli abbracci” è lo spot di Tornatore sulla campagna di vaccinazione: alcune perplessità

La stanza degli abbracci spot di Giuseppe Tornatore per la campagna vaccinale

Quali le perplessità legate allo spot “La stanza degli abbracci”, diretto pro bono da Giuseppe Tornatore per la campagna di vaccinazione?

La stanza degli abbracci” è il titolo del primo spot della campagna vaccinale ideato e diretto pro bono da Giuseppe Tornatore. Il video, che fa parte di una multisoggetto voluta dal Commissario Straordinario per l’emergenza COVID-19 al fine di promuovere la campagna di vaccinazione, ha generato fin dalla prima messa in onda non pochi dubbi e non poche polemiche. Pubblicato sul canale YouTube ufficiale di Palazzo Chigi conta al 27 gennaio 2021 113.773 visualizzazioni e un numero di “non mi piace” che supera i mi piace di circa 14mila unità.

Una delle critiche mosse allo spot di Tornatore è sicuramente quella di non essere uno spot ma un delicato pezzo di cinema. Da un punto di vista artistico il giudizio sulle scene girate può essere soggettivo e pertanto opinabile, ma da un punto di vista della comunicazione pubblicitaria lo si può definire poco chiaro e controproducente.

Il cinema non è pubblicità e la pubblicità non può essere raccontata come se fosse un prodotto cinematografico.

“La stanza degli abbracci”, campagna di comunicazione per la Vaccinazione anti Covid-19

Qual è il target della campagna?

Una delle prime domande da farsi nella realizzazione di uno spot pubblicitario è relativa alla composizione del target che verrà raggiunto dal messaggio. Il target di questa campagna dovrebbe essere composto dagli scettici e dagli indecisi: in che modo dunque il video li potrebbe raggiungere facendo loro, eventualmente, cambiare idea?

Lo spot prende il nome dalle reali “stanze degli abbracci” create all’interno delle residenze sanitarie assistenziali affinché gli anziani ospiti possano abbracciare i propri cari in sicurezza dopo i lunghi mesi di isolamento. Uno human insight forte e coinvolgente che fa leva su emozioni ed empatia, ma questo, se non è reso tangibile attraverso leve razionali e dirette, non può fornire motivazioni valide agli scettici e agli indecisi. Le persone indecise e insicure all’idea di vaccinarsi hanno bisogno di essere informate e rassicurate, probabilmente anche attraverso delle provocazioni che però da questo spot sembrano non arrivare. L’unica provocazione, camuffata da saggio e affettuoso consiglio, è un «devi volerti bene» che risuona insieme al rumore della plastica e alle note di un pianoforte.

La stanza degli abbracci spot di Giuseppe Tornatore devi volerti bene

«Devi volerti bene»: un frame dello spot diretto da Tornatore.

Queste parole, che concludono il dialogo tra le due protagoniste dello spot, vengono pronunciate da un’anziana donna che si è tolta la mascherina e sono rivolte alla giovane figlia o nipote andata a farle visita esprimendole dubbi e perplessità su un qualcosa che rimane non detto. Il dubbio sul vaccino riguarda il fare il vaccino o il farlo fare a una persona anziana? In una campagna che dovrebbe aiutare a chiarire dei dubbi, si può lasciarne sottinteso il motivo? Per quanto invece riguarda il target no vax, uno spot che non cattura fin dai primi secondi può raggiungere chi parte con dei pregiudizi e chiedere tempo e sforzo cognitivo per l’analisi di una metafora?

Il dubbio è protagonista dello spot “La stanza degli abbracci”

A una prima analisi “La stanza degli abbracci” potrebbe risultare una celebrazione dell’incertezza e del dubbio che hanno caratterizzato il nostro ultimo anno. Al dubbio non viene data inizialmente una connotazione negativa e sembra quasi rifarsi al cogito cartesiano che determina l’Io pensante. Nel video non si condanna chi non sa che cosa fare perché ha ancora molti dubbi, ma lo si incita ad agire in fretta.

Ecco allora che il dubbio assume una connotazione negativa: la lotta contro il coronavirus è una lotta contro il tempo, ma la giovane potrebbe ancora averne tanto davanti per decidere, visti i calendari di distribuzione delle dosi di vaccino. Perché allora incentrare una campagna istituzionale su un qualcosa che non dipende direttamente dal cittadino? E se la giovane protagonista ha tempo per sciogliere i propri dubbi, l’umana paura del tempo che passa avvolge l’anziana signora che le domanda se si vedranno ancora. Cosa cogliere da questo dubbio? La paura di non farcela per fragilità fisiche ed emotive accentuate dalla situazione o l’invito a fare qualcosa che va ben oltre il benessere del singolo individuo dubbioso e che si configura come un dovere nei confronti di una comunità?

Cosa dice lo spot a chi lo ascolta?

La visione dello spot sembra non condurre da nessuna parte, lascia lo spettatore in un limbo in cui non trova risposte alle domande che potrebbero sorgere. «Finalmente, non ci speravo più» è l’espressione dell’anziana signora nel vedere arrivare qualcuno di familiare, ma potrebbe essere l’espressione di tutti coloro che attendono con ansia il vaccino con il quale invece non si ha familiarità. Per questo motivo, il taglio dello spot avrebbe dovuto essere più didascalico e con una maggiore attenzione al target a cui è rivolto.

La stanza degli abbracci spot di Giuseppe Tornatore non ci speravo più

L’anziana signora vede, dall’altra parte della barriera in plastica, un viso familiare che attendeva da tanto.

gli Elementi dello spot “La stanza degli abbracci”

La barriera di plastica che separa le due protagoniste è uno degli elementi che caratterizzano indubbiamente lo spot, ma è anche uno di quelli che suscita maggiori dubbi. La sua presenza si percepisce alla vista, con le inquadrature realizzate da un lato o dall’altro della scena, al tatto, avvolgendo le loro vite e riducendo il calore di quel contatto, all’udito, con l’enfasi che viene posta sul suo rumore.

Fin dalla prima inquadratura è però una barriera che non funziona, perché non è fissata al pavimento con un nastro, non isola gli ambienti evitando il contagio. Il fluttuare della plastica, che nella seconda parte dello spot è un movimento sinuoso generato dal vento del cambiamento, per un momento disarma lo spettatore, perché gli fa credere che la signora “sia volata in cielo”. La paura dell’anziana signora di non vedere più la figlia o la nipote sembra materializzarsi nel vento e nel gesto di aprire le braccia volgendole verso l’alto.

La stanza degli abbracci spot di Giuseppe Tornatore braccia al cielo

L’anziana signora alza le braccia al cielo lasciandosi trascinare dalla danza del vento.

Il vento, in realtà, dovrebbe incarnare la decisione della giovane di fare il vaccino, che libera tutti dalla schiavitù delle misure restrittive a cui ci siamo purtroppo abituati. Il rumore della plastica attira l’attenzione dello spettatore, mette angoscia, si fonde con le note del maestro Nicola Piovani e con dei dialoghi poco naturali rispetto alla familiarità messa in scena.

Grandi assenti nella costruzione del filmato una promessa e un invito all’azione; chi vede lo spot è confuso: come fa a compiere un’azione e soprattutto quale?
«Devi volerti bene» può significare tante cose se pronunciato da una madre o da una nonna; «vaccinati» ne significa una sola e probabilmente la più importante.

È indubbio che siano tante le professionalità dietro a questo spot ma verrebbe quasi da pensare che non siano esattamente quelle giuste al momento giusto: una campagna di comunicazione istituzionale viene affidata a un regista e a lui – e questo è probabilmente un errore del committente – anche la strategia che vi sta dietro. Nel comunicato stampa di Invitalia si parla infatti di ideazione a cura di Giuseppe Tornatore e non vengono citate agenzie di comunicazione a cui attribuire la realizzazione del brief da affidare in un secondo momento al regista. Forse il committente ha pensato di cautelarsi scegliendo un personaggio molto amato e pensando così, erroneamente, di essere immune alle critiche.

C’è tanto lavoro da fare nel mondo della comunicazione pubblica e sarebbe opportuno lo facesse chi ha la competenza per farlo, collaborando con chi da altri settori ha tanti altri saperi da condividere.

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